11/01/2022, 09.35
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Fra fede e affari il nuovo week-end degli Emirati

di Dario Salvi

Dal primo gennaio è entrato in vigore lo slittamento del fine settimana festivo, dal venerdì e sabato al più “occidentale” sabato e domenica (oltre al venerdì pomeriggio). Il vescovo Hinder: modificato anche il calendario delle messe, ora più lavoratori migranti potranno vivere la domenica. 

Abu Dhabi (AsiaNews) - L’inizio del nuovo anno negli Emirati Arabi Uniti (Eau) ha segnato una rivoluzione nel calendario lavorativo e nelle celebrazioni religiose. Un cambiamento dettato da esigenze che riguardano tanto l’ambito economico quanto la fede, nel Paese in cui papa Francesco e l’imam di al-Azhar hanno firmato, nel febbraio 2019, il documento sulla fratellanza umana. Dal primo gennaio 2022 è entrata in vigore la settimana lavorativa “corta”, di quattro giorni e mezzo, e lo slittamento del week-end dal venerdì e sabato al più “occidentale” sabato e domenica (oltre al venerdì pomeriggio). Una scelta dettata prima di tutto da una migliore competitività sul piano internazionale, che sembra dunque prevalere rispetto ai dettami  della tradizione religiosa islamica secondo cui il venerdì è il giorno dedicato alla preghiera - e al riposo - per i musulmani. 

Le direttive sono in vigore sia nel settore pubblico che nelle scuole, mentre resta un margine di autonomia per le aziende private che già oggi sembrano faticare ad armonizzare il cambiamento con le esigenze produttive e una impostazione ormai consolidata da tempo. Tuttavia, da quanto emerge in un sondaggio realizzato dalla società di consulting Mercer su 190 compagnie presenti negli Emirati, la maggioranza - attorno al 57% - sembra privilegiare il nuovo modello. Ciononostante, meno di una su quattro (circa il 23%) intende applicare la settimana lavorativa corta. Sul fronte dei lavoratori del settore privato, quanti intendono restare sul modello “tradizionale” dovranno poi adattare l’ambito professionale con quello familiare e il calendario scolastico dei figli, che la domenica resteranno a casa mentre i genitori lavorano.

Ora la settimana lavorativa va da lunedì al giovedì, dalle 7.30 del mattino alle 3.30 del pomeriggio. Il venerdì, prefestivo, orario ridotto dalle 7.30 alle 12, per consentire la partecipazione alla preghiera islamica che slitta alle 13.15. Sulla questione abbiamo raccolto il giudizio di mons. Paul Hinder, vicario dell’Arabia meridionale (Emirati, Oman e Yemen) e amministratore apostolico sede vacante dell’Arabia settentrionale (Kuwait, Arabia Saudita, Qatar e Bahrain). “Lo scorso fine settimana è il primo in cui ha trovato applicazione pratica il cambiamento, passato senza destare grande rumore. Da un lato è troppo presto per valutare le riforme e il loro impatto, però penso che per noi [cristiani] potrà avere effetti positivi. Nel frattempo, la gente deve abituarsi al nuovo ritmo dettato dal calendario. Per i musulmani, la preghiera al mezzogiorno è posticipata alle 13.15, per facilitare la partecipazione di quanti devono lavorare nella prima metà del giorno. Il sabato le scuole erano chiuse già da anni e ora anche la domenica sarà senza lezioni.

Questi cambiamenti finiranno inevitabilmente per modificare il ritmo della vita della popolazione in generale e anche dei lavoratori migranti, sebbene alcuni impieghi non subiranno modifiche. Questo passaggio si è reso necessario prima di tutto per essere maggiormente in sintonia con il sistema del business globale e, dall’altro, è un tentativo per trovare una soluzione che possa soddisfare le tre grandi religioni monoteistiche: con la preghiera islamica del venerdì, per i musulmani, anche se ritardata rispetto al passato; gli ebrei non avranno difficoltà a rispettare il sabato; i cristiani potranno ritrovare la domenica. Per questo il vicariato d’Arabia ha già modificato il calendario delle messe domenicali, perché intendiamo insegnare ai nostri fedeli il valore e l’importanza del rispetto della domenica come giorno della risurrezione, con la celebrazione eucaristica”.  

