29/10/2023, 14.14
ECCLESIA IN ASIA
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Il Sinodo e le culture: una Chiesa da 'ogni tribù, lingua, popolo e nazione'

La prima sessione dell'Assemblea sinodale si è conclusa con la votazione della relazione di sintesi che su tante questioni evidenzia convergenze, questioni aperte e proposte emerse durante i lavori a Roma. Dal documento pubblichiamo il capitolo 5 dedicato al tema del rapporto tra missione e inculturazione, molto significativo per tante realtà dell'Asia. Indicata a tutto il mondo l'immagine tipicamente asiatica del "togliersi le scarpe" per andare incontro all'altro.

Città del Vaticano (AsiaNews) - La Messa presieduta da papa Francesco che ha chiuso questa mattina la prima parte dell'Assemblea sinodale è stata preceduta ieri sera dall'approvazione da parte dei membri dell'Assemblea (vescovi e per la prima volta anche una rappresentanza di sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne provenienti da tutto il mondo) della relazione di sintesi, che riassume i contenuti di questo mese di discussioni e Roma. Si tratta di un testo lungo e articolato di 42 pagine che per ben 20 grandi questioni individua una serie di "convergenze, questioni aperte e proposte emerse". Dal documento pubblichiamo il capitolo 5 dedicato al tema del rapporto tra missione e inculturazione, molto significativo per tante realtà dell'Asia. 

 

Una Chiesa da «ogni tribù, lingua, popolo e nazione»

Convergenze

a) I cristiani vivono all’interno di culture specifiche, portando dentro di esse Cristo nella Parola e nel Sacramento. Impegnandosi nel servizio della carità accolgono con umiltà e gioia il mistero di Cristo che già li attende in ogni luogo e in ogni tempo. In questo modo diventano una Chiesa da «ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9).

b) I contesti culturali, storici e regionali in cui la Chiesa è presente rivelano bisogni spirituali e materiali differenti. Questo plasma la cultura delle Chiese locali, le loro priorità missionarie, le preoccupazioni e i doni che ciascuna di loro porta al dialogo sinodale, e i linguaggi con cui si esprime. Durante i giorni dell’Assemblea abbiamo potuto fare esperienza diretta, e per lo più gioiosa, della pluralità delle espressioni dell’essere Chiesa.

c) Le Chiese vivono in contesti sempre più multiculturali e multireligiosi, in cui è essenziale l’impegno nel dialogo tra religione e cultura insieme agli altri gruppi che costituiscono la società. Vivere la missione della Chiesa in questi contesti richiede uno stile di presenza, servizio e annuncio che cerca di costruire ponti, coltivare la comprensione reciproca e impegnarsi in un’evangelizzazione che accompagna, ascolta e impara. Più volte nell’Assemblea è risuonata l’immagine di “togliersi le scarpe” per andare all’incontro con l’altro da pari a pari, come segno di umiltà e rispetto per uno spazio sacro.

d) I movimenti migratori sono una realtà che rimodella le Chiese locali come comunità interculturali. Spesso migranti e rifugiati, molti dei quali portano le ferite dello sradicamento, della guerra e della violenza, diventano una fonte di rinnovamento e arricchimento per le comunità che li accolgono e un’occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane. Di fronte ad atteggiamenti sempre più ostili nei confronti dei migranti, siamo chiamati a praticare un’accoglienza aperta, ad accompagnarli nella costruzione di un nuovo progetto di vita e a costruire una vera comunione interculturale tra i popoli. Il rispetto per le tradizioni liturgiche e le pratiche religiose dei migranti è parte integrante di un’autentica accoglienza.

e) I missionari hanno dato la vita per portare la Buona Notizia in tutto il mondo. Il loro impegno dà una eloquente testimonianza della forza della Vangelo. Tuttavia, particolare attenzione e sensibilità sono necessarie in contesti in cui “missione” è una parola carica di un retaggio storico doloroso, che oggi ostacola la comunione. In alcuni luoghi l’annuncio del Vangelo è stato associato alla colonizzazione e persino al genocidio. Evangelizzare in questi contesti richiede di riconoscere gli errori compiuti, di apprendere una nuova sensibilità a queste problematiche e di accompagnare una generazione che cerca di forgiare identità cristiane al di là del colonialismo. Il rispetto e l’umiltà sono atteggiamenti fondamentali per riconoscere che ci completiamo a vicenda e che l’incontro con culture diverse può arricchire il vivere e il pensare la fede delle comunità cristiane.

f) La Chiesa insegna la necessità e incoraggia la pratica del dialogo interreligioso come parte della costruzione della comunione tra tutti i popoli. In un mondo di violenza e frammentazione, appare sempre più urgente una testimonianza dell’unità dell’umanità, della sua origine comune e del suo destino comune, in una solidarietà coordinata e fraterna verso la giustizia sociale, la pace, la riconciliazione e la cura della casa comune. La Chiesa è consapevole che lo Spirito può parlare attraverso la voce di uomini e donne di ogni religione, convinzione e cultura.

