22/07/2022, 12.45
SINGAPORE
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Eseguita condanna a morte Lajim: la quinta in 5 mesi a Singapore

di Steve Suwannarat

Dopo la pandemia la città-Stato è tornata ad eseguire senza atti di clemenza le sentenze capitali. Messo a morte un 64enne condannato nel 2017 per il possesso di 33 grammi di eroina. Di fronte alle critiche il governo continua a sostenere che la pena di morte sia un deterrente per i potenziali trafficanti di droga.

Singapore (AsiaNews) - Il cittadino di Singapore Nazeri Lajim è stato giustiziato oggi nella città-Stato dopo che il tribunale aveva respinto l’ultimo appello per la sospensione. A nulla sono valse le manifestazioni pubbliche che fino all’ultimo avevano chiesto un atto di clemenza per questo 64enne condannato nel 2017 per "traffico di stupefacenti" per il possesso di 33 grammi di eroina. Secondo l'accusa  questo quantitativo sarebbe statos ufficiente per “alimentare la dipendenza di 400 tossicodipendenti per una settimana”. 

Quella di Lajim è la quinta esecuzione in cinque mesi, dopo i due anni di sospensione dovuti esclusivamente alla pandemia di Covid-19. Questa impennata di esecuzioni capitali conferma la durezza della legge singaporeana, in particolare verso i reati di droga, e l’intransigenza nella sua applicazione.

L’età del condannato è stata anche in questo caso un elemento in più di dissenso da parte di gruppi per la difesa dei diritti umani, come lo era stato - in modo ancora più intenso e con forti pressioni anche dall’estero - per l’esecuzione il 27 aprile, a 13 anni dalla condanna, di Nagaenthran K. Dharmalingam, un cittadino malaysiano che si ritiene potesse essere affetto da disabilità mentale.

Iniziative che hanno accresciuto le voci della società civile contro un utilizzo considerato eccessivamente repressivo della legge. Anche in questa occasione, però, il il ricorso alla pena di morte è stato difeso con forza dal governo di Singapore. L'ultima presa di posizione in questo senso è stata un’intervista alla rete britannica Bbc del ministro dell’Interno e della Giustizia K Shanmugam che ha difeso “le prove consistenti" secondo cui le eesecuzioni capitali sarebbero "un deterrente efficace per i potenziali trafficanti”.

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