23/11/2011, 00.00
EGITTO
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Egitto: mille partiti per le prime elezioni, forse, libere

di André Azzam
In piazza Tahrir migliaia di giovani continuano la protesta contro il Consiglio supremo dei militari. Ieri il generale Tantawi ha accettato le dimissioni del governo Sharaf, ma non ha intenzione di abbandonare il potere. L’esperto egiziano André Azzam analizza la difficile situazione pre- elettorale in un Paese che non ha mai avuto vere elezioni. Lo spettro di una vittoria dei partiti islamici e le paure dei cristiani copti. Un morto ad Alessandria.
Il Cairo (AsiaNews) – Migliaia di persone continuano a presidiare piazza Tahrir, nonostante l’annuncio del capo del Consiglio supremo dei militari, per un rapido passaggio di consegne a un governo civile. Ieri sera, il generale Mohamed Hussein Tantawi ha accettato le dimissioni del governo Sharaf e promesso elezioni presidenziali entro luglio. Tuttavia molti manifestanti sono scettici e si dicono pronti ad occupare piazza Tahrir a oltranza se il Consiglio supremo non verrà sciolto. Tantawi però non ha alcuna intenzione di lasciare il potere. Egli si è detto “disponibile ad ascoltare la volontà del popolo sulla continuità dei militari alla guida del Paese, anche se questa volontà fosse espressa in forma referendaria”. Intanto, questa mattina sono avvenuti nuovi scontri fra esercito e manifestanti, con diversi feriti e un morto ad Alessandria. 

A pochi giorni dalle elezioni del 28 novembre, la situazione dell’Egitto è sempre più incerta e confusa. I cristiani temono una vittoria delle forze islamiste, Fratelli musulmani e salafiti, che grazie all’organizzazione e alla disponibilità di fondi stanno acquistando il favore della popolazione, soprattutto rurale. I partiti democratici patiscono la divisione e l’assenza di un leader. Le prime elezioni del dopo Mubarak sono inoltre segnate dall’ambiguità fra religione e Stato, tipica dei Paesi musulmani. In questi giorni gli imam hanno lanciato diverse fatwa per invitare gli elettori a non votare i candidati cristiani e gli ex del regime di Mubarak.


Ecco l’analisi della situazione offertaci dall’esperto egiziano André Azzam.

Molte voci si levano per chiedere di posporre le elezioni, ma il Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) che è al potere sin dalla caduta del presidente Mubarak afferma che le elezioni si terranno come stabilito. Altre voci fanno capire che la violenza della polizia è diretta a far rimandare le elezioni a un periodo successivo. Fino ad ora il Consiglio ha dichiarato che le elezioni verranno condotte nei tempi prefissati.

In effetti le elezioni parlamentari devono partire con una prima fase al Cairo, Alessandria, Damietta, Kafr al-Shaykh (nel Delta), Port Said, Fayyoum, Assiut, Luxor e il Mar Rosso il 28 novembre, e si estenderanno in quattro fasi successive – ciascuna seguita da un secondo turno una settimana più tardi – fino alla metà di gennaio. Poi ci saranno le elezioni per il Consiglio consultivo (equivalente al Senato) che avverranno in febbraio e marzo. Le due Camere poi formeranno una commissione costituzionale speciale per elaborare una nuova Costituzione per la seconda repubblica dell’Egitto.

Tutti attendono questa nuova cruciale esperienza nelle elezioni che disegneranno la futura forma del Paese, sperando che un voto realmente democratico permetterà ai civili di farsi carico dello Stato e delle responsabilità della nazione.

Un quadro ampio di partiti politici stanno lottando per conquistare la fetta più ampia dell’elettorato, e un peso maggiore sulla futura Costituzione. I partiti religiosi islamici tendono chiaramente a imporre il loro concetto di un Paese islamico. Godono di una buona organizzazione e di ampi fondi per coprire le loro spese notevoli. Ecco perché gli osservatori, e fonti bene informate pensano che usciranno dai seggi circa con il 40 per cento delle preferenze, e quindi una maggioranza relativa rispetto agli altri partiti.

