09/05/2025, 13.19
INDIA - PAKISTAN
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Delhi e Islamabad, terzo giorno di scontri con missili e droni

Dopo gli attacchi reciproci degli ultimi giorni, l'India e il Pakistan proseguono con raid, bombardamenti e misure di emergenza lungo il confine. I due Paesi si accusano reciprocamente di infiltrazioni nel proprio territorio e di aver dato avvio alla violenza. Delhi intensifica anche le misure non militari contro Islamabad, tra cui pressioni sul Fondo monetario internazionale e blocchi di Internet, approfittando del caos generale per reprimere anche l'opposizione interna.

New Delhi/Islamabad (AsiaNews) – Ancora non trova risoluzione il confronto tra India e Pakistan, che nella notte tra l’8 e il 9 maggio si sono scambiati una serie di attacchi militari lungo tutto il confine occidentale. Secondo quanto riferito dall’esercito indiano, le forze armate pakistane hanno lanciato “attacchi multipli” con droni e artiglieria pesante, in risposta ai raid aerei condotti da New Delhi il giorno prima contro presunti campi terroristici in territorio pakistano. A sua volta questa era una risposta a un attentato avvenuto il 22 aprile nella città di Pahalgam come rappresaglia all’attentato a turisti indù avvenuto il mese scorso in Kashmir.

I due Paesi, entrambi potenze nucleari, stanno continuando lo scambio anche di accuse reciproche, alimentando le preoccupazioni che l’escalation diventi fuori controllo. L’esercito indiano ha dichiarato che i droni pakistani intercettati nella notte sono stati “efficacemente respinti” e che tutte le violazioni sono state affrontate con una risposta proporzionata, si legge in un comunicato dell’esercito indiano.

Il ministro dell’Informazione pakistano, Attaullah Tarar, ha definito le dichiarazioni indiane “infondate e fuorvianti”, affermando che il Pakistan non ha intrapreso “azioni offensive” né nel Kashmir amministrato dall’India né oltre i propri confini. Islamabad ha inoltre smentito di aver attaccato le città indiane di Pathankot (Punjab), Srinagar (Kashmir) e Jaisalmer (Rajasthan), bollandole come “accuse politicamente motivate” e ribadito di aver neutralizzato almeno 77 droni indiani.

Nella serata di ieri, però, la Border Security Force indiana ha dichiarato di aver sventato un “importante tentativo di infiltrazione” nella regione di Samba, mentre i bombardamenti sono continuati per oggi nell’area di Uri, dove una donna è rimasta uccisa e tre persone sono state ferite. Diverse abitazioni hanno preso fuoco a causa dei colpi di artiglieria.

Il conflitto in corso è ritenuto il più grave dalla guerra di Kargil del 1999, e il primo in cui l’India ha colpito località del Pakistan continentale – fuori dal Kashmir – dalla guerra su larga scala del 1971. Le sirene hanno suonato per ore in diverse città di confine, tra cui Amritsar, sede del Tempio d’Oro dei Sikh, dove i turisti sono fuggiti in massa dopo la chiusura dell’aeroporto. “Volevamo restare, ma le sirene e i blackout ci fanno passare notti insonni”, ha raccontato alla Reuters un cittadino britannico.

In diverse aree, tra cui Bhuj (Gujarat) e Bikaner (Rajasthan), sono state adottate misure d’emergenza, tra cui la chiusura delle scuole e la mobilitazione di autobus turistici per portare i residenti in luoghi sicuri. 

L’India, però, sta anche approfittando della situazione per reprimere il dissenso interno: centinaia di account sui social ritenuti in qualche modo vicini al Pakistan sono stati bloccati ma anche la testata indiana The Wire non è più consultabile dal territorio indiano.

Delhi, che prima di lanciare gli attacchi missilistici ha anche fatto ricorso a diverse misure di contrasto non militari (come la sospensione del Trattato di condivisione delle acque dell’Indo e il blocco delle importazioni dal Pakistan), sta anche continuando a fare pressioni sul Fondo monetario internazionale affinché non conceda ulteriori prestiti di salvataggio al Pakistan.

Nel frattempo sono arrivate ulteriori conferme sul fatto che diversi caccia in dotazione dell’aviazione indiana siano stati abbattuti da armi di produzione cinese (i jet da caccia J-10C) una notizia che aveva infiammato gli estremisti indù che sostengono il governo di Modi e che hanno fatto pressioni verso una dura risposta militare.

Sul versante internazionale, vari Paesi, dagli Stati Uniti alla Cina, hanno lanciato appelli alla de-escalation, ma senza che nessuno abbia proposto un intervento per ridurre la violenza. Il vicepresidente statunitense JD Vance, in un'intervista a Fox News, ha dichiarato: “Vogliamo che la situazione si attenui il prima possibile. Ma non possiamo controllare questi Paesi”.

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