03/03/2023, 11.52
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Cambiamenti climatici minacciano le infrastrutture indiane

Un rapporto pubblicato dalla Cross Dependency Initiative raccomanda maggiori investimenti in termini di adattamento e resilienza climatica. Oltre che dall'India, le prime 50 posizioni sono occupate perlopiù da regioni cinesi e Usa. Le iniziative di contrasto agli eventi estremi più di successo arrivano dal basso.

Milano (AsiaNews) - Nove Stati indiani sono tra le prime 50 regioni più vulnerabili al mondo in termini di esposizione delle proprie infrastrutture ai cambiamenti climatici. A dirlo è un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dalla Cross Dependency Initiative (XDI) che raccomanda maggiori investimenti in termini di adattamento climatico, sottolineando che alcune delle iniziative di maggior successo partono dai residenti locali.

Lo studio, indirizzato a banche e investitori, ha preso in esame 2.639 regioni e le ha classificate in base a quello che l’organizzazione chiama "rischio climatico interno lordo", basato su una valutazione dei rischi per le infrastrutture derivanti dagli effetti dei cambiamenti atmosferici entro il 2050.

Dall’indagine emerge che ai primi posti delle regioni più vulnerabili se ne trovano molte indiane, cinesi e Usa. La valutazione è stata fatta prendendo in esame otto problematiche legate al cambiamento climatico tra cui inondazioni fluviali e costiere, caldo estremo, incendi boschivi, movimento del suolo correlati alla siccità, venti estremi e gelo. 

In questa classifica, stilata in base al tasso di danno aggregato (che si riferisce alla perdita media annua delle proprietà danneggiate da eventi meteorologici estremi come frazione del costo di sostituzione della proprietà stessa) troviamo lo Stato indiano del Bihar al 22mo posto, seguito da Uttar Pradesh (25), Assam (28) e Rajasthan (32). Nei primi posti rientrano anche Tamil Nadu, Maharashtra, Gujarat, Punjab e Kerala. Significa che in questi territori “una percentuale maggiore delle aree edificate sarà soggetta ai danni dei cambiamenti climatici, anche se l'estensione di tale area può essere piccola”, spiega il rapporto, che ha valutato anche l'aumento percentuale dei danni tra il 1990 e previsti entro il 2050.

Il primo posto di questa lista è occupato dall’arcipelago delle Laccadive, mentre l’Assam si trova al 22mo posto con un aumento di danni del 331%, seguito dal Bihar (141%) e Uttar Pradesh (96%) e Maharashtra (81%). Tra i primi posti ci sono anche il Jammu e Kashmir (28) e il Nagaland (30).

Georgina Woods, portavoce di XDI, durante la presentazione del rapporto aveva sottolineato che per gli Stati indiani il principale rischio climatico è quello derivante dalle inondazioni: “I risultati del nostro modello sottolineano l'importanza di valutare il rischio fisico del cambiamento climatico nei mercati finanziari e di aumentare i finanziamenti per l'adattamento globale. Solo una piccola parte degli investimenti nelle infrastrutture viene effettuata tenendo conto della resilienza climatica”, ha detto a Mondagay-India.

Affermazioni che trovano conferma in un altro studio, pubblicato a dicembre 2022 dalla società di analisi e consulenza Climate Policy Initiative, secondo cui per ogni dollaro speso in "infrastrutture resilienti al clima", 87 vengono spesi in progetti infrastrutturali che non integravano alcun principio di resilienza climatica. In base al documento, che sosteneva la necessità di maggiori investimenti in ambito di resilienza climatica, i danni causati dalle catastrofi naturali nella prima parte dello scorso anno sono costati in totale 75 miliardi di dollari in tutto il mondo, il 22% in più rispetto alla media degli ultimi dieci anni. In India le perdite economiche per i danni ambientali sono aumentate del 45% in 20 anni, mentre nel 2018, solo nel Kerala, le inondazioni e le frane hanno danneggiato il 25% delle strade statali.

Ma oltre agli investimenti, un’efficace salvaguardia del clima viene anche dalle iniziative dal basso. Nel Maharashtra, i residenti del villaggio Kondgaon-Sakharpa hanno formato il Comitato per la conservazione del fiume Kajli, che scorre per 72 chilometri e ogni anno, durante la stagione dei monsoni, esonda allagando i villaggi che sorgono sulle sue sponde. Da quando, però, nel 2021 gli abitanti hanno rimosso i detriti e ricostruito gli argini, il villaggio di Kondgaon-Sakharpa, che conta oltre 5mila residenti, non è più stato vittima delle inondazioni.

Il Comitato per la conservazione del fiume Kajli era nato nel 2019 su iniziativa popolare: “Dopo aver ottenuto il permesso dalle autorità distrettuali per intraprendere il progetto di rinnovamento del fiume, abbiamo iniziato a raccogliere fondi dai residenti del villaggio. Ma nel giro di un paio di mesi è scoppiata la pandemia ed è stata dichiarata la chiusura, costringendoci a sospendere i lavori”, ha spiegato un residente locale. Gli abitanti hanno allora chiesto supporto tecnico a una ong locale chiamata Naam Foundation. I lavori sono iniziati a  febbraio 2021 e sono terminati a maggio: “Mentre la Naam Foundation ci ha fornito le macchine per lo spostamento della terra, noi [residenti] ci siamo occupati di procurare il carburante, dell'alloggio, del vitto e della remunerazione dei lavoratori”, ha spiegato un altro ragazzo del villaggio che ha supervisionato i lavori. Ora si parla di “modello Sakharpa” e il villaggio ha tenuto alcuni seminari aperti agli ambientalisti dei villaggi vicini per illustrare il progetto di salvaguardia del fiume.

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