19/05/2024, 11.03
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Cristianesimo in Giappone: in mostra a Parigi 475 anni di fede

di Sara Toffano

Si intitola “Dai samurai ai manga, l’epopea cristiana in Giappone” un percorso allestito fino al 13 luglio presso le sede dei Mep. Esposti oggetti provenienti da varie collezioni che ripercorrono la storia delle persecuzioni e dei "cristiani nascosti" ma anche la vitalità del "piccolo gregge" di oggi.

Parigi (AsiaNews) - Il Giappone conta oggi circa 430mila cattolici, appena lo 0,34% della popolazione del Paese. Una comunità talmente piccola da sembrare talvolta invisibile, eppure dalla storia ricchissima e tuttora con una grande vivacità di iniziative dagli orfanotrofi alla difesa dei discriminati come la minoranza dei Burakumin, dall’assistenza ai senzatetto a quella di tossicodipendenti, alcolisti, disabili, immigrati, carcerati, famiglie e giovani in difficoltà fino al sostegno delle vittime dei numerosi e gravi fenomeni naturali come terremoti, tsunami e inondazioni che spesso hanno devastato l’arcipelago.

È il quadro che emerge visitando la mostra “Dai samurai ai manga, l’epopea cristiana in Giappone” - allestita a Parigi presso la sede delle Mep, le missioni estere di Parigi fino al 13 luglio 2024 – che racconta la presenza cristiana nel Paese, dall’arrivo dei primi missionari fino ai giorni nostri, attraverso varie opere e manufatti provenienti da varie collezioni nel mondo.

I primi occidentali a metter piede nei territori giapponesi furono i commercianti portoghesi che nel 1543 i commercianti portoghesi approdarono sull’isola meridionale di Tanegashima, ma fu l’arrivo di san Francesco Saverio a Kagoshima nel 1549 a portare il cristianesimo nell’arcipelago nipponico. Accompagnato da due gesuiti, iniziò la conversione dei primi uomini a Omura (Nagasaki) e Zusho, vicino a Kyoto.

Il Giappone era uno stato amministrato dallo Shōgun, il generale più forte nominato dall’imperatore, da cui dipendevano i Daimyō, cioè i governatori delle province e signori feudali. In quel periodo era in corso una guerra civile tra i feudi e i daimyō cercarono di espandere e sviluppare i propri domini incoraggiando il commercio internazionale e la costruzione di città: fu proprio questa apertura a permettere l'attività dei missionari. A rappresentare l’interdipendenza tra religione e commercio, la mostra offre una statua in legno a due volti che, come un Giano bifronte, raffigura il volto di un gesuita e di un commerciante europeo.

Tuttavia, nel 1587 lo Shōgun Toyotomi Hideyoshi - per esercitare maggiore controllo sui governatori feudali convertiti dai gesuiti, i Kirishitan Daimyō - emanò un primo editto che intimava ai missionari di lasciare il Giappone. Ancora nel 1590, il gesuita italiano, Giovanni Cola, poté comunque fondare una scuola d’arte a Nagasaki per produrre opere destinate ad ornare le chiese. I singoli individui di fede cristiana in quegli anni erano ancora tollerati per proteggere le relazioni commerciali che il Paese aveva con l’occidente. Il divieto di pratica della religione arrivò nel 1614 per decisione dello Shōgun Tokugawa: a partire da questa data gli Shōgun promulgarono un insieme di leggi volte ad eliminare il cattolicesimo e instaurare un controllo stretto sulla popolazione. Iniziò così la stagione della persecuzione: martiri importanti ebbero luogo nel 1619 a Kyōto, nel 1622 a Nagasaki e nel 1623 a Edo (Tōkyō) anche se già nel 1597, 26 cattolici tra gesuiti e francescani vennero crocifissi a Nagasaki, canonizzati successivamente da Papa Pio IX nel 1862.

Una pratica imposta alle persone sospettate di essere vicine al cristianesimo per dimostrarne l'estraneità era quella dello fumi-e, il calpestamento del crocifisso o di immagini della Vergine Maria. Tale pratica venne introdotta in seguito ad una grande rivolta di cattolici contro lo shogunato Tokugawa, la rivolta di Shimabara nel 1637.

Lo shogunato sospettò che i cattolici occidentali avessero favorito l'insurrezione e per questo motivo decise di interrompere anche le relazioni commerciali con i portoghesi, che dopo la cacciata dei missionari e degli spagnoli, era l'ultimo rapporto che il Giappone avesse mantenuto con dei cattolici europei. L’isolamento terminò nel 1868 con la deposizione della famiglia Tokugawa da parte del nuovo imperatore Mutsuhito che ridiede il potere alla famiglia imperiale nella cosiddetta “Restaurazione Meiji”, evento considerato come lo spartiacque tra il Giappone tradizionale e quello moderno.

Fu in quegli stessi anni che p. Bernard Petitjean delle Mep poté stabilirsi a Nagasaki dove fece costruire una chiesa che venne consacrata nel febbraio del 1865. Qualche settimana dopo, un gruppo di pescatori e artigiani, incuriositi dalla nuova costruzione, si presentarono al missionario. Una donna gli si avvicinò dicendo: “Il cuore di tutti noi che siamo qui è come il vostro” e con sole tre domande - “Conoscete il Papa? Siete celibi? Pregate la Vergine Maria?” -  egli scoprì che si trattava dei discendenti di antichi cristiani giapponesi, i Kakure Kirishitan, che per 250 anni aveva custodito in segreto la fede cristiana. Un manufatto della mostra testimone di questa clandestinità è una piccola statua di Maria e di un crocifisso nascosti all’interno di un buddha.

La mostra in corso alla sede delle Mep racconta però anche la storia più recente della comunità cattolica giapponese. Ad esempio lo sgomento all’indomani del bombardamento nucleare che nell’agosto 1945 colpì Nagasak, il fulcro della fede cristiana nel Paese.. Da qui la rappresentazione di una donna sopra al fungo atomico a ricordare l’ascensione di Maria in cielo; si tratta della moglie del medico e scrittore cattolico, Paolo Nagai Takashi. Ma anche l’attenzione particolare coltivata dalla Chiesa giapponese sul tema della pace: tra gli oggetti esposti c’è una bandiera creata ad hoc in occasione della Gmg di Toronto del 2002, che reinterpreta l’emblema del Giappone con una colomba che si leva dal cerchio rosso e con le strisce colorate tipiche della bandiera della pace in cima al cerchio.

Infine, a raccontare la storia e la tradizione più recente del cristianesimo in Giappone sono i libretti del catechismo di p. Corvaisier, i libri dei canti e delle preghiere, le traduzioni della Bibbia, le versioni manga del Nuovo Testamento e della vita di Gesù, i noodles fabbricati da p. De Rotz a Shitsu per sostenere economicamente la popolazione e il presepe realizzato con le bambole in stile Hina Matsuri - la festa delle bambole in onore delle figlie femmine festeggiata il 3 marzo - in cui sul livello più alto sono posizionati Giuseppe, Maria e un Gesù cresciuto e non bambino, a livello intermedio i Magi e in basso il resto del popolo.

Quella giapponese è, dunque, una fede e una Chiesa che durante i secoli è stata in grado di resistere e svilupparsi nonostante le difficoltà, accolta e plasmata dalla cultura del Paese e che - ancora oggi - dedica le sue energie agli ultimi.

 

 

 

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