22/06/2011, 00.00
CINA
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L'inflazione, prevista del +6% a giugno, può colpire la crescita economica cinese

Preoccupano soprattutto gli aumenti continui e feroci dei prezzi degli alimenti. In molte zone previsto uno scarso raccolto di mezza stagione, soprattutto per il riso. Difficoltà anche per gli istituti di credito, che rischiano di perdere finanziamenti per centinaia di miliardi di yuan.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’inflazione cinese accelera a giugno e può arrivare al 6%, massimo dal luglio 2008, dopo essere stata del 5,5% a maggio. Lo prevede oggi la Commissione per lo sviluppo nazionale e la riforma, massimo organo pianificatore del Paese. “Il livello generale dei prezzi rimane alto – è scritto sul suo sito web – e l’inflazione rimarrà elevata per alcuni mesi, anche se la situazione generale è sotto controllo”.

Per contenere l’inflazione il governo ha aumentato 4 volte i tassi di interesse da settembre, per frenare il ricorso al credito bancario, ma senza esiti significativi.
 
L’inflazione accelera ormai da mesi e, al di là del dato generale del +6%, comunque elevato, l’aumento dei prezzi colpisce soprattutto i generali alimentari, colpendo in modo maggiore le famiglie a reddito basso e medio. I prezzi degli alimenti, dopo il +11,7% di maggio, accelerano ancora. Il costo della carne di maiale è salito di oltre il 4,8% in pochi giorni, le verdure come lattuga e cavoli sono aumentate del 40% nelle regioni più colpite da siccità e nubifragi, come lo Zhejiang. La grave siccità dei mesi scorsi nelle regioni lungo il corso medio e basso del fiume Yangtze, insieme alle piogge torrenziali dal 3 giugno (colpite 13 province, danni stimati per 35 miliardi di yuan, soprattutto per l’agricoltura), ha poi colpito le coltivazioni di riso di molte regioni e si teme ora che il raccolto di mezza stagione sia scarso: ad esempio a Tianmen, Hubei, la pioggia ha inondato i campi di riso trapiantato da poco tempo e a metà stagione il riso raccolto era il 70 % del raccolto l’anno scorso. Gravi danni ci sono stati anche in Anhui e Jiangxi, con centinaia di migliaia di ettari di coltivazioni inondate. 
 
In difficoltà anche molti allevamenti ittici, come quelli vicini al lago Poyang. Si stima che nella zona i pescatori da gennaio a maggio abbiamo guadagnato circa il 70% in meno rispetto allo stesso periodo del 2010.
 
Se non si ferma l’inflazione, si rischia pure una corsa al rialzo dei fattori della produzione. L’economia rallenta e si stima per il 2011 una crescita intorno all’8,5%, rispetto al 9-10% previsto mesi fa. La rapida inflazione, l’aumento del costo del lavoro e il crescente debito pubblico dei governi locali minacciano di indebolire ancor più la crescita nei prossimi mesi. Le esportazioni continuano a diminuire, anche quale conseguenza dello tsunami in Giappone, della mancanza di posti di lavoro in Usa e degli indebitamenti di Paesi europei, per cui sempre più è urgente che Pechino riveda il suo modello di sviluppo, rendendolo meno dipendente dalle esportazioni e puntando a incrementare lo sviluppo e il consumo interno. Inoltre molte ditte locali potrebbero non essere in grado di restituire i finanziamenti ricevuti dalle banche statali. Wang Tao, economista capo della Ubs in Cina, prevede che molte ditte locali potranno avere difficoltà a restituire i finanziamenti, con una possibile sofferenza di prestiti per 460 miliardi di dollari.

Questa situazione aumenta i rischi di proteste di massa, come quelle scoppiate nelle scorse settimane nel Guangdong e altrove, spesso per ragioni di limitato rilievo, a dimostrazione del diffuso malcontento della popolazione, pronta a scendere in piazza per difendere i propri diritti, non avendo altri modi per farlo.
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