Cessate il fuoco dalla mezzanotte tra Thailandia e Cambogia
L'annuncio dalla Malaysia dove il premier Anwar ha letto una dichiarazione alla presenza del premier cambogiano Hun Manet e di quello ad interim thailandese Phumtham Wechayachai. Il 4 agosto un nuovo vertice del Comitato di frontiera per consolidare l'intesa. Il monito dell'arcivescovo di Bangkok, mons. Vira Arpondratana: "Non si strumentalizzino complesse questioni storiche per fini nazionalisti che distolgono l'attenzione da problemi interni".
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) - I leader della Thailandia e della Cambogia hanno concordato un cessate il fuoco “incondizionato” a partire dalla mezzanotte, dopo cinque giorni di scontri lungo la loro frontiera, che hanno causato la morte di almeno 36 persone. Ad annunciarlo è stato il primo ministro della Malaysia Anwar Ibrahim, presidente di turno dell’Asean (l’organizzazione dei Paesi del Sud-est asiatico), che ha promosso l’incontro tenutosi oggi a Putrajaya per sbloccare la situazione tra il primo ministro ad interim thailandese Phumtham Wechayachai e da quello cambogiano Hun Manet.
Al termine del vertice - seguito anche agli appelli della Cina e del presidente Usa Donald Trump - Anwar ha letto alla presenza dei capi di governo dei due Paesi una dichiarazione congiunta che annuncia il cessate il fuoco, definendolo “un primo passo fondamentale verso la de-escalation e il ripristino della pace e della sicurezza”. Anwar ha inoltre riferito che domani mattina si terrà un incontro tra i comandanti militari dei due Paesi, che sarà seguito il 4 agosto in Cambogia da una riunione del Comitato di frontiera generale, che affronterà la questione sensibile degli accordi sull’accesso ai due templi buddhisti contesi di Preah Vihear e Ta Muen Thom e quelle più generali sulla gestione del lungo confine di 800 chilometri che corre tra i due Paesi.
L’annuncio di Anwar è arrivato al termine di una giornata che aveva visto ancora aspri combattimenti tra i due eserciti, con entrambe le parti che accusavano l’altra di non volere davvero un accordo per porre fine a quelle che è stata la più grave escalation di violenza degli ultimi anni nella regione. Da una parte e dall’altra del confine sono state quasi 300mila le persone costrette a fuggire dalle loro case, mentre i due Paesi si scambiavano colpi di artiglieria, razzi e rai dell’aviazione.
Per una rapida fine delle ostilità si erano apertamente schierate le Chiese cattoliche di entrambi Paesi. All’appello del vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Olivier Schmitthaeusler, per una soluzione “amichevole, sostenibile e giusta” - rilanciata sabato mattina da AsiaNews – si era aggiunta poche ore dopo anche quella della Conferenza episcopale thailandese, intervenuta con una nota dell’arcivescovo di Bangkok, mons. Francis Xavier Vira Arpondratana. Esortando anche lui tutte le comunità cattoliche alla preghiera per la pace, il presule aveva osservato che “gli attuali conflitti di confine affondano le radici in complesse questioni storiche, spesso strumentalizzate per fini politici e distorte per alimentare sentimenti nazionalisti, distogliere l’attenzione pubblica da problemi interni e servire gli interessi di determinate fazioni politiche. La Chiesa – scrive ancora l’arcivescovo di Bangkok - ribadisce i pericoli del nazionalismo estremo, che può portare a divisioni e conflitti gravi, minare la dignità umana e ostacolare sforzi autentici per una risoluzione pacifica, uno sviluppo sostenibile e il benessere dei popoli”.
Di qui l’appello di mons. Vira Arpondratana a “un dialogo sincero, con un rafforzamento degli sforzi diplomatici e canali di comunicazione aperti tra tutte le parti, al fine di trovare soluzioni giuste che rispettino la dignità umana e di cercare percorsi comuni verso una pace duratura e una riconciliazione autentica”.
La Chiesa thailandese è stata in queste ore in prima linea anche nella mobilitazione per i profughi che i combattimenti hanno provocato. Mons. Stephen Boonlert Phromsena, il vescovo di Ubon Ratchathani, la diocesi più vicina al confine con la Cambogia, ha raccontato all’agenzia cattolica LicasNews come anche le comunità cattoliche locali siano state pesantemente colpite. “Abbiamo dovuto evacuare centinaia di persone da sette parrocchie e chiudere due scuole gestite dalle Suore Amanti della Croce e dai francescani”, ha dichiarato. “Molti sono stati accolti da parenti in altre parrocchie e città, alcuni sono arrivati al nostro centro di emergenza, e gli altri si trovano nei centri di evacuazione statali”.
La diocesi ha organizzato una propria operazione di soccorso, fornendo cibo, acqua potabile, vestiti e altri beni di prima necessità. La maggior parte degli sfollati, ha aggiunto il vescovo di Ubon Ratchathani a LicasNews, ha un solo desiderio nel cuore: che torni la pace, così da poter riprendere le proprie vite e il proprio lavoro.