05/07/2025, 11.00
VIETNAM - USA - CINA
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Hanoi in crescita economica, ma i nuovi dazi USA preoccupano Pechino e le filiere asiatiche

Nel secondo trimestre del 2025 il PIL vietnamita accelera al 7,96% grazie al boom dell’export. Il nuovo accordo commerciale con gli Stati Uniti rafforza il clima di fiducia, ma la clausola sui prodotti che provengono dalla Cina e poi vengono esportati dal Vietnam rischia di colpire l’intera catena produttiva regionale.

Hanoi (AsiaNews) – Il Vietnam ha registrato un’accelerazione economica significativa nel secondo trimestre del 2025, con un PIL in crescita del 7,96% su base annua, rispetto al 6,93% del primo trimestre. A trainare questa performance sono state soprattutto le esportazioni, aumentate del 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un valore complessivo di 116,93 miliardi di dollari, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica. Il commercio estero ha generato anche un avanzo commerciale di 4,41 miliardi di dollari.

Un risultato incoraggiante che arriva pochi giorni dopo l’annuncio di un accordo commerciale tra Vietnam e Stati Uniti, che ha (in parte) dissipato i timori legati ai dazi statunitensi. Il presidente Donald Trump ha infatti deciso di imporre un dazio del 20% sulle esportazioni vietnamite, molto più basso rispetto al 46% minacciato inizialmente. In cambio, Hanoi prevede di azzerare i dazi su beni importati dagli Stati Uniti e offrire un accesso preferenziale ai prodotti agricoli e industriali americani nel mercato vietnamita.

L’accordo -i cui dettagli non sono ancora stati resi noti pubblicamente - cela però un’altra clausola che potrebbe provocare problemi ai mercati asiatici: i beni considerati “trasbordati” (transshipped) attraverso il Vietnam da altri Paesi (come la Cina) saranno soggetti a un dazio del 40%. Si tratta di una misura pensata per contrastare l’elusione tariffaria che avviene attraverso la triangolazione commerciale, una pratica iniziata negli anni scorsi dopo l’inasprimento delle tariffe nei confronti di Pechino.

Il problema è che, in Asia, le catene di approvvigionamento sono fortemente integrate: molte merci assemblate in Vietnam contengono componenti o materie prime provenienti dalla Cina. Se tutti questi prodotti venissero considerati “trasbordati”, le ripercussioni sarebbero gravi non solo per il Vietnam, ma per l’intera regione. Secondo gli analisti di Nomura, società di investimenti giapponese, la nuova definizione di “transshipment” potrebbe compromettere fino all’1,7% del PIL vietnamita, oltre allo 0,8% del PIL cinese, lo 0,7% di quello thailandese e lo 0,6% di Corea del Sud e Malesia.

Il rischio, secondo gli esperti, è che gli Stati Uniti estendano misure simili ad altri Paesi asiatici, facendo salire la tariffa dal 10% attualmente in vigore al 15,5% per l’intera regione. Le difficoltà di certificare l’origine dei beni con regole chiare e l’assenza di un ecosistema produttivo completamente autonomo dalla Cina potrebbero rendere difficile per molte aziende evitare i dazi più alti. 

Nonostante ciò, il governo vietnamita si mostra ottimista. Fitch Solutions, società che analizza dati finanziari, prevede che investimenti ed export resteranno solidi nel 2025, stimando una crescita del PIL del 6,4%. Da tempo il Paese ha deciso di provare a riqualificare la propria industria, spostandosi verso produzioni a maggior valore aggiunto come semiconduttori e tecnologie avanzate.

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