27/08/2008, 00.00
FILIPPINE
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Card Rosales: “Vescovi e ulema protagonisti nel processo di pace a Mindanao”

di Santosh Digal
L’arcivescovo di Manila, rientrato da un viaggio nell’isola, invita la commissione congiunta cristiano-musulmana a lavorare per riportare la stabilità nella zona e promuovere un accordo fra Milf e governo. Scoperti materiali chimici usati dai ribelli islamici per fabbricare esplosivi.

Manila (AsiaNews) – Pur dicendosi “addolorato” per la situazione in cui versa Mindanao, auspica che “il lavoro della commissione di vescovi cattolici e ulema (Buc)” possa aiutare il “processo di pace nella regione”. È quanto afferma il card Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila, rientrato da un viaggio nell'isola;  egli annuncia che nei prossimi giorni scriverà “una lettera alla conferenza cristiano-musulmana” chiedendo di mettere in campo “tutti gli sforzi per promuovere la pace” e garantire “stabilità” alla regione.

Il centro e l’ovest dell’isola di Mindanao hanno fatto registrare una escalation nelle violenze fra i ribelli del fronte islamico Moro (Milf) e l’esercito filippino nelle ultime settimane; la tensione è aumentata dopo il mancato accordo fra le parti sul memorandum of agreement (Moa), il documento che dovrebbe stabilire i territori della regione autonoma musulmana del Mindanao (Armm).

Il card Rosales conosce bene la situazione nel sud del Paese, avendo per 11 anni presieduto l’arcidiocesi di Malaybalay a Bukidnon, al cui interno era compresa anche la provincia di Lanao del Sur, nella quale c'è una presenza attiva degli esponenti della guerriglia islamica separatista. “Penso che nessuno – sottolinea l’arcivescovo di Manila – voglia perpetuare questo clima di violenze. Nessuno vuole nuovi omicidi, quindi qualsiasi sia l’obiettivo delle parti al tavolo delle trattative, un accordo va raggiunto secondo i dettami della Costituzione. Non possiamo seguire la legge del far-west e uccidere tutti”. Il prelato non nasconde la propria “tristezza” ripensando agli “11 anni trascorsi nella zona”; per questo egli intende scrivere una missiva “ai fratelli vescovi” e “agli imam e ulema, che sento come fratelli” nel ministero sacerdotale, incoraggiandoli a “promuovere il dialogo” e a “proteggere la vita di tanti innocenti”. "Tutte le dispute – continua il card Rosales – vanno risolte in modo pacifico. Qualsiasi passo che verrà preso, deve essere fatto in maniera pacifica”. La logica della guerra è contraria a “ogni forma di civilizzazione” ed è estranea “ai fedeli di tutte le religioni”.

P. Eliseo Mercado, responsabile del National Peace Council, chiede che al tavolo delle trattative fra Milf e governo sieda anche una rappresentanza della Conferenza episcopale filippina, mentre la presidente Gloria Arroyo invita la Bishop-Ulema Conference a svolgere un ruolo di primo piano volto a “promuovere iniziative che aiutino a riportare la pace nel Mindanao”. P. Mercado sottolinea il bisogno di “un gruppo senza interessi diretti”, che sappia lavorare per il “raggiungimento di una pace duratura”.

In merito alla sottoscrizione del trattato di pace, bloccato dalla Corte Suprema lo scorso 5 agosto alla vigilia della firma, in Malaysia, il governo malaysiano ha confermato che manterrà i suoi 12 osservatori a Mindanao anche nel caso in cui le Filippine non dovessero raggiungere un accordo sulla composizione della nuova squadra di osservatori internazionali (International Monitoring Team) nella zona. Secondo l’entourage del presidente Arroyo il disarmo dei ribelli islamici non è una “condizione necessaria” per la ripresa dei dialoghi con il Milf, ma molti parlamentari chiedono che sia fatta “giustizia” e quanti si sono resi protagonisti dei recenti episodi di violenza “vengano consegnati alle autorità giudiziarie”. Non stempera le tensioni la notizia diffusa ieri, secondo la quale, nel corso di un rastrellamento delle forze governative nella città di Mamasapano, i militari hanno ritrovato “agenti chimici” utilizzati dal Milf per “fabbricare bombe”.

 

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