09/05/2023, 10.22
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Elezioni in Turchia: la diaspora, i giovani e la possibilità di un dopo Erdogan

di Dario Salvi

Il 14 maggio il Paese alle urne per le elezioni parlamentari e presidenziali (con eventuale ballottaggio il 28) per una tornata caratterizzata da grande incertezza. Le operazioni di voto all’estero sono iniziate a fine aprile e si chiudono oggi. Grande incertezza fra gli espatriati, risse ai seggi in Francia fra filo-governativi e oppositori. L’elettorato al primo voto, stanco delle promesse del sultano. 

Milano (AsiaNews) - Dominatore della scena politica turca per due decenni, il presidente Recep Tayyip Erdogan si appresta ad affrontare la sfida più ardua della carriera da leader assoluto, come primo ministro e in seguito presidente con la riforma istituzionale da lui stesso voluta. Domenica 14 maggio, infatti, il Paese andrà alle urne per le elezioni presidenziali e parlamentari, con i sondaggi che danno al capo dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu, sostenuto dal “Tavolo dei sei”, un leggero vantaggio. Un margine insufficiente per una vittoria al primo turno (dove serve una maggioranza del 50%), con analisti ed esperti concordi nel preconizzare una partita che si concluderà solo al ballottaggio, una prima assoluta per la Turchia, col secondo turno previsto a distanza di due settimane, il 28 maggio. Il nodo di fondo è capire come reagirà l’uomo forte al responso delle urne, dato che mai come oggi il suo dominio incontrastato appare minacciato.

Il 69enne leader, con qualche acciacco di salute nell’ultimo periodo che ha portato a una breve interruzione della campagna elettorale, ha mostrato negli anni una crescente deriva autoritaria avocando a sé ruoli e decisioni, soprattutto dopo il referendum sulla nuova Costituzione nel 2017. Il tutto in un quadro di accuse di intimidazioni degli elettori, minacce e irregolarità - per non dire brogli - rilanciati dall’opposizione. In realtà, la sfida all’ultima scheda - e oltre, con probabili ricorsi - è già iniziata a fine aprile con il voto all’estero, anch’esso importante per delineare il vincitore e con le prime schermaglie, se non scontri di piazza, fra filo-governativi e oppositori. 

I turchi della diaspora

L’orientamento degli espatriati con diritto di voto potrebbero avere un peso significativo nella scelta del futuro presidente, in quello che anche all’estero è visto come una sorta di referendum pro o contro Erdogan. Con 17 giorni di anticipo rispetto ai concittadini in patria, centinaia di migliaia di turchi emigrati nei vari Paesi della diaspora o nei punti di frontiera hanno avviato la macchina elettorale. Secondo le statistiche ufficiali vi sono circa 3,4 milioni di aventi diritto, pari al 5% del totale del corpo elettorale che si aggira sui 64,1 milioni. I seggi sono operativi in ben 73 nazioni e, nonostante l’affluenza all’estero sia “solo” attorno al 50% in media rispetto a quella interna all’85%, questi voti sono importanti per l’esito finale. All’estero, i numeri maggiori si registrano in Germania (1,5 milioni) e in Francia (400mila espatriati), con le operazioni di voto che si concluderanno nella giornata di oggi. 

Interpellato da Middle East Eye (Mme) Ulas Tol, direttore del Dipartimento di ricerca al Centre for Social Impact Studies, afferma che il voto all’estero potrebbe far pendere la bilancia a favore di Erdogan, soprattutto in Europa dove vive la maggior parte degli emigrati, perlopiù conservatori. Nel 2018, aggiunge, il presidente uscente “ha ricevuto quasi il 60% dei voti dall’estero” e per questa tornata elettorale egli ritiene che possa valere “uno 0,5%: se il tasso di affluenza resta lo stesso - spiega - ed Erdogan riceve lo stesso livello di sostegno del 2018, l’impatto complessivo sarebbe attorno allo 0,4/0,5%”. Altro aspetto è la corsa parlamentare. La quantità di voti provenienti dall’estero è distribuita in tutte le 81 province della Turchia in base ai voti di ciascun partito e alla popolazione del distretto elettorale. Per questo motivo, i voti esteri in province scoperte a livello di candidati andrebbero sprecati e, indirettamente, a beneficio del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) di Erdogan.

