09/09/2004, 00.00
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I vescovi cattolici contro uno stato islamico

di Paolo Nicelli
La difficile identità della Malaysia: una maggioranza islamica tentata dalla Sharià; uno stato laico multirazziale che difende la libertà religiosa. E i vescovi sostengono il nuovo primo ministro, il moderato Abdullâh Badawi.

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Da diversi mesi si discute in Malaysia di un caso di violazione della libertà religiosa. Shamala, una non cristiana madre di due figli, ha chiesto giustizia alla Corte suprema perchè i suoi due figli sono stati convertiti con la forza all'Islam senza il suo consenso e senza che lei ne sapesse nulla. Ma la Corte non ha voluto nemmeno sentirla giudicandosi "incompetente" sulla materia e rimandando la cosa alla Corte federale della Sharî'a (Majlis Agama Islâm Wilayah Persekutuan). I legali della donna si sono opposti: secondo loro la Corte della Sharià non ha giurisdizione sulla donna perché essa non è musulmana. Così Shamana è stata lasciata sola, il suo caso in sospeso, a causa di un conflitto fra due sistemi giuridici.

In Malaysia operano due sistemi: uno federale e civile regolato dalla Costituzione federale; l'altro di tipo giuridico religioso che dovrebbe essere competente solo per i musulmani. Nel caso di Shamala, la Corte suprema si astiene dal giudicare; la Corte della Sharî'a darebbe senz'altro ragione al marito che, in quanto musulmano, ha fatto convertire i figli all'Islâm.

Proprio per questo i vescovi cattolici, insieme ad organizzazioni non governative, hanno preso a cuore il caso di Shamala. In un documento pubblicato di recente hanno fatto notare che, nel caso di matrimoni misti tra musulmani ed appartenenti ad altre religioni, si verificano problemi per la parte più debole, cioè quella non musulmana. Le difficoltà vengono dal fatto che la parte non musulmana, pur difesa in teoria dalle leggi dello stato,  per gli aspetti religiosi viene a essere giudicata da una Corte che privilegia di fatto la parte musulmana a discapito dell'altra.

Va detto che la Malaysia è una monarchia costituzionale di tipo federale.  L'Islâm è considerata la religione della Federazione, ma le altre religioni (cristianesimo, buddismo, induismo, sikkismo, taoismo, sciamanesimo, religioni tradizionali animiste), possono essere praticate in pace e in armonia. La costituzione garantisce piena libertà religiosa e addirittura predica che "nessuna persona può ricevere un istruzione o prendere parte ad alcuna cerimonia o atto di culto di una religione che non sia la sua" e che "la religione di una persona  sotto l'età di 18 anni deve essere decisa dai suoi parenti o custodi" (art 12/3 e 4).

Su queste basi i vescovi della Malaysia dichiarano che  "non è nell'interesse del figlio" che un genitore lo converta e gli faccia cambiare religione senza che l'altro genitore ne sappia nulla.

 E per questo sollecitano il governo ed il parlamento a promulgare leggi in cui i diritti costituzionali di libertà di religione e i diritti dei genitori siano sostenuti e protetti dalla Corte.

L'impegno dei vescovi va più in là del caso specifico della madre non musulmana: esso investe la stessa concezione dello stato. "Quando è stata fondata la Malaya  [il nome della Malaysia al tempo dell'indipendenza – ndr].., vi fu un contratto sociale tra le comunità delle differenti razze e religioni, custodito nella nostra Costituzione". In essa si precisa che "mentre l'Islâm è la religione della nazione, la Malaysia è uno stato secolare che garantisce la libertà di religione". Proprio per questo i vescovi sottolineano che la legge islamica non può diventare una legge dello stato: "[affermare] che l'Islâm è la religione della Federazione non vuol dire estendere l'applicazione della Sharî'a alla sfera della legge pubblica... Noi rigettiamo ogni regolamento o dichiarazione governativa  [che definisca] la Malaysia uno Stato Islamico, o un paese in cui tale descrizione implichi l'uso della Sharî'a nella legge pubblica e nei regolamenti governativi".

Il doppio registro della società malaysiana – quello secolare e quello islamico – creano discriminazione verso i non musulmani in problemi legati a conversione, giurisdizione delle Corti, proprietà, eredità. Questo fa aumentare rabbia  e risentimento delle minoranze religiose verso la maggioranza musulmana.

Per evitare un conflitto religioso, mons. Murphy Pakiam, arcivescovo di Kuala Lumpur, ha chiesto ai cristiani di essere un fattore positivo nella società malaysiana e di sostenere l'opera del nuovo primo ministro, Datuk Seri Abdullâh Ahmad Badawi.

Parlando il giorno della festa dell'Indipendenza, il 31 agosto scorso, mons. Murphy, ha ricordato che Badawi sta sottolineando di continuo la "moderazione" e il "dialogo tra culture" e religioni. E questo proprio perchè in Malaysia vengano eliminati "il fondamentalismo razziale e religioso" che porta al "radicalismo violento".

Cercando di definire se stesso nel discorso tenuto al Consiglio ecumenico mondiale delle chiese, Badawi ha detto di essere: "un musulmano che vuole parlare a tutti i malaysiani, musulmani e non musulmani; uno che  considera suo dovere  il propagare un messaggio di tolleranza in mezzo a tutto il popolo, specialmente tra la maggioranza musulmana".

Per Badawi, con tutti i problemi che l'umanità  e la Malesia in particolare vivono, coloro che amano la pace e la tolleranza devono essere come "fari di speranza", dove la religione deve far uscire dagli uomini ciò che c'è di buono e non ciò che c'è di cattivo. Le guerre e gli atti di terrore non devono essere combattuti nel nome della religione, ma questa deve guidare gli uomini verso la soluzione dei conflitti, verso la pace, e verso un più equo ordine mondiale.

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