12/02/2024, 12.29
MYANMAR
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La giunta birmana ricorre alla leva obbligatoria contro le milizie ribelli

di Steve Suwannarat

In difficoltà a contenere le offensive, i generali hanno reintrodotto l'arruolamento forzato. Il provvedimento riguarda donne e uomini fra i 18 e i 35 anni, per due anni che possono essere estesi a cinque in caso di emergenza. Una legge da sempre formalmente in vigore, che era stat però accantonata dal governo democratico di Aung San Suu Kyi. 

Bangkok (AsiaNews) - In difficoltà a contenere l’offensiva delle milizie etniche su più fronti del conflitto interno, la giunta che dal primo febbraio 2021 controlla il Myanmar ha deciso di ripristinare la leva obbligatoria per gli uomini fra 18 e 45 anni e le donne tra 18 e 35. Per due anni in condizioni normali e fino a cinque in caso di emergenza. La legge, promulgata alla fine della dittatura militare che si è conclusa nel 2010, è formalmente ancora in vigore ma non è stata applicata durante la parentesi democratica che si è conclusa tre anni fa con il colpo di stato guidato dal generale Min Aung Hlain. 

Il Consiglio per l’amministrazione dello Stato (State Administration Coucil), il nome che si è dato la giunta militare che sta utilizzando ampiamente i mezzi aerei e l’artiglieria contro obiettivi militari e civili, sta subendo l’offensiva avviata a ottobre da gruppi armati. Essi sono espressione delle varie etnie in conflitto con i militari già dai tempi della dittatura, ma comprendono anche Forze di difesa popolare (People Defence Forces) e reparti direttamente sotto il comando del Governo di unità nazionale attivo nella clandestinità.

La perdita di molti avamposti e di aree strategiche presso i confini cinese e indiano che sono costati centinaia di morti tra le truppe ha mostrato che ora pochi nel Paese sono disposti a piegarsi a un nuovo regime militare, mascherato magari da democrazia con elezioni guidate. Inoltre perdite consistenti e soprattutto defezioni hanno fortemente indebolito le forze armate nonostante continui il flusso di armi e munizioni, in particolare da Russia e da Corea del Nord. Il coinvolgimento di nazioni vicine in azioni militari come pure la ripresa della fuga di popolazione dallo Stato occidentale di Rakhine verso il Bangladesh hanno messo in difficoltà il regime, che contava sul sostanziale disinteresse dei vicini e del mondo riguardo la repressione.

Di fatto, il ripristino della leva pone un ulteriore elemento impositivo sulla popolazione, con la renitenza punibile con una pena pecuniaria e il carcere da tre a cinque anni. Tuttavia nel messaggio diffuso dalla televisione di Stato Mrtv, il portavoce del regime militare, generale Zaw Min Tun, ha parlato di “compito di difesa nazionale che non è solo responsabilità dei soldati” e indicato che il provvedimento contribuirà a prevenire il conflitto con una prova di forza verso i nemici. Per diverse fonti della resistenza, anche per sopperire alla defezione di forse 14mila effettivi: difatti, nei centri urbani inclusa la capitale commerciale Yangon sarebbe da qualche tempo in corso il reclutamento forzato di giovani, con l’incarcerazione in caso di resistenza.

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