Questi partiti religiosi islamici sono divisi principalmente fra i Fratelli musulmani, che hanno creato il partito “Libertà e giustizia”, e i Salafiti, che chiedono un ritorno alle origini dell’islam, e hanno creato i partiti “An-Nour” (Luce) e “Al-Asala” (l’Origine genuina), e anche “Al-Fadila” (la Virtù).
Sia l’una che l’altra tendenza rigettano completamente l’idea di una società laica. Hanno fatto forti pressioni per modificare il testo del “Documento per i principi costituzionali” elaborato dall’attuale governo e sono riusciti a rimpiazzare il termine “società civile”, che per loro è analogo all’idea di laicità, con quello di “società democratica”. In effetti l’espressione “società civile” era usata per contrastare il concetto di “regime militare”.
I Fratelli musulmani sono piuttosto moderati, a paragone delle tendenze salafite che dicharano apertamente che i cristiani non dovrebbero partecipate a nessuna votazione, né dovrebbero essere ammessi al servizio militare, e dovrebbero pagare la tassa di “capitazione”, o “jizia” imposta ai non musulmani nelle società islamiche. Hanno persino dichiarato che tutte le statue del passato dovrebbero essere coperte o distrutte e di recente uno dei loro membri ha espresso il desiderio di distruggere la Biblioteca di Alessandria e di rimpiazzarla con una enorme moschea. Le donne salafite candidate mettono una rosa al posto della loro fotografia e i giornali le prendono in giro, affermando che “ci chiedono di votare per dei vegetali”.

D’altra parte solo 120 candidati cristiani sono entrati nelle liste elettorali, e rappresentano un numero infinitesimale di candidati, a fronte delle molte migliaia di nomi che lotteranno per essere eletti. La maggior parte di essi sono nella lista “al Kotla al masryia”, (il Blocco egiziano) che raggruppa il Partito liberale egiziano creato dall’uomo di affari cristiano Naguib Sawires; il “Tagammo” (l’Incontro) partito di sinistra, e il Partito democratico egiziano.

Di fronte a questo gruppo, la lista di Alleanza democratica formata dal partito Giustizia e libertà, che rappresenta il volto politico dei Fratelli musulmani, il Partito nasseriano Dignità, e il Ghad (il Giorno seguente) contano solo tre candidati copti. Il Wafd presenta nelle sue liste 22 cadindati copti, mentre il partito Riforma e sviluppo, fondato dall’uomo di affari cristiano Rami Lakah presenta tre candidati copti, e il Partito centrista ne presenta due.

Fra i candidati cristiani ci sono Rami Lakah, l’attivista George Is-hâ, confondatore del movimento Kefaya, il ricercatore politico Emad Gad, il capo del Partito Dignità Amin Iskandar, di sinistra, Ihab al Kharrat, l’avvocato Ihab Ramzi e Mamdouh Nakhla.
I diversi partiti liberali contano principalmente sul tradizionale e vecchio partito Wafd, che presenta candidati in tutte le circoscrizioni, sul partito Liberale egiziano; è presente in 46 circoscrizioni grazie al Blocco egiziano. C’è anche il partito Egitto libertà, fondato da Amar Hamzawy con soli 18 candidati. Il partito del Fronte democratico è in corsa con 133 candidati. Tutti questi partiti liberali mancano di forti caratteristiche popolari e di una base di sostegno politico, ma sono sostenuti da uomini di affari liberali e dai copti che temono che gli islamici si assicurino la maggioranza dei suffragi.

Ci sono anche partiti socialisti, come il vecchio “Tagammo”, che si presenta con il Blocco egiziano, e poi partiti di sinistra di nuova creazione come il Partito comunista, all’estrema sinistra del ventaglio politico, o il partito dell’Armonia nazionale. Oltre ad essi, troviamo partiti nasseriani come il partito Nasseriano, il partito Dignità, alleati al Libertà e giustizia dei Fratelli musulmani, e il partito Nasseriano arabo , come il partito Socialista popolare. Le ciance di successo per tutti questi partiti piccoli sono piuttosto limitate a causa del loro scarso peso politico, a dispetto dei loro discorsi e delle idee che cercano di attrarre le categorie più povere della popolazione. Mancano anche di figure carismatiche, che abbiano un impatto sull’opinione pubblica, ad eccezione del ben noto Hamdeen al Sabahy, fondatore del partito Dignità.

