08/11/2008, 00.00
PAKISTAN
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La Chiesa pakistana contro la pena di morte per i cyber-terroristi

di Qaiser Felix
La legge firmata dal presidente Zardari contempla la pena di morte per i colpevoli di terrorismo via internet e computer. La Commissione di Giustizia e pace ammonisce il governo: “Punizioni brutali non possono correggere o redimere la nostra società”. Critiche anche dalla commissione per i diritti umani: così aumenta la diffidenza verso il sistema giudiziario.

Lahore (AsiaNews) – Critiche al governo pakistano per la legge che commina la pena di morte per i reati di cyber-terrorismo. La Commissione nazionale di Giustizia e pace della Chiesa cattolica (Njcp), insieme a quella indipendente per i diritti umani (Hrcp) disapprovano l’ordinanza firmata il 6 novembre dal presidente Zardari.

Il segretario della Njcp, Peter Jacob [nella foto], ha dichiarato ad AsiaNews: “Siamo sorpresi e sconcertati dal fatto che il governo abbia incluso la pena di morte nell’ordinanza per i cyber-crimini. Non è questa la strada giusta per fermare la criminalità. Punizioni brutali non possono correggere o redimere la nostra società. Per questo la Commissione chiede che la pena di morte possa essere immediatamente esclusa dalla lista delle sanzioni”.

“Non riusciamo a capire la mentalità e la strategia del governo”, afferma Jacob. “Prima condanna la pena di morte e firma i documenti del’Onu, poi la impone senza nemmeno consultare il parlamento”. Per il segretario della Njcp lo strumento dell’Ordinanza imposto senza la discussione dell’assemblea è “illogico” è contraddice “i discorsi del governo sulla supremazia del parlamento”.

A suscitare la perplessità di Giustizia e pace c’è anche un dato storico. Il Pakistan people party (Ppp) di Zardari ha perso il suo fondatore a causa della pena di morte. Zulfigar Ali Bhutto è stato impiccato nel 1979 per l’accusa, mai provata, di aver fatto assassinare un avversario politico. Questo fatto, secondo Jacob, dovrebbe far riflettere il Ppp su come questa punizione estrema “possa essere usata a fini politici e per servire interessi disonesti”.

“Il Ncjp - dichiara il suo segretario – chiede che non venga promulgata nessuna legge che contempli la pena di morte e che ai prigionieri condannati all’esecuzione venga commutata la pena”.

In un comunicato diffuso il 7 novembre, la Commissione pakistana per i diritti umani (Hrcp) ha ricordato invece come “il primo ministro abbia promesso in numerose occasioni di scoraggiare il ricorso alla pena capitale e le esecuzioni dei condannati attualmente in carcere”.

Il testo dell' Hrcp ricorda al governo che secondo la legge vigente a livello internazionale, la pena di morte è accettata solo in rarissimi casi e che sono numerose le garanzie a salvaguardia della vita, contro la pena di morte.

L'Hrcp teme che l’ordinanza sul cyber-terrorismo sia recepita come una legge oppressiva in cui le punizioni sono sproporzionate rispetto ai crimini. Il sistema della giustizia in Pakistan abbonda di casi di discriminazioni e prevaricazioni realizzati anche con l’uso strumentale della legge. I detenuti in attesa di esecuzione capitale nelle carceri del Paese sono all’incirca 7mila. Secondo l’Hrcp la scelta del governo di includere la pena capitale nell’Ordinanza non può che aumentare il senso di sfiducia e diffidenza che la popolazione già nutre nei confronti del sistema giudiziario del Pakistan.

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