08/01/2024, 08.45
RUSSIA
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L'economia di guerra in Russia

di Vladimir Rozanskij

Nelle analisi sugli sviluppi sociali ed economici per il 2024 a Mosca ne emerge uno piuttosto scontato e molto doloroso: la guerra non finirà quest’anno. Il settore militare-industriale continuerà ad attirare risorse lavorative, finanziarie a materiali, incidendo sempre più sui conti. 

Mosca (AsiaNews) - All’inizio dell’anno è normale leggere su varie pubblicazioni delle previsioni sulle attese per gli sviluppi sociali ed economici, e in Russia fanno molto discutere quelle degli analisti danesi della Saxo Bank, un gruppo che cerca di andare oltre le stime degli indicatori per trovare elementi anche “imprevedibili e sottovalutati”, molti dei quali si stanno effettivamente realizzando. In effetti, nella Russia degli ultimi anni gli eventi hanno preso delle pieghe che neppure i più arditi autori delle “anti-utopie” avrebbero potuto immaginare all’inizio degli anni Duemila.

Nelle analisi russe dei “fattori imprevedibili” in realtà ne emerge uno piuttosto scontato e molto doloroso: la guerra non finirà quest’anno. Per quanto la Russia e l’Ucraina possano cercare di ottenere dei successi parziali sul territorio, sembra evidente che non si vada verso un “congelamento” o un armistizio, tanto meno verso la sconfitta definitiva dell’avversario o un trattato di pace soddisfacente. E siccome la guerra è ormai il fattore decisivo per la ridefinizione dell’economia russa, non c’è speranza di stabilizzare i vari settori sottoposti a mutamenti continui. Basti dire che la guerra ha già “ingoiato” almeno un milione di persone, contando solo i 300 mila mobilitati e i 640 mila soldati a contratto, secondo le cifre ufficiali, e lasciando da parte quelle dei caduti e dei feriti di vario livello. Il settore militare-industriale continuerà ad attirare risorse lavorative, finanziarie a materiali, incidendo sempre più sui conti globali dell’economia.

Un fattore decisamente più imprevedibile riguarda la fluttuazione del prezzo del petrolio, fissato dagli occidentali a 60 dollari al barile come misura di contenimento per le esportazioni russe, uno dei principali elementi dell’economia eurasiatica. Alcune analisi invece suppongono che il prezzo nel 2024 scenderà sotto quella soglia, per attestarsi intorno ai 40 dollari, a causa dei rallentamenti dell’economia mondiale, e soprattutto di quella cinese. Inoltre nel medio termine si ipotizza un significativo calo dell’uso dei carburanti a benzina o diesel, per la crescita dei trasporti elettrici. La limitazione a questo passaggio finora era costituita dalla mancanza delle necessarie infrastrutture per la ricarica degli accumulatori, ma ora sembra superata nella maggior parte dei Paesi più interessati, Cina compresa, e le aziende automobilistiche stanno accelerando sulle varianti elettriche dei mezzi di trasporto.

La riduzione delle esportazioni energetiche conduce a una stagnazione complessiva dell’economia russa e alla riduzione delle produzioni di articoli di largo consumo. Il generoso finanziamento da parte dello Stato non basta a rilanciare la produzione locale, richiedendo un aumento delle importazioni, che ha come conseguenza un ulteriore calo del valore del rublo. Si pensa che non appena il cambio del dollaro supererà di nuovo i 100 rubli, la Banca centrale sospenderà ogni contrattazione, chiudendo la Borsa di Mosca alle valute “non amichevoli”. Sarà la completa e definitiva “de-dollarizzazione” dell’economia russa, auspicata dal Cremlino, per passare agli scambi con le valute dei Paesi amici, principalmente sul rapporto yuan-rublo. Il dollaro rimarrà sul mercato nero come ai tempi sovietici, e il cambio schizzerà oltre i 150 rubli.

Diverse altre previsioni dipingono un quadro piuttosto preoccupante, con un’inflazione sopra il 25% e l’inevitabile bancarotta delle piccole e medie imprese, e di quelle più dipendenti dall’export, conseguenze che non potranno essere arginate soltanto con misure amministrative. Anzi, gli eccessi di attivismo delle amministrazioni, soprattutto di quelle locali, potrebbero causare ulteriori problemi, come l’uso di razionamenti e tessere per vari articoli, che provocherebbero effetti a catena su tutti i servizi sociali. Questi e altri problemi indicano che le turbolenze belliche e geopolitiche favoriscono soltanto i baroni delle armi e gli oligarchi del potere, ma mettono in ginocchio intere popolazioni.

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