Il petrolio nero di Mosca nel bianco dell’Artico
Negli ultimi tre anni la Russia ha investito per lo sviluppo dellaVia marittima settentrionale quasi un miliardo e mezzo di dollari. L'obiettivo è passare dagli attuali 38 milioni di tonnellate di traffico a 220 milioni entro il 2035. Ma le condizioni atmosferiche comunque sempre estreme, le navi ormai arcaiche e soprattutto il carburante tossico utilizzato rendono questo ambizioso progetto un’avventura decisamente rischiosa.
Mosca (AsiaNews) - Il processo sempre più rapido di scongelamento del ghiaccio dell’Artico ha portato a un traffico sempre più intenso di navi da carico, pescherecci e turisti. La Russia considera la Via marittima settentrionale (Smp) come un corridoio di transito cruciale per il futuro, permettendo al Paese di rafforzare il proprio ruolo nei traffici internazionale, soprattutto dopo essere stata tagliata fuori dal classico corridoio continentale tra la Cina e l’Europa a causa delle sanzioni per l’invasione dell’Ucraina.
Negli ultimi tre anni per lo sviluppo dell’Smp sono stati investiti 138 miliardi di rubli, quasi un miliardo e mezzo di dollari. Le condizioni atmosferiche comunque sempre estreme, le navi ormai arcaiche e soprattutto il carburante tossico utilizzato stanno però trasformando questo ambizioso progetto in un’avventura decisamente rischiosa. I siti di Arktida e Novaja Gazeta hanno cercato di chiarire fino a che punto tutto questo potrebbe portare verso una catastrofe ecologica.
Lo scorso 13 ottobre la nave cinese da carico Istanbul Bridge ha attraccato a Felixstowe, il principale porto britannico sulle rive del mare del Nord, un evento storico che ha permesso di percorrere l’itinerario dell’estremo nord in 20 giorni, due volte più in fretta della rotta abituale da sud attraverso il canale di Suez. Il capitano della nave Chun Desheng ha dichiarato che “si è trattato del viaggio più affascinante in 18 anni che faccio questo lavoro”, aggiungendo di essere veramente stupito di come sia stato possibile compiere l’intero tragitto, per il quale la preparazione era iniziata tre anni prima, rinnovando la nave stessa e l’intero equipaggio. Il carico era formato da pannelli solari, batterie agli ioni di litio e veicoli elettrici, destinati al mercato europeo per la transizione energetica green, con fermate in Germania, Polonia e Olanda prima di giungere in Gran Bretagna.
La prima nave cinese era arrivata in Europa dall’Artico nel 2013, ma si era trattato soltanto di un viaggio esplorativo. Ora potrebbe iniziare un traffico regolare attraverso le acque settentrionali della Russia, iniziando una nuova era di rapporti commerciali, tenendo conto anche delle controversie politiche e militari tra Oriente e Occidente. Per attraversare questi spazi del mar Glaciale Artico serve il permesso di Mosca, e la compagnia cinese Sea Legend sta cercando di concludere gli accordi per un servizio regolare molto vantaggioso. La Istanbul Bridge è comunque giunta con due giorni di ritardo sui tempi previsti di 18 giorni, a causa delle tempeste vicino alle coste della Norvegia, e i problemi da affrontare non mancano di sicuro, non soltanto per le condizioni atmosferiche.
Le navi russe che percorrono le rotte dell’Artico non trasportano articoli avveniristici come quelle cinesi, ma trasferiscono carburanti estrattivi di uso tradizionale, con le lavorazioni carbonifere e petrolifere. Nel 2024 l’86% dei carichi russi era costituito da carbone, petrolio, gas liquido naturale, condensati di gas e prodotti petroliferi, e proprio la combustione di combustili fossili è la prima causa della crisi climatica e dello scioglimento dei ghiacci marini nell’Artico. Il ritiro dei ghiacciai minaccia la sopravvivenza degli orsi bianchi e delle foche, e accelera il riscaldamento dell’intero pianeta, ma le autorità russe guardano a questi fenomeni con valutazioni positive, ampliando la tratta di navigazione e permettendo l’accesso a ulteriori riserve di combustili fossili.
Nel 2024 il traffico russo su queste rotte ha superato i 38 milioni di tonnellate, con una crescita del 20% nel 2025, con l’intenzione di raggiungere i 220 milioni di tonnellate nel 2035. La parte occidentale del mar Bianco, quello di Kara e di Barents è ricoperta di ghiaccio tra i 5 e gli 8 mesi all’anno, e andando verso oriente il periodo di glaciazione può durare un intero anno, nonostante tutti i cambiamenti climatici, creando “notevoli difficoltà”, come afferma l’agenzia russa Rosgidromet, spesso del tutto imprevedibili. Non mancano i problemi di navigazione e gli incidenti, e le navi di vecchia concezione dei russi faticano ad affrontare queste difficoltà, rilasciando in varie circostanze enormi quantità di mazut, un olio combustibile pesante, che se miscelato o scomposto si trasforma in prodotti petrolchimici più convenzionali, come il diesel. Tuttavia i russi lo utilizzano per lo più allo stato grezzo, come avveniva per il riscaldamento delle case all'epoca dell'Unione sovietica, rendendo il ghiaccio e le nevi immacolate dell’Artico sempre più sporchi e di colore nero.
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