La valle di Porgera, terra di oro e di disperazione
Doveva essere una terra di promesse per chi aveva sempre vissuto di agricoltura di sussistenza e grazie al lavoro portato dalla miniera ha trovato accesso all'istruzione e alla sanità moderne. Ma la scadenza della licenza e un circolo vizioso di lotte tribali hanno seminato morte e desolazione. Ora il governo della Papua Nuova Guinea ha negoziato la riapertura. Ma con tante incognite sul futuro.
Enga (AsiaNews) - Il sobborgo di Paiam si trova all'ingresso della valle di Porgera, a 2.500 metri sul livello del mare, nella remota provincia di Enga, in Papua Nuova Guinea. È cresciuto alla fine degli anni Novanta per ospitare il crescente numero di personale nazionale che lavorava nella miniera d'oro aperta nel 1990. È stata dotata di una stazione di polizia, un ufficio postale, una banca e una scuola internazionale. La Chiesa cattolica si è affrettata ad aprire la nuova parrocchia del beato Pietro To Rot nel 2002. Ora, le poche persone rimaste in loco indicano i quattro villaggi residenziali completamente abbandonati, la chiesa quasi vuota e l'ospedale moderno che si spera possa riaprire presto, ma che è ancora chiuso. La gente se n'è andata. La miniera ha cessato le attività tra il 2020 e l'inizio del 2024. Negli stessi anni, la popolazione locale intorno a Paiam è entrata in un circolo vizioso di lotte tribali che hanno spaventato tutti. Non solo i villaggi minerari sono stati saccheggiati, ma anche le case e gli esercizi commerciali dei membri dei clan locali sono stati bruciati.
Ora, con la riapertura della miniera di Porgera in base a un nuovo accordo tra il governo e le compagnie minerarie, sembra che il desiderio di una pace tribale si sia realizzato con un graduale ritorno dei residenti. Ma ci vorranno anni prima che Paiam torni a essere lo stesso luogo vivace che si poteva vedere ancora nel 2019. La lotta tribale che ha causato tali devastazioni, un evento comune nell'Enga, riguardava semplicemente i benefici finanziari e le quote di un compenso per un'antenna delle telecomunicazioni tra veri e presunti proprietari terrieri della zona. Appena si sono verificate le prime uccisioni, il ciclo di ritorsioni è diventato inarrestabile. Con una tristezza indescrivibile negli occhi, un gruppo di giovani dopo la Messa del Giovedì Santo mi ha raccontato del raccapricciante assassinio del loro leader ecclesiastico, avvenuto qualche anno fa.
La Porgera Valley doveva essere una terra di promesse. Il primo oro alluvionale fu individuato nel 1938. Il cristianesimo si è insediato in questa zona remota della Papua Nuova Guinea solo nella seconda metà del secolo scorso. La prima parrocchia cattolica fu istituita nel villaggio di Mungulep nel 1966 dai missionari della Società del Verbo Divino (SVD). La miniera d'oro e d'argento è stata aperta nel 1990 con una licenza trentennale del governo. Il progetto ha avuto ragionevoli benefici per le parti interessate della Papua Nuova Guinea (il governo nazionale, la popolazione della zona, la provincia di Enga e il Paese nel suo complesso). Nell'arco di una generazione, alcune migliaia di persone, che avevano sempre vissuto di agricoltura di sussistenza, hanno trovato accesso all'istruzione e alla sanità moderne, all'economia di cassa e alla percezione delle royalties minerarie. Le terre e gli orti ancestrali lasciarono il posto a una miniera a cielo aperto, a impianti di lavorazione dei minerali, a strade e depositi di carburante, a un impiego retribuito; e i giovani impararono cose completamente nuove rispetto alle tecniche agricole tradizionali. I magazzini, anziché gli orti, cominciarono a fornire cibo. È andata avanti così, fino alla chiusura temporanea della miniera alla scadenza della licenza mineraria nel 2020 e al contemporaneo scoppio delle lotte tribali a Paiam.
In quell'anno il governo nazionale Marape-Rosso, con lo slogan politico Riprendiamoci la Papua Nuova Guinea, decise di rinegoziare in maniera sostanziale l'accordo minerario. L'obiettivo del governo era quello di garantire una quota azionaria del 51% agli stakeholder della Papua Nuova Guinea, in pratica il governo nazionale (36%), il governo provinciale (5%) e i proprietari terrieri (10%). Si prevedeva che questo avrebbe fornito un reddito complessivo di oltre 7 miliardi di dollari nel corso dei 20 anni di vita stimati della miniera, circa 30 miliardi di PGK a seconda della fluttuazione della valuta locale. A sua volta, circa il 49% della cosiddetta New Porgera Limited è di proprietà della Barrick Niugini Limited, a sua volta una joint venture tra la canadese Barrick Gold e la cinese Zijin Mining. Barrick gestisce la miniera da quando l'ha acquisita da Placer Dome quasi vent'anni fa, nel 2006. Porgera è considerata una delle dieci migliori miniere d'oro al mondo, fornisce il 10% delle esportazioni nazionali della Papua Nuova Guinea e impiega circa 3.000 dipendenti nazionali.
