30/05/2025, 14.10
EGITTO - ISLAM
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Cairo: tribunale espropria Santa Caterina il più antico monastero al mondo

Nel mirino il complesso tuttora abitato dai monaci e le proprietà circostanti. Al-Sisi assicura che la struttura verrà “preservata”, ma fra i cristiani regnano ira e sconcerto. I piani di esproprio avviati durante gli anni al potere dei Fratelli musulmani, sarà trasformato in museo. Arcivescovo Elpidoforo d’America: “Profonda preoccupazione e dolore”.

Il Cairo (AsiaNews) - Le autorità egiziane hanno chiuso il monastero di santa Caterina sul monte Sinai, il più antico tuttora funzionante al mondo, ne hanno confiscato tutte le proprietà annesse oltre all’edificio trasferendole alle Stato e imposto la cacciata di tutti i religiosi al suo interno. A circa 1500 anni dalla sua fondazione da parte dell’imperatore bizantino Giustiniano, e dopo essere sopravvissuto a notevoli sfide storiche e religiose, lo stimato monastero sta per essere convertito in un museo dal governo del Cairo come denuncia orthodoxia.info. Un colpo di mano che getta nello sconforto la comunità cristiana locale, a dispetto delle rassicurazioni fatte di recente dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi al primo ministro greco Kyriakos Mītsotakīs sulla destinazione d’uso dell’edificio. Fonti locali riferiscono che “l’obiettivo è di trasformare gli edifici ora sfitti in un’attrazione turistica simile alle Piramidi”.

Ieri sera il capo dello Stato ha diffuso una nota nel (vano) tentativo di disinnescare la polemica e placare ire e preoccupazioni dei cristiani. “La presidenza della Repubblica araba d’Egitto - si legge - ribadisce il proprio impegno a preservare lo status religioso unico e sacro del monastero di Santa Caterina e a prevenirne la violazione”. La sentenza, prosegue la dichiarazione, “consolida questo status, in linea con i punti che il presidente al-Sisi ha sottolineato durante la sua recente visita ad Atene il 7 maggio”. Di contro, al momento non si registrano commenti ufficiali dal governo di Atene, ma la vicenda ha avuto ampia eco nella comunità ortodossa.

In un messaggio affidato ai social l’arcivescovo Elpidoforo d’America parla di “profonda preoccupazione e profondo dolore” per la “grave situazione” riguardante il monastero, che sorge in un luogo sacro e “calpestato da Dio stesso” come sottolinea il religioso richiamando la tradizione biblica. Nei secoli, prosegue l’arcivescovo, “questa istituzione spirituale ha mantenuto relazioni armoniose con diverse amministrazioni e autorità regionali, che hanno costantemente confermato e protetto il suo ordine tradizionale e il suo carattere sacro. Le sue mura - prosegue - sono state testimoni di secoli di devozione e pace tra musulmani, cristiani ed ebrei […] trascende i confini religiosi e simboleggia un’eredità condivisa dall’umanità”.

Il sacro monastero di Santa Caterina, situato ai piedi del Monte Sinai, è infatti una testimonianza dell’eredità duratura della fede, dell’erudizione e dell’armonia interreligiosa. Fondato nel VI secolo dall’imperatore Giustiniano I, è il più antico monastero cristiano abitato ininterrottamente nel mondo e sorge nel luogo in cui Dio è apparso a Mosè nel roveto ardente e sotto il monte del Decalogo, dove gli affida le tavole della Legge. Un terreno che ha nutrito santi come Giovanni Climaco e Gregorio del Sinai, conservando il patrimonio archeologico e spirituale più prezioso della cristianità; tra i molti esempi troviamo la celebre biblioteca del Sinai coi suoi antichi manoscritti e la collezione più importante al mondo di icone su tavola pre-iconoclastica.

La decisione di convertire il monastero in museo è stata ufficializzata ieri da un tribunale egiziano, che ha concluso una vicenda giuridica in atto da tempo che vedeva opposti i religiosi allo Stato egiziano. Una “aggressione”, raccontano le fonti, iniziata durante gli anni al potere dei Fratelli musulmani e proseguita anche dopo la loro caduta “attraverso pressioni giudiziarie e attacchi” volti a imporne la chiusura. La proprietà del monastero e di tutti i suoi beni è trasferita nelle mani dello Stato e i monaci devono lasciare la struttura, che rimarrà inaccessibile in futuro. “E possono rimanere nel monastero per adempiere ai loro doveri religiosi solo fino a quando il nuovo proprietario, lo Stato egiziano, lo permetterà” conclude la nota.

In passato il governo di Atene ha sostenuto la lotta dei monaci, col premier Mītsotakīs che ha sollevato la questione ai massimi livelli, sollecitando ripetutamente il presidente al-Sisi a intervenire a favore dei monaci. L’ultimo incontro è di inizio maggio, quando nelle dichiarazioni congiunte al termine del faccia a faccia il primo ministro greco e il presidente egiziano hanno sottolineato esplicitamente “la necessità di preservare il carattere del monastero”. Tuttavia, nonostante le indicazioni che l’Egitto, una nazione amica e alleata, avrebbe rettificato l’ingiustizia - come pubblicamente promesso dal capo dello Stato - la sentenza del tribunale ha ribaltato le aspettative. E ha sollevato interrogativi sulle intenzioni del Cairo, che sembrano seguire le orme degli estremisti

“Nel maggio 2023 - ricorda l’arcivescovo Elpidoforo - ho avuto il profondo onore di guidare un pellegrinaggio di greci americani in questo luogo sacro. Insieme, abbiamo venerato la Cappella del Roveto Ardente, siamo saliti sul Monte Sinai e ci siamo impegnati con la comunità monastica che ha preservato questo faro di spiritualità attraverso i secoli. La nostra visita ha riaffermato il ruolo del monastero come monumento vivente alla fede e alla resilienza”. “Le recenti azioni giudiziarie che minacciano di confiscare le proprietà del monastero e di interrompere la sua missione spirituale sono profondamente preoccupanti. Tali misure - conclude - non solo violano le libertà religiose, ma mettono anche in pericolo un sito di immensa importanza storica e culturale. È indispensabile che il governo egiziano onori i suoi precedenti impegni per proteggerne l’autonomia e il patrimonio”.

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