Mamdani sindaco a New York. Un segnale anche per Delhi?
Nel suo discorso della vittoria il giovane politico musulmano ha citato le parole pronunciate da Nehru in occasione dell'indipendenza dell'India insieme alla musica di Bollywood, rivendicando il legame con il Paese d'origine dei suoi genitori. Incarna un'immagine dell'islam opposta agli stereotipi diffusi dai nazionalisti indù. E a Delhi "The Wire" si chiede: la sua agenda sociale può offrire un modello alternativo anche alla ricetta economica di Modi?
New York (AsiaNews/Agenzie) – “C’è un momento che arriva raramente nella storia: quello in cui passiamo dal vecchio al nuovo”. Per celebrare la sua storica vittoria stanotte Zohran Mamdani - l’outsider 34enne diventato dopo una travolgente campagna elettorale incentrata sulle questioni sociali il primo sindaco musulmano di New York - ha voluto lanciare subito un messaggio anche all’India, la terra delle sue radici. Il figlio dell’antropologo indiano Mahmood Mamdani - docente alla Columbia University che si è a lungo occupato di studi post-coloniali in Africa dopo aver vissuto in Uganda e Tanzania - e di Mira Nair, la regista di Salaam Bombay, ha voluto far sue le parole dell'"Appuntamento con il destino", il discorso di mezzanotte con il quale il primo ministro Jawaharlal Nehru, il 14 agosto 1947, salutò l’indipendenza dell’India con la fine del regime coloniale britannico.
“Quando un’epoca finisce e l’anima di una nazione trova voce. Stasera passiamo dal vecchio al nuovo”, ha detto Mamdani commentando le parole di Nehru. Ma a galvanizzare probabilmente ancora di più chi in India e in tutta la diaspora indiana lo stava osservando, sono state le note di Dhoom machale - colonna sonora del film del 2004 divenuta una sorta di inno di Bollywood - fatte partire alla fine di quello che è il discorso più importante della sua carriera politica. Rivendicazione a tutto tondo della sua identità indiana, dunque, proprio nel momento in cui la comunità indo-americana è alle prese con la stagione più difficile della sua storia recente, dopo le politiche restrittive di Trump sui visti e la guerra dei dazi durissima anche con Delhi.
Da oggi è il nuovo sindaco di New York, l’area metropolitana che conta la più vasta comunità di americani originari del subcontinente (oltre 650mila solo nella Grande Mela). Ma viene spontaneo chiedersi anche quale riflesso potrebbe avere sull’India questa sua ascesa nel panorama politico americano. A domandarselo è oggi a Delhi il sito The Wire, di orientamento progressista, che prova a concentrarsi proprio su alcuni tratti significativi della vittoria di Mamadani per il contesto indiano.
Il primo è ovviamente il suo essere musulmano. “Incarna una forma di identità politica musulmana - osserva The Wire - che sfida gli stereotipi su cui il Bharatiya Janata Party e forze simili fanno affidamento per dipingere i musulmani come fondamentalisti o separatisti. È un musulmano praticante che parla apertamente della propria fede, pur sostenendo al tempo stesso il socialismo democratico laico, le cause femministe e i diritti LGBTQ. Lo stesso discorso davanti a una moschea del Bronx, in cui ha parlato delle umiliazioni subite dai musulmani a New York dopo l’11 settembre, ha mostrato vulnerabilità e impegno civico piuttosto che estremismo religioso”.
C’è poi il background familiare composito - con il padre, musulmano del Gujarat che ha vissuto nell’Uganda di Museveni l’esperienza delle diaspore indiane, e la madre regista di Delhi. “Per gli indiani che conoscono le complessità dell’identità diasporica e gli effetti persistenti delle strategie coloniali britanniche di divisione e dominio - osserva The Wire - l’eredità mista di Mamdani rappresenta un rifiuto del nazionalismo etnico ristretto”.
In questa direzione va anche la critica aperta di Mamdani a Modi e all’ideologia dell’hindutva: “Per il pubblico indiano, in particolare per coloro preoccupati dall’erosione del pluralismo laico sotto Modi – osserva il sito di Delhi - la disponibilità di Mamdani, come politico musulmano, a difendere una visione pluralistica dell’India pur affermando la propria identità musulmana, rappresenta un modello. Rifiuta la scelta tra assimilazione e separatismo, affermando invece che la diversità stessa debba essere celebrata e protetta”.
La stessa forte presa di posizione in favore della causa palestinese e della martoriata popolazione di Gaza - che tanti strali ha suscitato a Tel Aviv - in India fa da contraltare alle ambiguità di Modi e dei grandi magnati indiani, che sempre più spesso negli ultimi anni hanno fatto intese politiche e affari con il governo Netanyahu in Israele.
Anche guardando dall'India, però, sarà probabilmente l’agenda sociale il vero banco di prova di Mamdani. “Per il pubblico indiano familiare con le eredità dello stato sociale dell’era pre-liberalizzazione, ora smantellate attraverso la privatizzazione - osserva The Wire - l’abbraccio senza compromessi di Mamdani all’intervento statale nei mercati per garantire i bisogni fondamentali richiama una tradizione sociale democratica più antica. Il suo successo suggerisce che il populismo economico incentrato sulla redistribuzione può ancora vincere le elezioni se espresso con chiarezza e passione”. Perché alla fine è stata la crescita economica e delle infrastrutture il vero motore di Modi. Ed è su quel terreno che tuttora a Delhi manca un’alternativa percorribile.
25/06/2025 13:44
05/01/2021 12:23





