11/11/2025, 12.07
GIAPPONE
Invia ad un amico

I giovani di Tokyo sempre più chiusi nei loro confini

di Andrea Ferrario

Solo il 17,5% dei giapponesi possiede oggi un passaporto valido. Uno specchio della debolezza dello yen ma anche del ripiegamento forzato su se stessi delle nuove generazioni. Per far fronte all'isolamento sempre più diffuso nascono nuove iniziative di solidarietà, così come risposte aziendali o tecnologiche. Ma in un quadro sociale che resta bloccato.

Milano (AsiaNews) - Tra le grandi economie più avanzate, il Giappone è oggi uno dei Paesi più restii a guardare oltre i propri confini. Solo il 17,5% dei cittadini possiede un passaporto valido, una percentuale in costante calo che contrasta con quella di Corea del Sud e Taiwan, dove supera rispettivamente il 40 e il 60%. La spiegazione più immediata e semplicistica è quella della svalutazione dello yen e del crescente costo dei viaggi internazionali; ma dietro questi fattori si intravede una tendenza più profonda, segnata da un crescente ripiegamento verso l’interno. Non è solo la mobilità internazionale a diminuire, ma anche la disponibilità a partecipare alla vita collettiva, a impegnarsi fuori dagli spazi privati o aziendali. Il disinteresse per il mondo esterno sembra riflettere un senso diffuso di stanchezza e disillusione, che attraversa in particolare le generazioni più giovani.

Questo atteggiamento emerge in forme solo in apparenza slegate tra loro. Oltre il 40% delle persone tra i 20 e i 34 anni dichiara di non avere amici con cui parlare dei propri problemi, secondo un'indagine del Ministero degli interni giapponese del 2022 e nella stessa fascia d'età, il 70% degli uomini e il 60% delle donne non hanno una relazione sentimentale. Chi tra di loro lavora nelle grandi aziende tecnologiche si trova a gestire fino a ottanta ore di straordinari al mese, di cui solo le prime quaranta vengono retribuite, mentre il resto viene classificato come "straordinario di servizio". Una giovane lavoratrice intervistata dalla rivista Aera ha descritto la routine mattutina di molti suoi colleghi come un esercizio di "gestione delle espressioni", in cui il volto stanco si trasforma in un sorriso professionale appena varcata la soglia dell'ufficio.

Questi comportamenti vengono spesso interpretati come manifestazioni di apatia o individualismo, ma in realtà sono una strategia di adattamento a un sistema economico che ha smesso di fornire certezze. Il modello del lavoro a vita in una sola azienda, quello che garantiva sicurezza e progressione salariale basata sull'anzianità, ha ceduto il passo a forme di impiego sempre più precarie. La percentuale di lavoratori a tempo indeterminato è scesa dall'81% del 1990 al 63% del 2021, mentre nella fascia 20-34 anni i contratti flessibili sono passati dal 17% al 36%. Quando l'economia non riesce più a offrire stabilità, le persone tendono a ridurre al minimo i rischi emotivi ed economici, calcolando con attenzione ogni forma di impegno.

Dalla solitudine alla solidarietà

Il progressivo ripiegamento individuale che caratterizza la società giapponese non esclude però la nascita di nuove forme di solidarietà e azione collettiva. Negli ultimi anni, diverse organizzazioni giovanili e gruppi locali hanno cercato di rispondere al crescente senso di isolamento e precarietà con iniziative che uniscono sostegno materiale e consapevolezza politica. Un esempio è quello della POSSE, nata come organizzazione studentesca e oggi attiva in varie città, che offre consulenze gratuite a lavoratori precari e gestisce una rete di distribuzione alimentare per chi si trova in difficoltà economica. Attraverso queste attività, POSSE combina assistenza immediata e sensibilizzazione sui diritti del lavoro, creando spazi di ascolto e di partecipazione per giovani, migranti e persone escluse dai circuiti di sicurezza sociale.

Parallelamente, la stessa organizzazione ha sviluppato progetti di agricoltura condivisa e recupero alimentare, che puntano a costruire forme di autosufficienza e di collaborazione locale. Tali esperienze cercano di contrastare la logica del mercato, valorizzando prodotti scartati e promuovendo la distribuzione diretta. La coltivazione collettiva diventa così un modo per riflettere sulle fragilità del sistema economico e sulle disuguaglianze ambientali, attirando studenti, giovani lavoratori e professionisti del settore agricolo. Attorno a tali iniziative prende forma una nuova idea di impegno civile, radicata nella solidarietà concreta e più immediata delle tradizionali campagne rivendicative.

