13/11/2006, 00.00
LIBANO
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In Libano si dimette il sesto ministro, l'opposizione pronta a tutto per far cadere Siniora

di Paul Dakiki

La maggioranza vi vede un tentativo siriano di tornare ad egemonizzare il Libano e di bloccare la creazione del tribunale internazionale per i crimini politici. Mentre Hezbollah chiama la piazza, il patriarca Sfeir, ma anche il vicepresidente del Consiglio superiore sciita, contro le dimissioni.

Beirut (AsiaNews) – Si è dimesso, oggi, il sesto ministro libanese: è il responsabile dell'Ambiente, Yaacoub Sarraf, un cristiano alleato del presidente Emile Lahoud, mentre, Hezbollah conferma di prepararsi a chiamare la piazza per far cadere il governo di Fouad Siniora. Le dimissioni di Sarraf, che in una lettera nega la legittimità costituzionale del governo, seguono quelle presentate sabato dai cinque ministri che fanno capo al Partito di Dio ed al movimento, anch'esso sciita, di Amal. Nello scambio di accuse fra maggioranza e opposizione sulla responsabilità politica del fallimento di colloqui per la formazione di un governo di unità nazionale, Siniora ha convocato per oggi una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri per l'esame dell'accordo con le Nazioni Unite per la formazione del tribunale internazionale che dovrà giudicare i responsabili degli omicidi politici avvenuti in Libano negli ultimi due anni, a partire da quello dell'ex primo ministro Rafic Hariri.

La riunione di gabinetto è stata però contestata dal presidente della Repubblica, Lahoud, che, secondo di suoi avversari, rischia di essere incriminato dal costituendo tribunale internazionale. Il presidente ha pubblicamente sostenuto, come oggi Sarraf, di considerare incostituzionale la riunione governativa a causa delle dimissioni dei cinque ministri. La Costituzione libanese prevede infatti la presenza nel governo di rappresentanti di tutte le comunità libanesi. All'attacco di Lahoud il governo ha risposto evidenziando il fatto che le dimissioni non sono state accettate e che quindi i ministri fanno ancora parte dell'esecutivo.

In questo quadro di tensioni e confusione, che ieri ha fatto dire al patriarca maronita Nasrallah Sfeir che "la società è afflitta dal disordine", dalle organizzazioni economiche arriva una minaccia di sciopero generale, motivato proprio dalla necessità di costringere il mondo politico ad affrontare le necessità di un Paese appena uscito da una guerra.

Il cardinale Sfeir, durante la messa domenicale a Bkerke ha implicitamente criticato la decisione di Hezbollah e di Amal di uscire dal governo, parlando di "alcune parti che stanno rifiutano l'aiuto internazionale". "La società civile – ha aggiunto – è afflitta dal disordine, e noi temiamo che aumenti". "Noi – ha detto ancora – temiamo che coloro che stanno vedendo di aiutarci si rendano conto che non siamo in grado di gestire i nostri affari e che siamo nel costante bisogno che qualcuno ci controlli".

Ad aumentare il tasso di confusione, il vicepresidente del Consiglio superiore sciita, sheikh Abdel-Amir Qabalan, ha plaudito alla decisione di Siniora di respingere le dimissioni dei ministri. "Noi – ha detto in una dichiarazione di ieri – chiediamo ai ministri di essere pazienti, perché vogliamo che questo governo rimanga unito e chiediamo al premier Siniora di promuover un incontro con coloro che si sono dimessi".

Dal canto suo, il vicesegretario di Hezbollah, Naim Kassem, ha annunciato lo studio di "ulteriori passi", dopo le dimostrazioni, che il Partito di Dio vuole discutere con i suoi alleati e che "saranno via via annunciati".

Quanto alle forze del !4 Marzo, che hanno la maggioranza in Parlamento, esse hanno accusato Damasco e Teheran di pianificato la caduta della legittima autorità libanese per ristabilire l'egemonia siriana sul Paese dei Cedri. Le dimissioni dei ministri, ha sostenuto Saad Hariri, figlio del premier ucciso e leader del 14 Marzo, "non sono una coincidenza. Noi deploriamo questo passo e lo vediamo come un tentativo di contrastare la formazione del tribunale internazionale". Hariri ha aggiunto che "per due volte abbiamo invitato il presidente del Parlamento (e di Amal, ndr) Nabih Berri al dialogo ed a consultazioni per mantenere la stabilità".

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