Tutti i partiti hanno cercato di usare ogni possibile mezzo, legale e non, per screditare i rivali. Nella competizione, molte fatwa sono state emesse e usate come armi. Per esempio, il segretario Generale della propaganda islamica ad Al Azhar ha emesso una fatwa che proibiva di eleggere tutti i membri precedenti del partito Democratico nazionale di Mubarak candidati alle prossime elezioni. Egli ha fatto anche di più: ha proibito dallo stringere legami coniugali con loro, perché, ha detto, non sono stati onesti con la loro patria. Uno sceicco salafita ha emesso una fatwa che proibisce di votare a “favore dei laici, dei liberali e dei copti”, affermando che sarebbe un peccato e un tradimento.

Alcune associazioni copte pensano che i cristiani dovrebbero boicottare le elezioni, perché temono un complotto fra lo Scaf e i movimenti fondamentalisti islamici per tenere i copti lontani dalle elezioni. Questo sentimento è cresciuto dopo gli incidenti di Maspero, del 9 ottobre, quando 26 cristiani sono stati uccisi. In effetti, Ramy Kamel, segretario generale della federazione giovanile Maspero dichiara che “i giovani copti considerano i recenti incidenti confessionali come un chiaro messaggio che afferma che non c’è nessuno spazio per loro nella prossima fase dell’Egitto”.

I copti hanno certamente sperimentato delusione, soprattutto quando questi eventi hanno fatto seguito a numerosi incontri organizzati su tutto il territorio per convincere i cristiani a partecipare alle elezioni invece di tenere un’attitudine negativa come prima. La Chiesa e i leader cristiani agiscono ancora con vigore per persuadere le masse cristiane a partecipare totalmente alle elezioni. Di recente un’agenzia statistica copta ha pubblicato uno studio rigoroso sul numero dei cristiani in Egitto basandosi su un censimento delle migliaia di chiese che appartengono alla Chiesa copta ortodossa, così come alla Chiesa cattolica e alle diverse Chiese protestanti. Questo studio afferma che la popolazione cristiana dell’Egitto raggiunge la cifra di 17 milioni e centomila unità. Molti altri specialisti sostengono che il numero non è importante dal momento che tutti gli egiziani sono eguali nei loro diritti democratici, nella responsabilità politica, dignità umana e libertà. D’altro canto, molti fondamentalisti e i movimenti radicali agiscono come se volessero mettere da parte i cristiani, specialmente dopo che tutti i tentativi di un dialogo positivo fra i copti e i Fratelli musulmani è fallito.

Un professore di sociologia all’università del Cairo spiega che l’elettore egiziano in realtà non ha mai partecipato realmente alle elezioni scegliendo. Secondo lui, il 30 per cento dei votanti si presentavano alle urne perché erano pagati. A volte gli elettori hanno visto che i loro nomi erano stati utilizzati nei seggi prima del voto. Uno specialista in psicologia dell’università islamica Al Azhar conferma questa situazione e spiega che il votante egiziano sarebbe spinto in genere dalle sue emozioni, e dalla sua appartenenza religiosa o tribale.
Molti esperti politici trovano che la nuova distribuzione delle circoscrizioni – non basata sulla densità geografica o demografica – fatta di recente dallo Scaf riduce le eguali opportunità fra le diverse categorie, e in particolare per le donne, i copti, e i giovani di ottenere un seggio in Parlamento. Il sistema duplice di liste proporzionali e di candidati individuali così come il posto preminente dato a contadini e lavoratori non aiuta le forze tradizionali, i relitti del regime precedente e i ricchi.

A pochi giorni dalle elezioni, la situazione è preoccupante e nessuno può prevedere i suoi sviluppi, specialmente mentre i manifestanti si confrontano con il regime dello Scaf, e le forze di sicurezza con il loro comportamento sembrano dimostrare che niente è cambiato dal gennaio scorso e l’Egitto è ancora sulla linea di partenza.
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