30/06/2025, 13.20
THAILANDIA
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Proteste a Bangkok, cresce la pressione su Paetongtarn Shinawatra per le dimissioni

di Steve Suwannarat

La premier thailandese si trova in una situazione sempre più instabile dopo le manifestazioni dei nazionalisti filomonarchici, le tensioni al confine con la Cambogia e la rottura con un alleato di governo. Torna lo spettro di un possibile intervento dei militari, ma anche l’opposizione ha chiesto di evitare un nuovo golpe.

Bangkok (AsiaNews) – Si fa sempre più precaria in Thailandia la posizione della premier Paetongtarn Shinawatra, mentre il Paese si prepara a un periodo di instabilità politica e crescenti pressioni sull’esecutivo. Nel corso del fine settimana migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro il governo dopo la diffusione della chiamata tra Shinawatra e l’ex primo ministro cambogiano Hun Sen in cui la premier si lamentava delle forze armate del Paese. 

Le tensioni erano iniziate con lo scontro a fuoco alla frontiera cambogiana del 25 maggio, in cui è rimasta uccisa una guardia di confine. L’episodio aveva riacceso le tensioni territoriali e alimentato il sospetto di un possibile intervento dei militari, ufficialmente “per ristabilire pace e armonia”, come già accaduto in passato.

A sollecitare un intervento delle forze armate in Thailandia sono soprattutto i movimenti nazionalisti filomonarchici, che sabato hanno radunato migliaia di manifestanti al Monumento della Vittoria di Bangkok per chiedere le dimissioni della premier e denunciare l’influenza del clan Shinawatra, guidato dall’ex premier Thaksin, padre dell’attuale leader del governo.

Anche se in Parlamento le forze favorevoli a un ruolo attivo dei militari restano una netta minoranza, la crescente instabilità sta alimentando il malcontento tra la popolazione e molti dei 70 milioni di thailandesi auspicano una rapida uscita dalla crisi.

Il leader dell’opposizione, Natthaphong Ruengpanyawut, 38 anni, ha invitato militanti e simpatizzanti del Partito popolare (Phak Prachachon) a non oltrepassare la “linea rossa” rappresentata da un eventuale sostegno all’ingresso dei militari nella vita politica. Un avvertimento che risulta particolarmente significativo, considerato che le forze oggi confluite nel Partito Popolare sono eredi di movimenti sciolti in passato per decisioni della magistratura o defezioni degli alleati.

Secondo un recente sondaggio, Ruengpanyawut è oggi il candidato più popolare per la carica di primo ministro, mentre sul fronte istituzionale, la premier Paetongtarn si trova in difficoltà dopo il passaggio all’opposizione del Bhumijay, lasciando il Pheu Thai e  gli alleati minori con un margine limitato di manovra politica. Le prossime sfide politiche ed economiche saranno decisive per la tenuta dell’esecutivo e soprattutto dell’economia.

Dopo la manifestazione di sabato, la crisi politica è uscita dai binari istituzionali per ricadere nel conflitto irrisolto tra potere civile e leadership militare, tra forze extraparlamentari e volontà popolare. Un equilibrio già compromesso dalle manovre seguite alle elezioni di due anni fa, quando al partito Move Forward (oggi Partito popolare) che era risultato vincitore era poi stato impedito di governare.

La crisi con la Cambogia complica ulteriormente il quadro. Dopo l’incidente di frontiera, Phnom Penh ha lanciato un avvertimento ai propri cittadini, chiedendo di evitare viaggi in Thailandia e bloccando i flussi commerciali. Da parte sua, Bangkok ha sigillato il confine terrestre, provocando gravi disagi a chi doveva rientrare.

La situazione è delicata. Le forze armate thailandesi, tradizionalmente influenti sia sul piano interno sia in ambito regionale, si trovano ora coinvolte in una crisi che ha anche risvolti personali e storici: al centro dello scontro, infatti, ci sono anche i rapporti tra Thaksin Shinawatra e Hun Sen, “uomo forte” della Cambogia e un tempo alleato e socio in affari del suo omologo thailandese. Una situazione che mina ulteriormente la legittimità della premier Paetongtarn Shinawatra e rafforza il fronte di chi ne chiede le dimissioni.

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