09/09/2022, 13.58
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L'India, Elisabetta II e il 'sorpasso' dell'ex colonia sul Regno Unito

La settimana scorsa Delhi aveva superato Londra come quinta economia mondiale, anche se il Pil pro capite resta inferiore. Elisabetta II è stata la sovrana della decolonizzazione, ma il sentimento anti-britannico si è evoluto nel tempo, e viene propagandato oggi dal Bjp. Cambiano i rapporti di forza, ma i legami economici e militari tra le due nazioni restano stretti.

Milano (AsiaNews) – Quando Elisabetta salì al trono, nel 1952, il primo ministro dell’Inghilterra era ancora Winston Churchill, mentre solo due giorni fa la monarca aveva nominato il quindicesimo premier del suo lungo regno, la conservatrice Liz Truss. Quando è nata, nel 1926, l’impero coloniale britannico era ancora intatto, mentre nell’arco dei suoi vent’anni questo ha cominciato a sgretolarsi, trasformandosi in Commonwealth. Elisabetta, che quando ricevette la notizia della morte del padre era in tour in Kenya, divenne suo malgrado la regina che soprassedette all’indipendenza di buona parte dell’Africa e dell’Asia. Un’evoluzione della Storia che la settimana scorsa è culminata con il superamento di quinta economia più grande al mondo da parte dell’India, l’ex Raj britannico, la Perla dell’Impero.

La morte della sovrana chiude davvero un’epoca e lascia spazio a nuovi tempi turbolenti, segnati da altre guerre e inediti stravolgimenti. C’è chi si rammarica e chi gioisce: il primo ministro indiano Narendra Modi, prima di dichiarare una giornata di lutto nazionale, ha twittato: “Sua Maestà sarà ricordata come una sostenitrice dei nostri tempi. È stata una guida esemplare per la sua nazione e il suo popolo. Ha personificato la dignità e il decoro nella vita pubblica. Addolorato per la sua scomparsa. I miei pensieri sono con la sua famiglia e il popolo del Regno Unito in questo triste momento”.

Tuttavia solo qualche ora prima, con ironico tempismo, il premier indiano aveva partecipato alla cerimonia di inaugurazione per rinominare il Raj Path di New Delhi (uno dei viali principali della capitale) in Kartavya Path, nel tentativo di “rimuovere tutte le tracce della mentalità coloniale”. In realtà ai tempi delle colonie il viale si chiamava Kingsway ed era stato rinominato Raj Path nel periodo post-indipendenza (la parola “raj” indica, in diverse lingue indiane, l’esercizio del potere legittimo). Nomi che riflettono il passaggio delle varie epoche storiche che l’India ha attraversato (e sta attraversando) con grande velocità.

Secondo il professore Sarwan Singh, docente di relazioni internazionali alla Jawaharlal Nehru University di New Delhi e presidente dell’Associazione degli accademici dell’Asia, “il discorso anticoloniale si è evoluto nel tempo”. Il forte nazionalismo propagandato dal Bharatiya Janata Party (Bjp) di Modi è un fenomeno relativamente recente legato ai grandi passi avanti fatti dal Paese in pochi anni. Solo 10 anni fa l’India era l’undicesima economia mondiale.

Il sorpasso del Pil indiano su quello inglese è stata una notizia che ha fatto sensazione “a livello emotivo” per il solo fatto che il Regno Unito è stata la potenza coloniale che ha dominato l’India per oltre due secoli: “Esistono proiezioni note secondo cui l’economia indiana supererà entro il 2030 anche quella della Germania e del Giappone, ma sapere di aver superato il Regno Unito, una potenza imperialista, ha generato una certa fiducia e un grande senso di orgoglio”, ha commentato ancora il docente.

Cosa resta del dominio britannico in India oggi? Restano una parte delle infrastrutture, le istituzioni, il sistema educativo, ma anche le disuguaglianze. Secondo alcuni studi il Regno Unito ricavò dall’India 45mila miliardi di dollari nel periodo tra il 1765 e il 1938 grazie alla Compagnia delle Indie orientali. Il Pil indiano, che oggi vale oltre 854 miliardi di dollari, se diviso per la popolazione, ammonta circa a 2.300 dollari contro i 47mila degli inglesi. I livelli di povertà restano altissimi, con 400 milioni di persone, poco più del 20% della popolazione, che guadagna meno di 2 dollari al giorno.

“I rapporti tra India e Regno Unito al giorno d’oggi sono perlopiù personali e societari”, continua il professor Singh. “La maggior parte delle élite indiane hanno studiato in università inglesi, ma anche questo sta cambiando, molte persone restano oppure preferiscono altre mete anglosassoni, come il Canada e l’Australia per le politiche migratorie più accoglienti”. Tra il 2012 e il 2013 dopo l’applicazione di nuove leggi sull’immigrazione nel periodo poco precedente alla Brexit, il numero di studenti indiani in Gran Bretagna è sceso del 25%.

Ma restano anche profondi rapporti commerciali e di difesa tra l’India e il Regno Unito: ad aprile l’ex premier britannico Boris Johnson era volato a Delhi per intensificare la cooperazione su questi due fronti, forse anche nel tentativo di sganciare l’India dalla Russia in termini di approvvigionamento d’armi e rafforzare il fronte dell’Indo-Pacifico in chiave anti-cinese. L’anno scorso i due Paesi avevano stabilito una Comprehensive Strategic Partnership che comprendeva, tra le altre cose, una tabella di marcia per il miglioramento delle relazioni bilaterali entro il 2030, mentre a gennaio di quest’anno si era concluso un primo round di negoziati per un accordo di libero scambio. Ciò che potrebbe continuare a evolversi nel lungo periodo sono i rapporti di forza tra le due nazioni, ma è chiaro che nel medio termine i destini di India e Regno Unito continueranno a intrecciarsi anche sotto il regno appena iniziato di Carlo III e la nuova leadership di Liz Truss al governo.

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