28/09/2020, 11.49
CINA
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Come gli uiguri: tibetani rinchiusi nei campi di rieducazione (III)

di Adrian Zenz

In Tibet più di 500mila lavoratori rurali “in eccesso” sono indottrinati in strutture simili ai centri di internamento dello Xinjiang. Contadini e pastori di fede buddista sono “formati” e trasferiti dove serve manodopera. Lotta alla povertà usata per estendere il controllo sociale. Riproposta la collettivizzazione maoista.

Pechino (AsiaNews) – Sicurezza e lotta alla povertà sono un tutt’uno in Tibet, dove il regime cinese sta “rieducando” centinaia di migliaia di lavoratori agricoli, trasferendoli poi in altre parti della regione o in altre province. Si ripete lo schema adottato nello Xinjiang per l’indottrinamento dei musulmani uiguri. Famiglie tibetane di fede buddista obbligate a fare rapporto l’una sull’altra. Ritorno al maoismo: Il Partito comunista cinese obbliga nomadi e agricoltori a cedere terreni e pascoli alle cooperative di Stato. Il patrimonio linguistico, culturale e spirituale tibetano rischia di essere cancellato. La terza e ultima parte (v. prima e seconda) dell’analisi di Adrian Zenz, ricercatore della  Victims of Communism Memorial Foundation. Per gentile concessione della Jamestown Foundation (traduzione a cura di AsiaNews).

Gestione della rete

Gli elementi coercitivi giocano un ruolo importante durante il processo di reclutamento della manodopera in Tibet. I team di lavoro nei villaggi, un meccanismo di controllo sociale invadente e pionieristico adottato da Chen Quanguo, ex segretario del Partito comunista cinese nella regione, ora nello Xinjiang con lo stesso incarico, vanno di porta in porta per "aiutare a trasformare il pensiero e le opinioni delle famiglie povere". Le descrizioni di questi processi, e le ampie risorse governative investite per garantirne il funzionamento, si sovrappongono in larga misura a quelle comunemente praticate nello Xinjiang (The China Quarterly, 12 luglio, 2019).

Come nel caso dello Xinjiang, il lavoro di riduzione della povertà in Tibet è strettamente legato ai meccanismi di controllo sociale e agli aspetti chiave dell'apparato di sicurezza. Per citare un documento del governo, "combinando la gestione della rete e il modello di gestione della ‘famiglia a doppio filo’, [dobbiamo] organizzare, educare e guidare le persone a partecipare e a sostenere il lavoro di riduzione della povertà".

La gestione della rete è un meccanismo di controllo sociale altamente intrusivo, attraverso il quale le comunità sono suddivise in unità più piccole di sorveglianza e controllo. Oltre al personale amministrativo e di sicurezza dedicato, questo trasforma un numero considerevole di abitanti del luogo in "volontari", rafforzando i poteri di sorveglianza dello Stato.

La gestione della rete è poi diventata la spina dorsale del controllo sociale e della sorveglianza nello Xinjiang. Per la riduzione della povertà, prevede banche dati dettagliate che elencano ogni singola persona "in povertà", insieme a indicatori e contromisure, e può includere una funzione di "visualizzazione delle lotte da affrontare" in cui i progressi nella "guerra alla povertà" sono visualizzati attraverso mappe e grafici (TAR Government, 10 novembre, 2016). La contea di Purang, a Ngari, ha speso 1,58 milioni di yuan (circa 200mila euro) per una piattaforma di gestione della lotta alla povertà che può visualizzare i progressi nella lotta alla su un grande schermo in tempo reale (TAR Government, 20 febbraio, 2019).

Allo stesso modo, il sistema di controllo delle famiglie racchiude i cittadini regolari nell'ampio apparato di sorveglianza dello Stato, facendo in modo che gruppi di 10 famiglie facciano rapporto l'uno sull'altro. Tra il 2012 e il 2016, il Tibet ha istituito 81.140 nuclei familiari di questo tipo, che coprono oltre tre milioni di residenti, e quindi praticamente l'intera popolazione della regione (South China Morning Post, 12 dicembre, 2016). In un articolo dell'agosto 2020 sulla riduzione della povertà a Ngari, si legge che è stato il capo di un'unità familiare a condurre il suo "intero villaggio" a consegnare i loro pascoli e le loro mandrie a una cooperativa locale di allevatori (Hunan Government, 20 agosto).

