07/04/2023, 09.00
RUSSIA
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La croce dei cattolici russi

di Vladimir Rozanskij

Quest’anno per i cattolici moscoviti Via Crucis pasquale senza poter uscire dal territorio intorno alla cattedrale dell’Immacolata Concezione. Mons. Paolo Pezzi: “Il nostro cammino è inserito nella comunione con Cristo”. Le radici “straniere” della comunità cattolica della capitale. “Cristo non ha scelto la croce, gli è stata data”.

Mosca (AsiaNews) – Quest’anno i cattolici della capitale sono riusciti a radunarsi per la Via Crucis all’aperto primo aprile, senza però ottenere il permesso di uscire dal territorio intorno alla cattedrale dell’Immacolata Concezione. La locale comunità polacca ha costruito la chiesa gotica poco prima della rivoluzione, per essere subito chiusa, quindi ricostruita e riconsacrata dopo la fine del regime comunista negli anni Novanta.

L’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, ha aperto la processione ricordando che “il nostro cammino è inserito nella comunione con Cristo, è l’ingresso di Cristo e della Sua salvezza nella nostra vita, che si compie sulla croce”.

Mai come quest’anno, nel centenario del processo di Pietrogrado che ha condannato a morte i martiri cattolici russi, la via della croce è davvero espressione di un dolore condiviso, per la drammatica circostanza della guerra in corso contro l’Ucraina, che lascia tutti con il desiderio della redenzione e della riconciliazione.

Così l’arcivescovo ricorda che “la via della croce è la nostra via, per crescere nell’amicizia con Cristo. Egli ci avvicina a Lui in modo ancora più intenso: se noi abbiamo incontrato Cristo, se viviamo della memoria di Lui, allora davanti al Suo volto insanguinato non ci possono essere altre modalità di relazione tra gli uomini, che non siano quelle dell’amicizia e della fraternità”.

Proprio la storia del cattolicesimo in Russia ricorda le tante tragedie della storia nel confronto tra gli slavi orientali dell’una e dell’altra sponda dei fiumi, e la necessità di ritrovare il senso della convivenza e dello scambio di doni tra i popoli e le Chiese.

La comunità cattolica moscovita, e di tutta la Russia, costituisce una minoranza storicamente formata proprio da cittadini di antiche radici polacche e ucraine, ma anche lituane, tedesche e di tanti Paesi “amici” dei tempi sovietici: africani e sudamericani, ma anche armeni cattolici fuggiti dalle guerre civili del Caucaso, e da tanti russi che hanno riconosciuto nelle tradizioni del cattolicesimo una parte della stessa tradizione russa, da sempre aperta all’incontro tra Oriente e Occidente.

Le quattro diocesi di Mosca, Saratov sul Volga, Novosibirsk al centro della Siberia e Irkutsk vicino al lago Bajkal, testimoniano di queste storie, della dispersione e delle deportazioni, ma anche della rinascita della fede in un Paese dove era stata a lungo perseguitata.

Il 19 marzo, a Murmansk, sopra il circolo polare Artico, il vescovo ausiliare di etnia russa di San Pietroburgo, mons. Nikolaj Dubinin, ha avuto la gioia di consacrare diacono un altro cattolico russo, il claretino Denis Malov, che diventerà sacerdote per proseguire la grande missione di evangelizzazione e carità della sua congregazione in Russia.

Ora i cattolici di Mosca seguono il loro pastore sui lati dell’ampio cortile della cattedrale, che i sovietici avevano trasformato in un edificio di laboratori e uffici su quattro piani, e sotto la volta vi era l’auditorio per le lezioni di “ateismo scientifico”, che caratterizzavano tutte le istituzioni del regime comunista. Nei primi anni Novanta la comunità polacca moscovita celebrava la S. Messa con i sacerdoti salesiani davanti al portone serrato, anche nel freddo invernale che faceva congelare perfino il vino consacrato nel calice, fino a ottenere la restituzione di tutto lo stabile, ristrutturato grazie alla carità dei confratelli di tutto il mondo.

Nella capitale vi sono oggi due chiese cattoliche ufficiali: l’Immacolata e la storica chiesa francese di S. Luigi, l’unica rimasta aperta durante gli anni del comunismo insieme a quella della Madonna di Lourdes a Leningrado, anch’essa legata storicamente alla presenza dei diplomatici francesi. Vi sono però altre parrocchie registrate, che si riuniscono a turno nelle due chiese o in locali privati, e da due anni usufruiscono anche dei locali restituiti attorno all’edificio storico della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo, la chiesa dei cattolici di Mosca fin dall’Ottocento.

Dopo un lungo e travagliato iter giuridico, i cattolici hanno ottenuto almeno una parte del complesso, dove vi erano le istituzioni educative e caritative della vivace comunità moscovita, e attendono dalla Cassazione la definitiva restituzione dell’intero “quartiere cattolico” al centro della città.

Durante la Via Crucis sono state lette alle varie stazioni le meditazioni di autori come Charles Peguy, Boris Pasternak, Anna Akhmatova e del santo papa Giovanni Paolo II, che tanto avrebbe voluto consacrare di persona la cattedrale ricostruita, inviando poi il suo segretario di Stato, il card. Angelo Sodano.

Giunti all’altare conclusivo della funzione, mons. Pezzi ha ricordato che “la Chiesa si è diffusa nel mondo intero grazie alla predicazione degli apostoli e dei dottori, dei sacerdoti e dei laici, e ciascuno di noi, grazie al Battesimo, è diventato una pietra di fondazione dell’edificio spirituale in cui Cristo Signore ci unisce nell’unico Corpo”. L’arcivescovo ha sottolineato che “Cristo non ha scelto la croce, gli è stata data, e non tocca a noi scegliere come deve essere la nostra croce, noi la dobbiamo portare, anche quando ci sembra troppo pesante”.

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