26/09/2016, 15.49
MALAYSIA
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Chiesa malaysiana: una pastorale per i migranti, che “sono fratelli e non nemici”

Dominic Lim, direttore della Commissione per lo sviluppo umano (Ahdc) dell’arcidiocesi di Kota Kinabalu, racconta l’opera delle parrocchie a favore degli immigrati. La Malaysia non è tra i Paesi firmatari della Convenzione Onu sui rifugiati e non è obbligata a dare asilo, lavoro ed educazione a queste persone. Il primo nemico da sconfiggere “sono i pregiudizi e le paure ingiustificate dei fedeli locali”.

Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – I fedeli di Sabah “devono imparare qual è la posizione della Chiesa nei confronti dei migranti e come mettere in pratica i suoi insegnamenti sociali, nonostante tutti i pregiudizi negativi che sono diffusi nella nostra società nei confronti degli stranieri”. Lo dice Dominic Lim, direttore della Commissione per lo sviluppo umano (Ahdc) dell’arcidiocesi di Kota Kinabalu (capitale dello Stato Sabah) che, in un’intervista al quotidiano Catholic News, racconta l’opera della Chiesa locale a favore dei migranti.

Un migrante che giunge sul territorio malaysiano, afferma Lim, ha bisogno di essere assistito sia sul piano socio-economico che su quello culturale. Questo può essere fatto solo se la popolazione ospitante è educata a non vederlo come un nemico: “L’opinione pubblica deve essere formata nel modo corretto, in modo da evitare paure ingiustificate e speculazioni dannose”. L’azione della Chiesa, racconta Lim, è ispirata dalle parole pronunciate da papa Francesco in occasione della Giornata mondiale del migrante: “I migranti sono nostri fratelli e sorelle in cerca di una vita migliore, lontano da povertà, fame, sfruttamenti e ingiustizie”.

La Malaysia non è tra i Paesi firmatari della Convenzione Onu sui rifugiati (1951) e non è obbligata a dare asilo, lavoro ed educazione ai migranti. Sono più di 150mila i richiedenti asilo nel Paese. Quasi 140mila rifugiati sono provenienti dal Myanmar (compresa la minoranza musulmana Rohingya). Gli altri Paesi di provenienza sono Sri Lanka, Pakistan, Somalia, Siria, Iraq e Palestina.

Negli ultimi anni, con il flusso dei migranti sempre in aumento, le comunità cristiane si sono mosse per organizzare delle risposte concrete all’emergenza. A partire dal 2011, spiega Lim, le Commissioni per lo sviluppo umano di tre diocesi si sono unite per la creazione del programma “Amos”. Questo, che prende il nome dal profeta, è pensato per aiutare i partecipanti a comprendere la loro missione a favore dei marginalizzati e degli ultimi, in special modo dei migranti.

Distribuire beni di prima necessità, favorire l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro, fornire un’educazione ai figli dei migranti: sono le opere principali di cui questi gruppi di fedeli si occupano. Inoltre, la Chiesa malaysiana ha coinvolto in questo progetto anche i cattolici indonesiani, che hanno inviato diversi lavoratori pastorali. L’anno scorso a Sandakan, racconta Lim, si è tenuto l’ultimo incontro generale, cui hanno partecipato vescovi, sacerdoti, religiosi, che hanno messo in comune le proprie esperienze di aiuto ai migranti.

Il lavoro comune tra diverse diocesi, e tra religiosi e laici, ha fatto sorgere numerose attività di successo nel Paese: “Il lavoro delle congregazioni religiose – afferma Lim – ha aiutato molti parrocchiani a vedere il lavoro con i migranti come una parte integrante e della missione della propria chiesa”. Alcune parrocchie, aggiunge, “hanno creato delle commissioni specifiche (come quella per la pastorale dei filippini, o quella degli indonesiani) dove i fedeli vengono aiutati a superare i loro timori e preoccupazioni”.

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