Durante i primi anni di gestione della Barrick, i media canadesi e altri organi internazionali hanno riferito di un deterioramento delle relazioni dell'azienda con la popolazione locale. Nel 2010, Barrick ha pagato un risarcimento a 119 sopravvissuti ad aggressioni sessuali da parte delle sue guardie di sicurezza nei confronti dei residenti (“MINING #7 - Barrick and the Cruelty of Gold”). L'attuale riapertura della miniera è stata accompagnata da un notevole livello di violenza che, pur non essendo imputabile alla Barrick, ha richiesto l'intervento della polizia con rinforzi dell'esercito da parte del governo. I tre anni di chiusura avevano privato la popolazione locale di opportunità di lavoro e di reddito familiare, gettando migliaia di persone nella povertà dopo decenni di condizioni relativamente agiate. Una delle conseguenze della chiusura è stato l'aumento dell'estrazione mineraria alluvionale e delle pratiche illegali, tra cui l'ingresso illecito nell'area riservata della Special Mining Lease.
I lavoratori della miniera confermano che gli sconfinamenti illegali nell'area mineraria continuano a verificarsi. Spesso, e con un rischio considerevole in relazione alle esplosioni di dinamite della miniera, i giovani si precipitano nell'area dei pozzi prima che le guardie di sicurezza possano intervenire con i gas lacrimogeni e impedire loro di prendere qualsiasi quantità di minerale. Nel corso di questo tipo di attività sono stati recentemente segnalati dei decessi. Si verificano anche incidenti tra i minatori alluvionali che si scontrano e derubano l'un l'altro prima di raggiungere i compratori d'oro in città, o tra i proprietari terrieri locali e gli estranei che si stabiliscono nella zona della miniera nella speranza di assicurarsi parte dei profitti. Secondo la gente del posto, quasi ogni giorno si perdono vite umane. L'estrazione alluvionale non è un'attività di poco conto e, al di fuori dell'area della Special Mining Lease, è legale e ampiamente praticata. L'errore fondamentale del governo e dell'azienda è stato quello di non reinsediare adeguatamente i residenti, come da prassi, lontano dal potenziale sito minerario, mitigando così i rischi per la salute e la sicurezza.
Il nuovo accordo per la riapertura della miniera nel dicembre 2023 è di buon auspicio per i proprietari terrieri se il livello di violenza e illegalità sarà costantemente contenuto e possibilmente eliminato. La popolazione della comunità è aumentata in modo significativo nel corso degli anni dall'apertura della miniera, quindi la quota individuale dei benefici finanziari disponibili in base al nuovo accordo è ridotta, ma è ancora significativa a determinate condizioni. La prima è ovviamente che i benefici siano gestiti correttamente con conti collettivi o individuali dei proprietari terrieri, nonostante i rischi cronici di corruzione e cattiva gestione. La seconda è che i benefici siano utilizzati in modo appropriato, ad esempio spendendoli prioritariamente per la scolarizzazione delle nuove generazioni.
La chiusura della miniera e gli sfollamenti causati dai combattimenti tribali nel Paiam hanno causato un grave danno all'istruzione. Sono finiti gli anni dei grandi sforzi del governatore di Enga, Peter Ipatas, per portare il maggior numero possibile di giovani agli studi universitari attraverso un programma di istruzione gratuita, in gran parte sostenuto dalle loro quote nella miniera di Porgera. I proprietari terrieri, poco istruiti, hanno anche bisogno di un’alfabetizzazione finanziaria per poter destinare i profitti della miniera a investimenti remunerativi per la comunità e la famiglia. Altrimenti, tutto viene immediatamente sperperato, come si può osservare spesso con i redditi di quanti intraprendono l'attività mineraria alluvionale. Una diversa e migliore gestione dei benefici finanziari ridurrebbe anche l'abuso di alcol e di sostanze illecite, anch'esse causa di violenza nella città mineraria di Porgera.
Inoltre, dato che la vita residua della miniera è stimata in soli vent'anni, i proprietari terrieri devono pensare a che cosa succederà dopo per loro stessi e per la valle di Porgera. È molto difficile fare previsioni su un'area così remota, a circa 650 km dal più vicino porto di Lae, in una zona apparentemente inadatta a qualsiasi tipo di sviluppo o investimento alternativo, ampiamente devastata dall'estrazione massiccia del minerale e dallo smaltimento su larga scala degli scarti, con la popolazione presumibilmente in fuga appena i posti di lavoro e i redditi si esauriranno.
Con ogni probabilità, la foresta reclamerà ogni centimetro di terreno e seppellirà di nuovo tutto nell'oblio perenne.
* responsabile advocacy Caritas Papua Nuova Guinea