17/01/2012, 00.00
PAKISTAN
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Lahore, cristiani in piazza per la “Gosha-e-Aman”: risarcimenti e restituzione dei terreni

Centinaia di persone hanno manifestato nei pressi dell’edificio, distrutto lo scorso 10 gennaio ribattezzato “martedì nero” dalla comunità locale. Mons. Shaw smonta la tesi delle autorità circa una occupazione illegale. Vescovo anglicano: esempio di ingiustizia e mancato rispetto dei diritti delle minoranze religiose.
Lahore (AsiaNews) – Continuano le manifestazioni di protesta della comunità cristiana contro l’abbattimento della “Gosha-e-Aman”, un “luogo di pace” che accoglieva cristiani e musulmani, demolito dal governo provinciale del Punjab. Ieri pomeriggio centinaia di persone fra cui sacerdoti, suore, pastori, attivisti, rappresentanti della società civile e membri di oltre 20 organizzazioni cristiane sono scesi in piazza contro quello che definiscono un abuso del governo locale contro l’ex istituto e centro di accoglienza distrutto lo scorso 10 gennaio. Il centro sorgeva in Allama Iqbal Road, nel quartiere di Garhi Shahu, era gestito da Caritas Pakistan e dalla Lahore Charitable Association e ospitava cristiani e musulmani, poveri e anziani, senza distinzioni di fede o livello sociale. Ordinando l’abbattimento dell’edificio e l’esproprio dei terreni, i funzionari hanno ignorato di proposito una direttiva del tribunale che si era riservata un margine di tempo per decidere sulla proprietà della struttura e dell’area al centro di una controversia.

I dimostranti hanno inoltre condannato la “profanazione di alcune copie della Bibbia” e la “distruzione di beni e oggetti personali” – come denunciano alcuni occupanti – durante le operazioni di demolizione dell’edificio. Fra i presenti alla manifestazione di ieri (nella foto), conclusa nei pressi dell’area dove sorgeva la “Gosha-e-Aman”, vi erano Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e Pace, Joseph Francis, direttore di Centre for Legal Aid Assistance and Settlement), Younis Alam di Minority Rights Commission e vari leader cattolici e protestanti.

I fedeli hanno ribattezzato lo scorso 10 gennaio come “martedì nero”, bollando la decisione del governo provinciale come l’ennesimo atto di violenza e persecuzione ai danni delle minoranze religiose in Pakistan. Essi chiedono la restituzione della proprietà e il risarcimento dei danni; in caso contrario, avvisano, le proteste continueranno sino a che le autorità soddisferanno le condizioni poste. Monsignor Sebastian Shaw, vescovo ausiliario di Lahore, punta il dito contro l’Autorità per lo sviluppo di Lahore (Lda), secondo cui vi era una occupazione abusiva dei terreni: “Se fosse davvero stata abusiva – ironizza il prelato – perché il governo del Punjab annuncia la restituzione dei terreni. La nostra non è una questione di terra. Si tratta di una palese violazione dei diritti delle minoranze nel Paese”. Gli fa eco il vescovo anglicano Alexander John Malik, che condanna con forza la demolizione: “azioni di questo tipo – commenta ad AsiaNews – manifestano l’uso smodato del potere e testimoniano le gravi ingiustizie verso le minoranze religiose” in Pakistan.

L’istituto “Gosha-e-Aman”, fondato nel 1887, è circondato da due acri di terreno, per un valore complessivo di miliardi di rupie. Al suo interno vi erano una casa di accoglienza per anziani, una scuola per ragazze, un convento e una cappella per la preghiera. La controversia relativa al possesso dell’edificio e dell’area circostante era da tempo al centro di una vertenza legale, tuttora pendente presso l’Alta corte di Lahore, sebbene la Chiesa possegga tutta la documentazione. Pare che a innescare la vicenda sia stata una donna che in passato ha cercato ospitalità presso il centro. Dopo qualche tempo, essa si è convertita all’islam e ha rivendicato il diritto di proprietà sulle due stanze da lei occupate.

(Hanno collaborato Shafique Khokhar e Jibran Khan)
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