Mentre queste esperienze si radicano su scala locale, una parte della stessa energia giovanile cerca espressione nella sfera politica, ma seguendo direzioni di segno molto diverso. Proprio nel momento in cui le strutture sociali e politiche tradizionali si indeboliscono, si registra infatti tra i giovani giapponesi un rinnovato interesse per la partecipazione elettorale. Questa spinta, tuttavia, non si traduce in un rafforzamento dei partiti più progressisti, ma alimenta l’ascesa delle forze di estrema destra come il Partito Democratico per il Popolo e Sanseito, che hanno raccolto un consenso significativo tra gli under 40. Il loro successo riflette il malessere di una generazione che si percepisce priva di rappresentanza e attratta da messaggi che promettono protezione e riscatto, sebbene si fondino su retoriche nazionaliste o antipluraliste.

Un simile meccanismo aveva già caratterizzato la stagione dell’ex premier Shinzo Abe, capace di presentarsi come innovatore e difensore dei giovani pur restando strettamente legato agli interessi dei grandi gruppi economici e burocratici. La retorica del cambiamento che aveva accompagnato i suoi governi, e che oggi viene riproposta in forme più radicali dai nuovi partiti, rischia di tradurre l’insoddisfazione giovanile in un consenso che consolida, anziché scalfire, le gerarchie di potere esistenti.

Risposte parziali al disagio

Che il desiderio di rinnovamento sia comunque diffuso lo conferma il fatto che alcune aziende giapponesi abbiano cercato di rispondere alla crisi del rapporto tra lavoratori e management introducendo sistemi di partecipazione interna che simulano una redistribuzione del potere. In imprese come Nobitel, che gestisce centri di stretching, i dipendenti eleggono i dirigenti tramite voto elettronico, mentre in un’azienda come la Sakura Kozo di Sapporo i lavoratori possono valutare i propri superiori e chiedere il trasferimento a un’altra sezione. Queste misure hanno contribuito a ridurre il turnover e a migliorare il clima aziendale, ma non incidono sulla natura precaria dei rapporti di lavoro. La possibilità di scegliere un capo o di partecipare alla valutazione gerarchica non modifica il fatto che molti restino vincolati a contratti a termine e salari stagnanti. Il problema di fondo rimane la trasformazione strutturale del mercato del lavoro giapponese, dove la fine del modello dell’impiego stabile ha eroso le tutele senza creare nuove forme credibili di sicurezza economica.

In parallelo alle sperimentazioni aziendali, anche il ricorso all’intelligenza artificiale è stato presentato come una risposta alla solitudine e al disagio sociale. Nella città di Hachioji, alla periferia di Tokyo, un programma pilota ha introdotto un chatbot pensato per offrire compagnia ai residenti più isolati, con risultati che hanno attirato attenzione nazionale. Esperimenti simili, pubblici e privati, promuovono assistenti virtuali in grado di condurre interazioni emotive simulate. Tuttavia, dietro l’immagine di un’innovazione “umana” e rassicurante, questi strumenti riproducono una logica analoga a quella delle riforme aziendali partecipative, proponendo soluzioni individuali a problemi collettivi e sostituendo la relazione reale con un contatto artificiale. Anche le iniziative che ne esaltano il potenziale terapeutico, come i progetti universitari per stimolare la memoria negli anziani, evitano di affrontare la causa profonda, ossia la progressiva perdita di spazi e legami sociali autentici.

Il quadro complessivo restituisce l’immagine di una società in cui la solidarietà si frammenta in tentativi isolati e spesso contraddittori. Le iniziative dal basso riescono a offrire sostegno immediato, ma restano ai margini, mentre le innovazioni aziendali e tecnologiche, pur presentate come soluzioni, finiscono per adattarsi alla logica della precarietà anziché superarla. In questo contesto, l’apparente distacco delle nuove generazioni non è segno di indifferenza, ma una risposta a suo modo lucida di fronte a un sistema che non offre prospettive adeguate.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Olimpiadi di Tokyo: 'Il mio Giappone guardando avanti'
24/07/2021 09:00
Tokyo 2020, Cio: le Olimpiadi si terranno ‘con o senza Covid-19’
07/09/2020 11:09
Tokyo 2020, bagni transgender negli impianti olimpici
28/02/2017 14:07
Tokyo, le religiose riflettono sulla missione (Foto)
15/01/2019 11:34
Tokyo: triplicati i casi di Covid-19 durante le Olimpiadi
18/08/2021 13:16


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”