12/12/2023, 10.39
INDIA
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I cristiani dopo la sentenza sul Kashmir: 'Ora si promuova sviluppo per tutti'

di Nirmala Carvalho

Sr. Maria Suzette, della congregazione del Carmelo apostolico che ha vissuto nella regione contesa a maggioranza musulmana per 16 anni, racconta la sua esperienza ad AsiaNews. Ieri un collegio costituzionale ha emesso un verdetto in base al quale la revoca dell'autonomia del Kashmir nel 2019 è stato un atto legittimo da parte del governo guidato da Narendra Modi.

Srinagar (AsiaNews) - “Se da una parte accetto il verdetto della Corte suprema sul Kashmir, dall’altra spero che i giovani che vivono nella regione vengano educati a diventare buoni cittadini e che le persone comuni possano vivere in pace”. Sono queste le parole di sr. Maria Suzette, della congregazione del Carmelo apostolico, dopo che ieri un collegio costituzionale formato da cinque giudici ha decretato che il governo indiano ha agito legalmente nel 2019 quando ha revocato l’autonomia del Jammu e Kashmir, garantita dall’articolo 370 della Costituzione.

Il collegio, con a capo il giudice D.Y. Chandrachud, ha decretato che l'articolo 370 era una disposizione temporanea “necessaria a causa delle condizioni di guerra nello Stato” e non aveva come scopo lo sviluppo di una “sovranità interna”, si legge nella sentenza. Lo status speciale era da considerarsi “una caratteristica di federalismo asimmetrico, non di sovranità”, ha specificato il tribunale. Tuttavia, nel suo verdetto, la Corte suprema non si è espressa sulla validità di quello che viene chiamato Jammu and Kashmir Reorganisation Act, la legge del 2019 che prevede che il Jammu e il Kashmir entrino a far parte dell’Unione indiana in qualità di due Stati separati. Ha però ordinato che vengano indette elezioni locali entro settembre 2024.

La regione storica del Kashmir è dalla seconda metà degli anni ‘40 contesa tra l’India e il Pakistan, che ne gestiscono parti differenti (anche la Cina ne controlla una sezione molto piccola). La parte amministrata dall’India ospita 12 milioni di persone, per il 70% di fede islamica, rendendo il territorio l’unico a maggioranza musulmana di tutto il Paese. Nel 1949 le Nazioni unite avevano chiesto al Pakistan, che voleva annettere il territorio, di ritirare le proprie truppe, e all’India di organizzare un referendum in modo che i cittadini kashmiri potessero decidere liberamente se legarsi a New Delhi o a Islamabad. Nessuna delle due eventualità si è mai realizzata: nel tempo sono invece sorti gruppi di islamisti ribelli che hanno attaccato l’esercito indiano e oggi, con circa 130mila soldati indiani, il Kashmir è il territorio più militarizzato al mondo. Nel 2019 il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi ha smantellato il Parlamento locale dopo aver imposto un blackout delle comunicazioni, aver arrestato centinaia di attivisti e aver confinato in casa diversi ex capi di governo locali, annettendo di fatto la regione.

Sr. Maria Suzette ha vissuto tutti questi avvenimenti in prima persona, avendo lavorato in Jammu e Kashmir per 16 anni: “Come educatrice ho assistito alla mancanza di strutture per affinare sia le capacità fisiche sia mentali dei giovani”. La suora del Carmelo apostolico è stata vice preside della Burn Hall School di Srinagar, un istituto sotto l'amministrazione della diocesi del Jammu e Kashmir. “Siamo fiduciosi che questo verdetto della Corte suprema porti sviluppo e progresso a tutti, specialmente ai deboli, ai poveri e ai vulnerabili della società”.

Interpellata da AsiaNews sulla sua esperienza di vice preside, suor Suzette ha raccontato: “I bambini del Kashmir sono brillanti, ma le incertezze legate al territorio disturbano il ritmo della loro vita. Durante il mio periodo alla Burn Hall School abbiamo fatto del nostro meglio per mantenere gli studenti in contatto con la vita scolastica attraverso diverse attività”. Inoltre, ha continuato la religiosa, è stata posta enfasi sull’insegnamento della lingua kashmira: “Ho spesso insistito e ordinato agli insegnanti di fare in modo che gli studenti imparino il kashmiro, come deve essere fatto per le culture e le lingue indigene. Una persona senza conoscenza della sua lingua o cultura è un essere umano senza un piedistallo adeguato”. Oggi suor Suzette lavora come preside all'Apostolic Carmel and Junior College, a Bandra, Mumbai. “In Kashmir i genitori erano cooperativi. Noi educatori abbiamo fatto del nostro meglio per guidare i bambini a formulare la propria visione”.

Riguardo alla sentenza, mons. Ivan Pereira, vescovo di Jammu-Srinagar, ha detto ad AsiaNews che qualunque cosa affermi la Corte suprema questa “è accolta con favore”. 

“Qualunque decisione presa nel più ampio interesse della pace in Jammu e Kashmir dovrebbe essere benvenuta da tutti”, ha commentato invece Sydney Rath, un cattolico del Kashmir.

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