26/10/2019, 09.00
IRAQ
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Iraq, proteste anti-governative: 23 morti e oltre 300 feriti. Leader religiosi preoccupati

I manifestanti hanno cercato di forzate il blocco ed entrare nella “Zona Verde”. Otto vittime a Baghdad, altre tre a Nassyria. Almeno 68 feriti fra le forze di sicurezza. Un manifestante: “Non siamo affamati, chiediamo dignità”. Al-Sistani invita alla “moderazione” e a evitare il “caos”. 

Baghdad (AsiaNews) - I leader religiosi irakeni sono sempre più preoccupati per la deriva violenta assunta dalle proteste anti-governative, che registrano anche per la giornata di ieri nuove vittime e feriti. Dopo l’appello del patriarca caldeo, card Louis Raphael Sako, che aveva chiesto ai vertici dell’esecutivo di ascoltare le legittime “richieste” di un popolo in difficoltà, ieri è intervenuto il grande ayatollah Ali Sistani, invitando alla “moderazione” e a evitare il “caos”. 

Tuttavia, le esortazioni dei capi religioni cristiani e musulmani sembrano destinate a cadere nel vuoto, perché nella sola giornata di ieri si sono registrate almeno 23 vittime e centinaia di feriti in tutto il Paese, per un bilancio tuttora provvisorio e privo di conferme ufficiali. Le manifestazioni sono divampate sin dalle prime ore della mattinata di ieri nei pressi della “Zona Verde” a Baghdad, capitale dell’Iraq. Testimoni affermano che la polizia ha usato la forza per disperdere i manifestanti, i quali cercavano di creare un varco nel cordone di sicurezza e fare irruzione nell’area fortificata, sede delle istituzioni e delle rappresentanze diplomatiche. 

Nonostante le misure adottate dal governo, fra cui un ingente spiegamento di forze dell’ordine, i dimostranti hanno bloccato alcuni fra i ponti più importanti della capitale, che collegano il settore diplomatico con piazza Tahrir, epicentro della protesta. “I poliziotti - riferisce una fonte - hanno usato cannoni ad acqua per disperdere la folla”. Quando i manifestanti hanno tentato di forzare il blocco e irrompere nella "Zona  Verde", gli agenti hanno risposto con colpi di proiettile in aria e pallini di gomma.

Otto vittime si sono registrate nella capitale, centrate in pieno volto dai lacrimogeni esplosi dalla polizia per disperdere la folla. Altre tre si contano a Nassyria, dove un gruppo di miliziani avrebbe aperto il fuoco sui manifestanti, ma i morti si contano in varie parti del Paese. I feriti sarebbero almeno 350. Per il ministero irakeno degli Interni vi sono anche 68 feriti fra agenti e membri delle forze di sicurezza. 

Le manifestazioni hanno coinvolto anche altre importanti piazze come Misan e Bassora nel sud e Thi Qar, dove le persone si sono radunate davanti agli edifici governativi e tenuto sit-in. Fra le ragioni della protesta la corruzione diffusa e l’alto tasso di disoccupazione, confermati anche dai numeri della Banca mondiale: il tasso di disoccupazione fra i giovani è del 25% e il Paese è dodicesimo al mondo per indice di corruzione. 

“Non siamo affamati” gridava un manifestante a Baghdad, “noi chiediamo dignità”. Un altro lanciava invettive contro la classe politica, colpevole di aver “monopolizzato tutte le risorse”. Analoghe proteste, iniziate il primo ottobre scorso, avevano causato la morte di almeno 150 manifestanti. Una commissione di inchiesta ha accertato l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità, senza però accusare in modo aperto il Primo Ministro Adel Abdul Mahdi. 

Manifestazioni e violenze hanno mosso la più alta carica religiosa sciita del Paese, il grande ayatollah al-Sistani, che ieri al termine della preghiera del Venerdì si è rivolto a poliziotti e manifestanti, chiedendo loro di mantenere un tono “pacifico” della protesta. “Le vere riforme e il cambiamento nel Paese - ha detto attraverso un suo portavoce - vanno raggiunti secondo una modalità pacifica”. Egli, che interviene di rado nelle questioni politiche, ha poi aggiunto che le forze di sicurezza devono impedire attacchi alle proprietà pubbliche e private. 

Prima di lui il card Sako si era detto “solidale con il nostro popolo, sensibile al dolore” vicino nella “realizzazione” delle aspirazioni per un “futuro migliore”. Tuttavia, il porporato ha anche invocato “manifestazioni pacifiche e civili”, mentre le autorità devono rispettare il “diritto” del popolo.

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