16/11/2020, 08.56
LIBANO
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Leader cristiani contro i politici che manovrano per far crollare il Grande Libano

Il patriarca maronita accusa la classe dirigente di egoismi e interessi personali. L’idea è di minare la nazione “per mettere le mani su ciò che resta”. Serve un esecutivo composto da “figure indipendenti”, per respingere l’assalto di “forze interne ed esterne”. Metropolita greco-ortodosso: trascinano il Libano “in fondo a un baratro”.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - I leader cristiani libanesi tornano ad attaccare la classe dirigente del Paese, accusandola di egoismo e di interessi personali, che mirano a far crollare l’idea stessa della nazione per spartirsi “ciò che resta”. All’indomani della visita dell’inviato speciale del presidente francese Patrick Durel, in missione a Beirut per conto di Emmanuel Macron, il patriarca maronita card Beshara Raï punta il dito contro quanti manovrano per “far cadere il Grande Libano, per mettere le mani” sul rimanente. Per il porporato la missione del diplomatico transalpino è un ultimo tentativo “per ricondurre alla ragione” politici “del tutto estranei ai bisogni della gente”. 

Nell’omelia della messa domenicale, il primate maronita attacca i dirigenti che vorrebbero “modificare il volto” della nazione e insiste per la creazione di un esecutivo composto “in toto, non solo in parte, da figure indipendenti”. “Questa insistenza - ha aggiunto - nel voler bloccare la formazione di un nuovo esecutivo e di ignorare gli interessi del popolo e del Paese fanno parte di un progetto che mira a far cadere il Grande Libano per mettere le mani su ciò che resta".

Il Paese, aggiunge, “è alla mercé di forze interne ed esterne che lo vogliono colpire per interessi personali, confessionali e internazionali”. Da ultimo, pur senza nominarle il porporato si rivolge ai “sabotatori provenienti da diverse formazioni politiche” accusandole di non volere “uno Stato civile separato dalla religione”, una nazione “con diverse religioni e culture, come l’aveva immaginata il patriarca Élias Hoyek”.

A metà ottobre il presidente Michel Aoun ha affidato il mandato al già tre volte Primo Ministro Rafic Hariri, per favorire la nascita di un nuovo esecutivo. La crisi attraversata nell’ultimo anno è solo una delle difficoltà che riguardano politica, economia e le stesse istituzioni. Una situazione precaria, cui il Covid-19 e la doppia esplosione al porto di Beirut hanno dato il colpo di grazia, spingendo il 55% della popolazione sotto la soglia di povertà in un contesto di emergenza continua. L’estrema precarietà ha innescato un aumento dei suicidi e una corsa all’acquisto dei pochi farmaci rimasti, mentre gli ospedali versano in condizioni catastrofiche

Durante la messa celebrata ieri nella chiesa di san Giorgio dei greco-ortodossi il metropolita Élias Audi, ha attaccato la classe dirigente per la gestione del dossier governativo e gli interventi post esplosione al porto di Beirut. “I responsabili - ha affermato nell’omelia - si preoccupano solo di se stessi” e di contrattare questo o quel ministero, ma è arrivato il momento di “smetterla di tergiversare” per formare un verso esecutivo. “Non è troppo tardi - ha aggiunto, dopo aver elencato i molti fallimenti della classe dirigente - per riprendere le fila del discorso e capire che state portando il Libano in fondo a un baratro” dal quale rischia di non riprendersi.

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