28/10/2022, 12.52
INDIAN MANDALA
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Combattere le discriminazioni una battuta alla volta, l'obiettivo dei comici dalit

di Alessandra De Poli

Manjeet Sarkar, Manaal Patil e Ankur Tangade: sono solo alcuni dei cabarettisti della casta degli "intoccabili" che denunciano attraverso la stand-up commedy il sistema ingiusto in cui sono cresciuti. Il pubblico ride, ma a volte lo fa sentendosi un po' in colpa. Nelle grandi città indiane la discriminazione è più sottile: nella scalata al successo i dalit hanno meno appigli rispetto alle caste superiori.

Milano (AsiaNews) - Sabato sera, in un piccolo bar di una grande città indiana il pubblico accoglie con uno scroscio di applausi l’entrata sul palco di Manjeet Sarkar, cabarettista e dalit, la casta un tempo definita degli “intoccabili” dagli indù delle classi superiori. 

Appena terminano gli applausi - racconta il Christian Science Monitor - Manjeet dà inizio allo show: “Se qualcuno non ride alle mie battute, lo tocco”. Il pubblico è divertito.

Lo spettacolo continua con il racconto umoristico delle discriminazioni che i dalit devono affrontare. Ufficialmente abolito dal governo indiano dopo l’indipendenza del Paese, il sistema delle caste in realtà continua a permeare la società indiana. 

Per Manjeet Sarkar, però, sul palco tutto cambia: "Posso esprimere i miei pensieri senza dover pensare se sarò linciato dalla folla o picchiato da qualcuno", racconta. "Essere sul palco mi dà un senso di libertà e uguaglianza". 

Nelle prossime settimane il comico comincerà il primo tour indiano del suo show, intitolato “Untouchables”, ma ormai sono una manciata i dalit che grazie alla visibilità sui social network denunciano con umorisimo il sistema ingiusto delle caste.

Manaal Patil, 25 anni, di Hyderabad, scherza sui posti riservati dal governo a chi appartiene alle caste inferiori per l’accesso all’università o ad alcune cariche pubbliche: “Mio padre dice che noi dalit abbiamo un superpotere, quello di appartenere alle caste registrate. Se ordini una pizza la tua ammissione all’università arriverà prima della pizza”. Anche in questo caso il pubblico ride. 

Quando Manaal ha cominciato a fare il cabarettista nel 2015 era l’unico dalit sulla scena. “Si scherza sulla questione dei posti riservati credendo che la persona che se ne avvale sia un incompetente”, ha spiegato Manaal. “I miei amici mi hanno fatto sentire in colpa per aver usufruito della quota di ammissioni all'università". Da lì ha capito che la chiave per conquistare il pubblico era l’autoironia. 

Ogni tanto chi partecipa agli spettacoli in città si avvicina e dice di essere rimasto scioccato dal racconto di alcuni episodi, come quando Manjeet racconta che una donna ha lavato una canna dell’acqua pubblica con l’acqua del Gange dopo che lui ci aveva bevuto: “Nella maggior parte delle città il pubblico è di caste superiori. Quando le persone ridono delle mie battute, si trovano in dubbio se dovrebbero ridere o sentirsi in colpa", commenta Manjeet, che è giovanissimo, ha 24 anni, più o meno la stessa età di Manaal.

La discriminazione nelle metropoli è meno evidente, ma esiste: “Una volta mi sono esibito a Mumbai e il proprietario dello spazio mi ha detto che avrei dovuto lavare i piatti quando ha scoperto che ero un dalit”, dice Manaal. “E questo nonostante quella sera stessi proprio facendo battute sul sistema delle caste”.

Gli spettacoli di stand-up comedy hanno avuto una grande diffusione in India dopo il 2010, soprattutto grazie ai video caricati su YouTube. A ispirare Manjeet sono stati i comici americani di colore, che “parlano di come la loro gente abbia affrontato l’oppressione per generazioni”, ha raccontato. “Ho capito che la commedia è una forma d'arte in cui si può parlare di cose che sono tabù”.

Anche Manaal ha dato vita a uno spettacolo, “Blue Material” che ha riunito più comici dalit. Il suo sogno è che si trasformi in qualcosa di simile alla Def Comedy Jam, una serie degli anni ‘90 che ha lanciato molti comici americani di colore.

Ma ci sono anche i rappresentanti delle minoranze nelle minoranze. Ankur Tangade è donna, dalit e queer: “Posso prendere in giro chiunque”, spiega scherzando. Però all’inizio della sua carriera non aveva considerato di poter far ridere con battute riguardo la sua identità, era solita attenersi agli argomenti tipici delle caste superiori. Ora invece vuole “dire alla gente che non può ignorarci e che siamo uguali. Ognuno parla della propria vita, ma nessuno parla delle minoranze”.

Nei suoi spettacoli narra spesso l’episodio di una compagnia di produzione che per i grandi progetti sceglieva solo artisti brahmini, nonostante lavorasse anche con molti dalit. “La gente vuole aiutare se stessa”, commenta Ankur. “I dalit non hanno nessuno che li tiri su. In quanto dalit, devi farti strada da solo”.

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