La funzione delle cooperative governative

Un aspetto particolarmente preoccupante del Piano d'azione per la formazione e il trasferimento di manodopera è la direttiva per promuovere un programma con cui si chiede a nomadi e agricoltori locali di consegnare le loro terre e le loro mandrie a grandi cooperative statali. In questo modo, "i nomadi convertono i loro diritti di pascolo e agricoli in azioni della cooperativa, diventando lavoratori salariati.

Questo schema, che si rifà all'era della collettivizzazione forzata degli anni ’50, punta ad aumentare il reddito disponibile dei nomadi e dei contadini attraverso il loro ingresso nel mercato del lavoro (People.cn, July 27, 2020). A Nagqu, questo è indicato come lo schema "un comune, una cooperativa, un villaggio, una cooperativa", che indica la sua copertura universale.

Chiaramente, una trasformazione così radicale dei mezzi di sussistenza tradizionali non si ottiene senza superare le resistenze locali. Un rapporto del governo della contea di Shuanghu (Nagqu) del luglio 2020 lo nota: “Nei primi tempi, la maggior parte dei pastori non era entusiasta di partecipare. [Poi], il governo della contea ha organizzato quadri a livello di contea per penetrare profondamente nelle famiglie delle città e dei villaggi, convocando riunioni di villaggio per mobilitare la gente; Attualmente il tasso di partecipazione dei pastori poveri registrati è del 100%, [quello] degli altri allevatori è del 97.

Dato che questo schema spezza il legame di lunga data tra i tibetani e le loro tradizionali basi di sostentamento, il suo esplicito inserimento nel contesto della formazione professionale militarizzata e della politica di trasferimento del lavoro è di grande preoccupazione.

Il caso dell’area di Chamdo

La Scuola di formazione professionale di Chamdo gestisce una struttura nel distretto di Karuo. Essa conduce una "formazione in stile militare" di lavoratori rurali in esubero allo scopo di ottenere il trasferimento di manodopera; le foto del complesso mostrano una struttura rudimentale con tirocinanti tibetani rurali di varie età, per lo più vestiti con uniformi militari.

Le immagini satellitari mostrano che dopo un'installazione iniziale più piccola nel 2016, la struttura è stata ampliata nel 2018 fino a raggiungere lo stato attuale. Il complesso è completamente chiuso, circondato da un alto muro perimetrale e da una recinzione, e sezionato da un alto recinto interno in rete metallica che separa i tre edifici principali a nord dai tre principali a sud. La recinzione interna potrebbe essere utilizzata per separare i dormitori dagli edifici per l'insegnamento e dagli edifici amministrativi. Esperti indipendenti in analisi satellitari contattati dall'autore hanno stimato l'altezza della recinzione interna a circa 3 metri. La vicina scuola professionale non prevede misure di sicurezza di questo tipo.

Conclusioni

In Tibet e nello Xinjiang la riduzione della povertà imposta dallo Stato consiste in uno schema “dall’alto verso il basso” che estende il controllo sociale del governo in profondità nelle unità familiari. Il metodo preferito dallo Stato per aumentare il reddito disponibile dei lavoratori rurali in eccedenza in queste regioni minoritarie e “resistenti” è la formazione professionale e il trasferimento di manodopera. Entrambe le regioni hanno ormai adottato uno schema completo che si basa in larga misura su meccanismi amministrativi centralizzati, sull'adempimento delle quote, sull'assegnamento dei posti di lavoro prima della formazione e su un processo di formazione militarizzato che prevede la trasformazione del pensiero, l'educazione patriottica e legale e l'insegnamento della lingua cinese.

Rimangono importanti differenze tra gli approcci di Pechino nello Xinjiang e nel Tibet. Attualmente, non ci sono prove che lo schema nella regione tibetana sia legato all'internamento extragiudiziale, e gli aspetti dei suoi meccanismi di trasferimento del lavoro sono potenzialmente meno coercitivi. Tuttavia, in un sistema in cui aspetto sicuritario e riduzione della povertà è senza soluzione di continuità, non si sa dove si ferma la coercizione e dove inizia una partecipazione volontaria.

Mentre alcuni tibetani possono partecipare volontariamente ad alcuni o a tutti gli aspetti del programma, e mentre i loro redditi possono effettivamente aumentare di conseguenza, la presenza sistemica di chiari indicatori di coercizione e indottrinamento, insieme a profondi e potenzialmente permanenti cambiamenti nelle modalità di sussistenza, è altamente problematica. Nel contesto della politica di Pechino sempre più assimilativa delle minoranze etniche, è probabile che queste politiche promuovano una perdita a lungo termine del patrimonio linguistico, culturale e spirituale.

(Fine terza parte)

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