17/12/2025, 12.06
VATICANO
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Leone XIV: 'Il prossimo ci chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi'

Prevost da piazza San Pietro ha proseguito il ciclo di catechesi per il Giubileo. La vita moderna è segnata da un "movimento costante". Il vuoto interiore sottolinea che "non siamo macchine". Il cuore tende a "Dio Amore", un "tesoro" che si ottiene amando "fratelli e sorelle in carne e ossa". "Presepe continui a far parte del Natale". 

Città del Vaticano (AsiaNews) - La vita dell’umanità moderna appare frenetica e affannata, segnata da un “movimento costante”, orientato verso “risultati ottimali”. “Siamo assorbiti da tante attività che non sempre ci rendono soddisfatti”, ha detto stamane papa Leone XIV dal sagrato di San Pietro, all’udienza generale del mercoledì. “Molte delle nostre azioni hanno a che fare con cose pratiche, concrete”. Il vuoto interiore che deriva da tale frenesia è l’attestato che uomini e donne non sono “macchine”, ma “cuore”, che non vive “senza sperare”. E la speranza ha un nome: “Gesù Cristo, con la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione”.

Prevost davanti a una piazza San Pietro gremita di fedeli - bagnata per la pioggia delle ultime ore su Roma - ha proseguito il ciclo di catechesi “Gesù Cristo nostra speranza” per l’anno del Giubileo. La riflessione odierna è dedicata al tema “La Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. La Pasqua come approdo del cuore inquieto”. La riflessione del pontefice è iniziata con due quesiti: “In che modo la risurrezione di Gesù illumina questo tratto della nostra esperienza? Quando parteciperemo alla sua vittoria sulla morte, ci riposeremo?”. Alla seconda ha risposto: “Sì, riposeremo. Non saremo inattivi, ma entremo nel riposo di Dio”.

Come illuminare, allora, un’esistenza su cui pesa la “responsabilità di tanti impegni, risolvere problemi, affrontare fatiche” e dove talvolta le cose da fare divengono “un vortice che ci stordisce”? Realizzare di essere “cuore” aiuta, allora, a realizzare la propria “umanità”, di cui è simbolo in quanto “sintesi di pensieri, sentimenti e desideri, il centro invisibile delle nostre persone”. “È dunque nel cuore che si conserva il vero tesoro”, ha detto Leone XIV. Non nelle “casseforti”, o nei “grandi investimenti finanziari”, “idolatrati al sanguinoso prezzo di milioni di vite umane e della devastazione della creazione di Dio”.

Prevost ha sottolineato l’importanza di evitare i rischi di “dispersione”, “disperazione” e “mancanza di significato”. “Leggere la vita nel segno della Pasqua, guardarla con Gesù Risorto, significa trovare l’accesso all’essenza della persona umana, al nostro cuore: cor inquietum”, ha detto. E l’inquietudine rappresenta “il segno che il cuore non si muove a caso, in modo disordinato”, ma orientato verso il “ritorno a casa”. “L’approdo autentico del cuore non consiste nel possesso dei beni di questo mondo, ma nel conseguire ciò che può colmarlo pienamente, ovvero l’amore di Dio, o meglio, Dio Amore”, ha aggiunto il papa.

Questo “tesoro” lo si può ottenere “solo amando il prossimo che si incontra lungo il cammino: fratelli e le sorelle in carne e ossa, la cui presenza sollecita e interroga il nostro cuore, chiamandolo ad aprirsi e a donarsi”, ha spiegato. “Il prossimo ti chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi, a volte di cambiare programma, forse anche di cambiare direzione”. Il segreto del cuore umano è “tornare alla sorgente del suo essere, godere della gioia che non viene meno, che non delude”, ha continuato Prevost.

Al termine dell’udienza papa Leone XIV, salutando i pellegrini di lingua italiana, ha affermato: “Tra non molti giorni sarà Natale e immagino che nelle vostre case si stia ultimando o è già ultimato l’allestimento del presepe, suggestiva rappresentazione del Mistero della Natività di Cristo. Auspico che un elemento così importante, non solo della nostra fede, ma anche della cultura e dell’arte cristiana, continui a far parte del Natale per ricordare Gesù che, facendosi uomo, è venuto ‘ad abitare in mezzo a noi’”.

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