Aydin Enes Seydanlioglu, parlamentare del partito di opposizione Good Party (IYI) a Mersin, turca di cittadinanza tedesca, sottolinea che il peso maggiore riguarderà le elezioni parlamentari, soprattutto in alcune province in cui il voto dall’Europa conta. E non poco. “Mi aspetto - afferma - che [il sostegno all’Akp] cambi in queste elezioni”. Ecco perché è importante ottenere “il maggior numero possibile di parlamentari”, anche utilizzando le preferenze dall’estero. Mustafa Yeneroglu, anch’egli turco-tedesco e candidato a Istanbul per il Republican People’s Party (Chp) di Kılıçdaroğlu, con anni di esperienza alle spalle, prevede un calo nei consensi per il sultano. “Penso che molti ex sostenitori - sottolinea - cambieranno idea a causa delle difficoltà economiche”, anche perché “molti conoscono il problema dai racconti dei loro parenti” rimasti nel Paese. 

Voto, risse e divisioni

Di certo vi è che, come in patria, anche all’estero l’elettorato si presenta diviso e l’appuntamento fonte di profonde tensioni e spaccature. A Berlino una migrante di nome Fatma afferma di votare il presidente uscente, perché “Erdogan è un uomo forte. E noi lo sosteniamo”. Le sue parole sono condivise dal 39enne Ozlem Dinc, a Parigi, che manifesta piena fiducia a Erdogan. “Speriamo davvero dal profondo dei nostri cuori che egli possa restare ancora al potere e possa - auspica con una certa enfasi la donna - spingersi fino a conquistare il mondo”. Le polarizzazioni interne si riflettono nelle diverse posizioni all’estero, come emerge dal commento di Sema Jude, emigrata nella capitale francese. “Dobbiamo cambiare per prima cosa il presidente, poi il sistema. Il sistema presidenziale - spiega - in Turchia è diventato una sorta di dittatura”. L’auspicio è condiviso da Cinar Negatir, seppur per altri motivi. “Sì al cambiamento, perché l’economia è allo 0%”. 

Il voto all’estero ha registrato momenti di tensione che, in alcuni casi, sono degenerati in scontri fra le parti, con l’intervento della polizia. Ne è prova quanto è avvenuto a Marsiglia, in Francia, la scorsa settimana dove sono scoppiate diverse risse fra filo-governativi e critici di Erdogan davanti a un seggio, con un bilancio finale di almeno quattro feriti. Secondo quanto hanno riferito le forze dell’ordine di Bouches-du-Rhône, una prima rissa è scoppiata nel primo pomeriggio nella zona sud della città costiera, nei pressi del parco Chanot. Gli agenti hanno dovuto usare gas lacrimogeni per separare i due gruppi. Nonostante la massiccia presenza delle forze dell’ordine, altri scontri si sono verificati a fine giornata che hanno portato all’arresto di almeno due persone. 

I giovani alle urne

Detto della variabile legata al voto estero e del peso dell’elettorato curdo, il cui sostegno potrebbe essere decisivo per l’opposizione ant-Erdogan, vi è un ulteriore elemento in gioco: i giovani, molti dei quali chiamati per la prima volta alle urne, in una nazione in cui rappresentano una nutrita componente e fra i primi a essere colpiti dalla crisi. Sono oltre sei milioni i cittadini al primo voto, circa il 10% dell’elettorato, e la maggioranza ha conosciuto solo l’attuale presidente. Come il giovane Efe (nome è di fantasia), universitario intervistato da al-Monitor che punta sul leader dell’opposizione perché capace di garantire il rispetto della legge, libertà personali, diritti umani violati sotto Erdogan. Una ricerca condotta lo scorso anno dall’istituto Konda mostra che il 57% dei giovani elettori si definisce moderno, il 32% tradizionale-conservatore e la parte rimanente religiosa-conservatrice. Nelle ultime settimane i partiti di governo hanno ammiccato all’elettorato giovanile, con promesse e rassicurazioni come i 10 giga gratuiti al mese per internet. “A che serve? Il governo - ribatte il 19enne Kaan Erdinc - ha già bloccato la metà dei siti che voglio consultare”. 

Un recente sondaggio dell’agenzia Raporu mostra che l’89% dei giovani intende recarsi alle urne, ma le idee non sono ancora chiare e prevale l’indecisione. Almeno al primo turno, visto che fra Erdogan e Kılıçdaroğlu, a raccogliere più consensi è - in realtà - l’insegnante e scrittore Muharrem İnce mentre in caso di ballottaggio le preferenze vanno al leader dell’opposizione. Molti giovani non conoscono o condividono le battaglie dei loro genitori: per una giovane donna conservatrice il velo non è un problema, come per un ragazzo liberal andare da un impiegato statale con l’hijab. Ciò che conta davvero è l’economia, le prospettive per il futuro, le opportunità di studio e impiego e, almeno in questo senso, il leader dell’opposizione rappresenta una speranza di cambiamento. 

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