16/12/2022, 12.26
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India: attacchi con l'acido sono problema sociale e legale

di Alessandra De Poli

Il Paese registra il maggior numero di aggressioni di questo tipo in tutto il mondo. Nel 60% dei casi le vittime non denunciano perché i tempi della giustizia sono troppo lunghi. Le motivazioni degli autori dei reati evidenziano quanto il problema abbia a che fare con la cultura patriarcale.

Milano (AsiaNews) - Due giorni fa due ragazzi su una bicicletta hanno lanciato dell’acido a un’adolescente di 17 anni colpendola agli occhi. La ragazza si stava recando a scuola a Mohan Garden, una località a sud-ovest di Delhi, insieme alla sorella minore. Tre persone sono state arrestate in relazione al caso: secondo quanto emerso finora pare che uno degli imputati, amico della ragazza, volesse vendicarsi dopo un litigio. La polizia ha fatto sapere che l’acido è stato probabilmente ordinato online, mentre i medici hanno comunicato che l'entità delle ustioni sarà nota solo fra qualche giorno. 

Le aggressioni con l’acido contro le ragazze sono una piaga senza fine in India, essendo il Paese che ogni anno registra il maggior numero di casi al mondo. Si stima che su circa 1.500 casi totali in tutto il globo (il 90% degli attacchi si registra in Paesi in via di sviluppo tra cui Bangladesh, Nepal, Pakistan, Colombia), almeno 1.000 vengano compiuti in India. E nonostante i tentativi del governo indiano e della Corte suprema di arginare il problema, i numeri sono in crescita. Guardando a dati parziali - perché circa il 60% delle aggressioni non viene riportato - nel 2010 se ne sono registrati 80, poi triplicati (240) nel 2019.

Secondo diverse ricerche quest’incremento è dovuto alla cultura patriarcale indiana (in oltre l’80% dei casi a essere colpite sono le donne) e alle scarse tutele legali offerte alle vittime degli sfregi. Ma oltre a causare bruciature dolorose e cicatrici permanenti, gli attacchi con l’acido rappresentano per le vittime un trauma psicologico che le accompagnerà per tutta la vita. Un problema che ha un impatto anche sociale ed economico per le vittime, le quali vengono isolate, stigmatizzate e difficilmente assunte per certi tipi di lavoro. In altre parole basta una bottiglia di sostanza corrosiva, che si trova facilmente a buon mercato, e pochi secondi per rovinare la vita di una donna.

Fino al 2013 non esisteva una legge del Codice penale specifica per questo tipo di aggressione, considerata dalla Corte suprema indiana peggiore dell’omicidio: fino a qualche anno fa i responsabili venivano incriminati per procura di lesioni volontarie, scontando al massimo un anno di prigione e pagando una multa di 1.000 rupie (11 euro). Con il Criminal Amendment Act sono state imposte pene detentive che vanno dai 7 ai 10 anni, mentre una sentenza della Corte suprema del 2015 ha successivamente stabilito che alle vittime siano garantite cure mediche gratuite e venga versato un pagamento di circa 4.500 dollari da parte dell’autore del reato.

Ma la modifica del codice penale si è dimostrata inutile se non accompagnata da un’accelerazione dei tempi della giustizia. Secondo uno studio condotto l’anno scorso dal ricercatore Vidhik Kumar, il 90% dei casi di attacchi con l’acido riportati in un anno non raggiungono il tribunale se non 12 mesi dopo, mentre il tasso di condanna è stato di 2,45% nel 2016, 3,39% nel 2017 e 3,36% nel 2018. Percentuali bassissime dovute soprattutto alla lentezza delle indagini e del sistema giudiziario, e che scoraggiano le vittime a denunciare perché con il passare del tempo i ricordi sfumano, indebolendo le prove, mentre le spese legali a carico delle vittime aumentano.

Il Criminal Amendment Act ha inoltre vietato la vendita al banco di varie sostanze corrosive (che nella vita di tutti i giorni vengono perlopiù utilizzate per pulire i bagni di casa), imponendo ai venditori di tenere un registro con i dati degli acquirenti. La Commissione per le donne di Delhi ha però scoperto che in realtà gli acidi sono ancora ampiamente disponibili in bottiglie da un litro in diversi negozi della capitale per meno di una rupia (0,012 dollari). E i negozianti spesso non hanno nemmeno idea di cosa preveda la legge. 

Per cambiare le cose è necessario anche un cambio culturale. Le motivazioni delle aggressioni registrate finora evidenziano quanto il problema abbia a che fare con la cultura patriarcale indiana. In tutto il mondo si conta un maggior numero di attacchi nei Paesi dove l’indice di divario tra i sessi è più marcato, ma l’India registra comunque un tasso di attacchi maggiore rispetto a nazioni che presentano più o meno lo stesso livello di disparità di genere. Nel 76% dei casi l’autore del reato è una persona conosciuta dalla vittima. Le ragioni che portano alle aggressioni sono soprattutto: rifiuto di proposte di matrimonio o di avances sessuali, avversione personale, sospetto di una relazione extraconiugale, gelosia della bellezza o del successo della vittima o dispute sulla proprietà con la famiglia della donna (spesso legate alla dote matrimoniale).

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