08/08/2022, 08.42
RUSSIA - UCRAINA
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Crimea, da oasi a ‘base militare’ per la guerra russa contro Kiev

di Vladimir Rozanskij

Per Tamila Taševa è diventata “la terra della non-libertà”; aumentate le “persecuzioni” di attivisti. Oggi è una “retrovia logistica” da cui partono spedizioni di conquista di altri territori in Ucraina. Cresce la presenza russa, in parallelo con l’esodo degli ucraini vittime di “emigrazione forzata”. Il nodo irrisolto dei passaporti. 

Mosca (AsiaNews) - In un’intervista a Krym.Realii, la nota attivista umanitaria Tamila Taševa lancia un grido di allarme per i destini della Crimea. Nata in Uzbekistan, dove la sua famiglia di tatari di Crimea era stata deportata ai tempi di Stalin, Taševa è poi è tornata alla sua terra d’origine, da cui è dovuta fuggire dopo l’annessione alla Russia. Oggi è rappresentante del presidente dell’Ucraina nella penisola, e da anni è impegnata nella difesa dei diritti degli abitanti della Crimea con la sua organizzazione KrymSOS.

Taševa lamenta che “da regione turistica, che i russi pensavano di usare come vetrina, oggi la Crimea è diventata soltanto una base militare, che riveste un ruolo cruciale per l’assalto alla terra-madre ucraina”. Gli attivisti come Tamila denunciavano questa situazione già durante gli otto anni trascorsi dall’annessione del 2014 su tutte le piattaforme internazionali, illustrando gli enormi investimenti finanziari di Mosca per lo sviluppo delle infrastrutture in Crimea. A cominciare dal ponte di Kerč: un progetto legato a scopi militari, non sociali e turistici, oggi protetto con enorme dispendio di forze.

Secondo Taševa “la Crimea è diventata la terra della non-libertà, e dopo l’invasione russa dell’Ucraina sono aumentate le persecuzioni degli attivisti, con uso anche di torture e di altre forme di violenza di Stato”. Oggi è una “retrovia logistica”, da cui partono le spedizioni per occupare altri territori. Oggi l’Ucraina, domani forse la Georgia e altro. A 150 km di distanza è in corso un’estenuante battaglia per il controllo della zona di Kherson, i cui effetti si sentono con grande risonanza proprio in Crimea.

Il rischio è che la guerra arrivi direttamente sulla penisola, che gli ucraini vorrebbero riconquistare insieme al Donbass. “Noi consigliamo ai cittadini locali di fuggire dalla loro terra soltanto quando si cerca di arruolarli nell’esercito russo, come già è successo a 34mila persone, e si sa che i russi cercano di gettare in prima linea i soldati appena ingaggiati dei territori periferici”, sottolinea Taševa. Tra i crimeani vi sono già molti caduti di guerra “e per noi è molto importante che i nostri cittadini ucraini rimangano a vivere in Crimea”.

La Russia non solo cerca forze fresche da mandare al fronte, ma in questi anni ha attuato una vera e propria politica di colonizzazione e di “sostituzione etnica”. La “maggioranza russofona” che ha votato al 93% l’annessione era più che altro un’illusione creata dalle truppe di occupazione stabilitesi sulla penisola nel 2014, che hanno imposto con le armi il referendum di annessione al grido “la Crimea è nostra!”. Secondo vari calcoli, tra mezzo milione e 700mila cittadini russi sono stati trasferiti sul territorio di Simferopoli (l’antica Kherson, in onore della quale à stata fondata l’omonima città sulla costa ucraina) e dei porti di Eupatoria, Balaklava, Feodosija e Yalta.

Sempre secondo statistiche non ufficiali, tra 50 e 100mila ucraini già nel 2014 si erano visti costretti ad abbandonare la loro terra e, in questi anni, vi è stato un progressivo aumento dell’emigrazione più o meno forzata. Non tutti sono riusciti ad andare in Ucraina e, per molti di loro, si pone il problema dei documenti. Pur desiderando di ottenere il passaporto ucraino, sono rimasti di fatto apolidi e non è facile identificarli con certezza in una situazione tanto confusa.

In Ucraina esiste perfino il ministero della “reintegrazione dei territori temporaneamente occupati”, fra questi anche la Crimea, e che raccomanda agli ucraini di queste zone di rifiutare il passaporto russo, spesso assegnato a forza. Tale imposizione viene definita una violazione dei diritti umani a livello internazionale e dà origine a quelle che vengono chiamate “vittime della passaportizzazione violenta”. Essi sono ostaggi di una occupazione disumana, che oggi vuole mandare al macello i crimeani per affermare la potenza russa. 

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