Gli Emirati e il mondo del lavoro

Fra il 1971 e il 1999 era in vigore la settimana lavorativa di sei giorni, con il solo venerdì (islamico) dedicato al riposo per disposizione governativa. Nel 1999 viene aggiunto il giovedì, per dare vita a un fine settimana di due giorni. Un nuovo cambiamento, e ultimo in ordine di tempo prima della rivoluzione targata 2022, è avvenuto nel 2006 quando si è passati dal giovedì-venerdì al pattern basato sul venerdì e il sabato. Il settore privato, e il mondo della scuola pubblica e paritaria hanno modificato il calendario adattandosi alle disposizioni governative nel settembre dello stesso anno. 

Alla base dell’attuale cambiamento vi è il tentativo di allinearsi ai mercati globali, in una fase di grande espansione dell’economia locale; una crescita trainata anche da ExpoDubai2020, rassegna che registra un saldo positivo pur in una fase difficile caratterizzata dal perdurare dell’emergenza sanitaria innescata dalla pandemia di Covid-19. Le amministrazioni di Dubai e Abu Dhabi guidano il cambiamento, sottolineando che gli impiegati adotteranno gli stessi orari e le scuole applicheranno a breve il medesimo schema. La decisione, spiega in una nota il dipartimento media del governo degli Emirati, “allineerà ancora meglio [il Paese] ai mercati mondiali, riflettendo lo status strategico nella mappa economica globale”. Esso, inoltre, garantirà “un aumento della produttività e il miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata”.

Impatto economico e reazioni

Analisti ed esperti ritengono che il cambiamento introdotto negli Emirati avrà effetti ben superiori alla semplice produttività in una nazione leader non solo nella regione, ma in tutto il mondo. Un Paese che oggi si piazza al 13mo posto nel mondo per qualità del lavoro, con Dubai e Abu Dhabi rispettivamente al terzo e al quinto posto della speciale classifica che prende in considerazione città e metropoli. Di conseguenza, passare a un fine settimana allineato con i mercati e le economie internazionali significa che attività e transazioni potranno essere gestite in modo più fluido e razionale. Inoltre, diventerà ancor più attraente per la forza lavoro globale, considerando il fatto che già oggi gli Emirati ospitano immigrati da oltre 80 nazioni e annoverano una popolazione di espatriati (perlopiù integrata) più elevata rispetto ai suoi stessi cittadini, vantando anche imprenditori di primo piano e alcuni fra i migliori talenti nell’economia e nell’innovazione. 

Più in generale implica anche un allineamento globale in settori quali i viaggi e il turismo, che potranno anch’essi trarre maggiori benefici. Lo stesso vale per le multinazionali che vogliono aprire una loro sede nella regione, in una fase di grande espansione e di agguerrita concorrenza da parte dell’alleato (e rivale) Arabia Saudita, che ha impresso una spinta riformatrice - soprattutto in campo economico e nell’intrattenimento - sotto la leadership del principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs). In tema di banche, che sono il centro di tutte le negoziazioni e transazioni finanziarie, gli istituti degli Eau diventeranno ora concorrenti e partner più forti nel panorama globale. In definitiva, questa transizione aiuterà il Paese a ottenere vantaggi competitivi e rifletterà “l’equilibrio flessibile” tra lavoro e vita privata che esso è in grado di offrire ai propri cittadini e, più in generale, anche ai lavoratori migranti. 

A livello di popolazione, la rivoluzione decisa dalle autorità ha raccolto pareri discordanti, anche se è presto per esprimere un giudizio definitivo soprattutto fra quanti sono più legati alle tradizioni religiose islamiche. Un internauta ha espresso il proprio disappunto su twitter, parlando di “scelta sbagliata […] il mio corpo e la mia mente si sono pienamente acclimatati ad avere il venerdì libero” e per il futuro adeguarsi “sarà una dura lotta”. Anche una 22enne di origini britanniche, Rachel King, che vive da tempo a Dubai dice di preferire il “riposo al venerdì” che è “tutto quello che conoscevamo e che amavamo”. Tuttavia, le moschee a prima vista sono sembrate gremite come sempre, con la differenza che alcuni fedeli dopo aver arrotolato i tappetini al termine della preghiera sono rientrati in ufficio. Fati, una madre di famiglia che lavora in una società di distribuzione internazionale è soddisfatta perché “ora ho gli stessi giorni liberi dei miei figli” ma “non è così per mio marito” il quale lavora per una multinazionale che non ha cambiato orario: “Spero lo facciano in fretta - conclude - altrimenti la nostra vita familiare sarà rovinata”. Infine l’emirato di Sharjah, vicino a Dubai, che in una sintesi estrema dice di aver trovato una soluzione semplice: imporre venerdì, sabato e domenica come festivi, con un fine settimana di tre giorni.

 

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