15/06/2023, 08.37
RUSSIA-UCRAINA
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La sconfitta della Crimea, dietro le quinte della guerra

di Vladimir Rozanskij

Il rischio di una forzata e prolungata siccità come conseguenza dell'esplosione della diga di Nova Khakovka è solo l'ultima delle pesanti ferite lasciate alla penisola da sette anni alle prese con il conflitto russo-ucraino. La dura repressione dei tatari, il crollo del turismo, le trincee e le fortificazioni che hanno spogliato gli agricoltori delle terre tra le conseguenze della "mobilitazione".

Mosca (AsiaNews) - Una delle zone “russo-ucraine” più sotto pressione nell’anno e mezzo della guerra, e in realtà nei sette anni del conflitto “ibrido” tra i due Paesi, è la Crimea, penisola simbolica annessa nel 2014, e che da allora non conosce pace. La recente esplosione della diga di Nova Khakovka rischia di lasciarla ulteriormente in preda alla siccità, problema nato con la separazione dall’Ucraina, che sembrava parzialmente risolto con la conquista dei territori del Donbass.

Oltre alle questioni militari e logistiche, i cittadini crimeani soffrono di svariate limitazioni e persecuzioni, come illustra un’inchiesta degli attivisti di Krymskaja Ideja. Arresti e deportazioni dei tatari di Crimea, eredi dei dominatori antichi della zona, divieto di sfruttamento delle spiagge per ragioni militari, che aggrava la totale mancanza di turismo, industria primaria della regione, sono alcune delle ragioni che appesantiscono ulteriormente la tensione mai sopita tra filo-russi e filo-ucraini. Il referendum del 2014, in cui oltre il 90% della popolazione scelse di riunirsi alla Russia, non rifletteva certo la vera divisione degli orientamenti, in una fase già di occupazione militare.

Negli ultimi tre mesi sono stati rilevati almeno 18 casi di sparizione inspiegabile di persone di etnia tatara, aumentando un trend costante di oppressione di coloro che potrebbero rivendicare l’indipendenza della penisola, anche più di russi o ucraini. Gli analisti sono convinti che le vittime sono sicuramente molte di più, e i tatari stessi cercano di non diffondere troppo le notizie, per timore di ulteriori persecuzioni.

Le forze dell’ordine, sottomesse ai vertici militari, conducono verifiche sempre più ossessive in cerca di partigiani ucraini tra gli abitanti, soprattutto in questa fase legata alla controffensiva di Kiev, i cui dirigenti ripetono continuamente di volersi riprendere non solo le zone occupate negli ultimi mesi, ma soprattutto la Crimea. Tatari e sospetti filo-ucraini vengono fermati e portati via spesso senza alcun motivo, appena fuori dalla porta di casa o prelevati dagli scompartimenti dei treni, per essere inviati a ignota destinazione spesso con un cappuccio in testa. Gli interrogatori si tengono per lunghe ore in luoghi segreti e in forma molto vessatoria, con uso del poligrafo e violenze varie, senza la presenza di alcun avvocato. Molti vengono poi consegnati al tribunale con accuse di “estremismo e terrorismo”.

Le strutture turistiche sono in gran parte requisite per scopi militari; come documentano gli attivisti, nella provincia del Leninskij rajon i soldati hanno occupati i villaggi per i bambini, e tutti gli operatori sono rimasti totalmente senza lavoro. Anche le spiagge formalmente ancora aperte non riescono ad attrarre turisti, visto il timore degli scontri bellici, e sono comunque circondate da trincee e barricate, che le rendono assai poco attraenti e ancora meno accessibili per i bagnanti. Perfino la spiaggia di Feodosija, la “Rimini crimeana”, è rimasta finora completamente deserta.

La guerra del resto non blocca soltanto il turismo, ma anche l’agricoltura. Proprio le trincee e le fortificazioni, soprattutto nel nord della penisola, hanno di fatto spogliato i coltivatori delle proprie terre, rendendole comunque inadatte alla semina e ai raccolti. Le proteste di alcuni imprenditori, che chiedono delle compensazioni per le perdite, sono finite con “minacce di eliminazione fisica”, secondo le testimonianze raccolte.

I crimeani sono trascinati alla mobilitazione in forma assai più autoritaria del resto dei cittadini russi. Molti raccontano di camion dai vetri oscurati che si aggirano lentamente nei quartieri più popolosi, per fermare gli uomini validi per la guerra, senza tante formalità. Gli impiegati statali non possono licenziarsi o dimettersi dai loro incarichi, perché sarebbe considerata una “diserzione”, come confermato da diversi casi documentati. Neanche alle donne è permesso di lasciare il lavoro, pena la denuncia per violazione dei doveri.

Le scuole e le famiglie sono tartassate da continue raccolte di aiuti “per le necessità della Svo”, la sigla della “operazione militare speciale”, e i bambini vengono condotti in gruppi dai soldati per offrire dolciumi e letterine di sostegno, scritte sotto dettatura. La guerra è ancora in una fase incerta, ma la Crimea è sicuramente stata sconfitta.

 

Foto: Flickr / Elena Pleskevich

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