15/08/2009, 00.00
INDIA
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Festa dell’Assunta e dell’indipendenza: “doppia gioia” per i cattolici indiani

di Nirmala Carvalho
Mons. Felix Machado, arcivescovo di Nasik, parla ad AsiaNews della coincidenza della ricorrenza religiosa con quella civile che “si intrecciano nell’impegno per accrescere il bene delle persone e della nostra amata madrepatria”. Le radici religiose dell’India “sono la base e la risorsa per l’armonia e la pace” nel Paese dove “ il popolo è la costante ricerca del’assoluto e del divino”.
Mumbai (AsiaNews) - In India il 15 agosto è innanzitutto il giorno dell’indipendenza. Ma per i 14 milioni di cattolici del Paese la coincidenza della principale festa nazionale con la solennità dell’Assunzione è un motivo di orgoglio. “Per noi cristiani dell’India è una doppia gioia” dice ad AsiaNews mons. Felix Machado, arcivescovo di Nasik. Conosciuto nel Paese soprattutto per il suo impegno nel dialogo interreligioso, il prelato legge in questa coincidenza un segno della responsabilità che l’India ha verso se stessa e la propria storia, ma anche nei confronti del mondo di oggi. ”Il 15 agosto è una festa della fede e nel contempo del nostro Paese. Le due ricorrenze si intrecciano nell’impegno per accrescere il bene delle persone e della nostra amata madrepatria, l’India-Bharat Mata”.
 
Il 15 agosto unisce religione e Stato. Oggi come convivono questi due mondi della cultura indiana?
L’India è un Paese profondamente religioso, pluralistico, con un grande patrimonio di tolleranza e di comprensione reciproca tra le diverse fedi. Se ogni cittadino di questa terra segue i precetti del suo credo che insegnano pace, amore, unità, integrità allora questi valori possono aiutarci a costruire il bene comune del Paese. La fede e l’attaccamento alla patria sono legati tra loro e portano beneficio al progresso e allo sviluppo del Paese.
 
Però l’India è spesso al centro dell’attenzione internazionale per fatti di intolleranza religiosa…
L’intolleranza religiosa è un fenomeno estremo, ma noi vediamo segnali si speranza attorno a noi, ad ogni livello, nelle singole comunità, tra i leader spirituali e nella società. Non si può essere ingenui e dire che non ci sono tensioni per motivi religiosi all’interno della nostro Paese, ma io sono un testimone di speranza e davanti agli episodi oscuri cito le parole di Gesù: “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”. La luce sono gli insegnamenti di Cristo: riconciliazione, perdono e pace.
 
Come affrontare questo binomio religione e violenza?
Mi preoccupo quando vedo che i credenti non seguono i fondamenti di base della loro religione e la tramutano in un’ideologia per coprire interessi particolari. Questo col tempo porta conseguenze negative per tutto il popolo. Ma l’India resta un Paese multiculturale, una società multireligiosa. Viviamo in pace, armonia e unità, crediamo nell’innata dignità della persona umana e non possiamo dare spazio ad elementi di divisione che logorano il tessuto morale e sociale del Paese. Se seguiamo la nostra cultura con i suoi aspetti locali e regionali che hanno contribuito a costruire l’ethos dell’India il Paese fiorisce. Le radici religiose dell’India sono la base e la risorsa per l’armonia e la pace.
 
Quindi per salvaguardare il suo futuro l’India deve preservare la pluralità religiosa?
Certo. Io sono orgoglioso di essere figlio dell’India e ringrazio Dio di avermi fatto nascere in questo Paese, dove il popolo è nella costante ricerca del’assoluto, del divino e riconosce il significato religioso della vita. L’India dà un incredibile contributo al mondo nel campo scientifico, ma è venuto il tempo in cui deve anche collaborare alla prosperità del pianeta. Abbiamo un grande retaggio di valori, frutto della nostra antica tradizione: saggezza, pace, lealtà sono le basi per promuovere l’armonia tra le persone e le comunità. La nostra storia rappresenta un esempio di valori spirituali, di vita impregnata da valori religiosi, di pace e amicizia tra i popoli. Questo è ciò che dobbiamo preservare e ciò che possiamo offrire al mondo intero.
 
Lei ha parlato di progresso e prosperità. Come conciliarli con la grande povertà che riguarda buona parte del Paese? 
I progressi materiali conseguiti dall’India sono innegabili ed evidenti. Abbiamo contribuito al progresso del mondo e giocato un ruolo importante nello sviluppo dell’industria tecnologica. Le ragioni di questo progresso vanno cercate anche nella situazione di grande povertà in cui viveva il Paese che hanno spinto a cercare sviluppo. Oggi però mette tristezza vedere che questo progresso ha lasciato ancora nella povertà buona parte della popolazione. Parlo soprattutto di chi vive nella campagne, persone che nella maggior parte dei casi soffrono la fame. Io sono figlio di contadini e so cosa significhi per esempio la mancanza di pioggia di questi ultimi tempi in molte regioni. L’India è un Paese agricolo e la fame ha effetti su tutti gli aspetti e le dimensioni della vita. In questo Benedetto XVI ci ha fatto un grande donno con la sua ultima enciclica. La Caritas in veritate ha un significato incredibile e decisivo per noi. Basti pensare a quanto siano pertinenti alla nostra situazione i punti in cui il Papa parla di sviluppo, lotta alla povertà o salvaguardia del creato. Affermare la dignità dell’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, significa porre al centro dello sviluppo la persona e garantire il rispetto della natura.  
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