Questioni da affrontare

g) Occorre coltivare la sensibilità per la ricchezza della varietà delle espressioni dell’essere Chiesa. Questo richiede la ricerca di un equilibrio dinamico tra la dimensione della Chiesa nel suo insieme e il suo radicamento locale, tra il rispetto del vincolo dell’unità della Chiesa e il rischio dell’omogeneizzazione che soffoca la varietà. I significati e le priorità variano tra contesti diversi e questo richiede di identificare e promuovere forme di decentramento e istanze intermedie.

h) Anche la Chiesa è colpita dalla polarizzazione e dalla sfiducia in ambiti cruciali, come la vita liturgica e la riflessione morale, sociale e teologica. Dobbiamo riconoscerne le cause attraverso il dialogo e intraprendere processi coraggiosi di rivitalizzazione della comunione e di riconciliazione per superarle.

i) Nelle nostre Chiese locali, a volte sperimentiamo tensioni tra diverse modalità di intendere l’evangelizzazione, che si focalizzano sulla testimonianza di vita, sull’impegno per la promozione umana, sul dialogo con le fedi e le culture e sull’annuncio esplicito del Vangelo. Ugualmente emerge una tensione tra l’annuncio esplicito di Gesù Cristo e la valorizzazione delle caratteristiche di ciascuna cultura alla ricerca dei tratti evangelici (semina Verbi) che già contiene.

j) Tra le questioni da approfondire è stata indicata la possibile confusione tra il messaggio del Vangelo e la cultura dell’evangelizzatore.

k) L’estendersi di conflitti, con il commercio e l’uso di armi sempre più potenti, apre la questione, sollevata in diversi gruppi, di una più accurata riflessione e formazione a gestire i conflitti in modo non violento. Si tratta di un contributo qualificato che i cristiani possono offrire al mondo di oggi, anche in dialogo e in collaborazione con altre religioni.

Proposte

l) È necessaria una rinnovata attenzione alla questione dei linguaggi che utilizziamo per parlare alle menti e ai cuori delle persone in una grande diversità di contesti, in un modo che risulti accessibile e bello.

m) In vista della sperimentazione di forme di decentramento, occorre definire un quadro di riferimento condiviso per la loro gestione e la loro valutazione, identificando tutti gli attori coinvolti e i relativi ruoli. Per esigenze di coerenza, i processi di discernimento in materia di decentramento devono avvenire in stile sinodale, prevedendo il concorso e il contributo di tutti gli attori coinvolti ai diversi livelli.

n) Sono necessari nuovi paradigmi per l’impegno pastorale con le popolazioni indigene, nella linea di un cammino insieme e non di una azione fatta a loro o per loro. La loro partecipazione ai processi decisionali a tutti i livelli può contribuire a una Chiesa più vibrante e missionaria.

o) Dai lavori dell’Assemblea, emerge la richiesta di una migliore conoscenza degli insegnamenti del Vaticano II, del magistero postconciliare e della dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo bisogno di conoscere meglio le nostre diverse tradizioni per essere più chiaramente una Chiesa di Chiese in comunione, efficace nel servizio e nel dialogo.

p) In un mondo in cui il numero di migranti e rifugiati aumenta, mentre si riduce la disponibilità ad accoglierli, e in cui lo straniero è visto con crescente sospetto, è opportuno che la Chiesa si impegni con decisione nell’educazione alla cultura del dialogo e dell’incontro, combattendo il razzismo e la xenofobia, in particolare nei programmi di formazione pastorale. È ugualmente necessario impegnarsi in progetti di integrazione dei migranti.

q) Raccomandiamo un rinnovato impegno nel dialogo e nel discernimento in materia di giustizia razziale. Occorre identificare i sistemi che creano o mantengono l’ingiustizia razziale all’interno della Chiesa e combatterli. Si dia vita a processi di guarigione e riconciliazione per sradicare il peccato del razzismo, con l’aiuto di coloro che ne subiscono le conseguenze.

 

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