29/09/2006, 00.00
GIAPPONE
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L'eredità di Junichiro Koizumi, le nuove aperture alla Cina

di Pino Cazzaniga

Per tutti i giapponesi l'ex primo ministro "ha fatto epoca" per lo stile diretto e il liberalismo nell'economia. Lascia però un rapporto difficile con Cina e Corea, su cui sta già lavorando il suo successore Shinzo Abe.

Tokyo (AsiaNews) - Il 26 settembre scorso il primo ministro Junichiro Koizumi ha dato l'addio ai suoi collaboratori. Quando è stato eletto dalla Dieta (parlamento) nell'aprile 2001, gli analisti prevedevano una presidenza a breve termine: è stato, invece, una delle più lunghe: 5 anni e 4 mesi. Ora alcuni osservatori arrivano a dire che la sua ascesa al potere non è stata un caso ma una chiamata a fare storia.

"Koizumi, scrive la giornalista Hiroko Nakata, è stato un premier di razza differente: ha espresso messaggi chiari, ha preso iniziative ed è stato accessibile ai media". Per queste qualità " è stato talmente popolare che pochi nel partito hanno osato sfidarlo quando egli si accingeva a scuotere il sistema politico e economico".

"Non si può negare che Koizumi ha trasformato la società", ha detto Ikuo Kume, professore di politica e economia all'università Waseda (Tokyo), " ha fatto epoca".

Giudizi così lusinghieri non devono trarre in inganno: il premier uscente è stato più un demolitore non un costruttore. Ma ha demolito strutture che andavano demolite e che nessun leader fino allora aveva avuto il coraggio o l'abilità di fare.

"Quando ho assunto la carica, ha detto Koizumi nell'ultima intervista, l'economia del Giappone era in ristagno e prevalevano visioni pessimiste. Oggi c'è la voglia di affrontare le sfide dei tempi nuovi e la fiducia che possiamo riuscirvi, se tentiamo".

Lo ha riconosciuto anche uno dei suoi critici piu' severi, Yasuhiro Nakasone (88), ex primo ministro (1982-87): " Durante il 'decennio perduto' degli anni '90, ha scritto, l'economia era crollata, i crimini aumentati, il partito liberal democratico (LDP) disintegrato e il governo cambiava frequentemente. Negli ultimi cinque anni il primo ministro Junichiro Koizumi ha mantenuto un'amministazione stabile e vigorosa, eliminando l'immagine del Giappone come di una nazione alla deriva". Tuttavia, ha aggiunto, "non ha fatto niente per costruire una nuova nazione". In altre parole, i demeriti non sarebbero meno rilevanti dei meriti.

Forse il suo più grande merito è quello di aver liquidato il vecchio sistema di governo che gli analisti denominano "sistema '55". Nel 1955 si è formato il partito liberal democratico (LDP) che per decenni ha avuto la maggioranza assoluta. In quel contesto, a parte poche eccezioni, chi di fatto governava non era il primo ministro ma un gruppo formato dai vertici del partito, della burocrazia e dell'industria: un "triangolo di ferro" che ha dato buoni risultati per lo sviluppo economico ma è stato deleterio per la maturazione democratica. Verso la fine degli anni '80 l'inevitabile corruzione politica e le esigenze della globalizzazione ne hanno bloccato il funzionamento. Koizumi, intuita la causa del blocco, ha usato sfidare il partito facendo leva sulla popolarità che si era acquisito. 

"Senza riforme strutturali, non è possibile alcuna ripresa economica" è stato uno dei suoi slogan. Per riuscirvi non si è piegato alle richieste delle fazioni, scegliendosi come collaboratori persone che possedevano mentalità e abilità riformiste. "Eliminando il vecchio regime, ha detto Kume, ha dato forza e sostanza all'ufficio del primo ministro, impedendo alla vecchia guardia di controllarne le decisioni".

La riforma prioritaria nel suo programma è stata la privatizzazione delle Poste, che in realtà costituiscono la banca e l'agenzia assicurativa più potente del Giappone: dispongono di 350 mila miliardi di yen. Essendo statale, all'organizzazione postale attingeva il vertice del partito per realizzazioni di dubbi lavori pubblici che favorivano interessi di gruppo.

Koizumi si è impegnato al massimo per privatizzarle. Quando nel 2005 il disegno di legge, presentato dal governo al parlamento, è stato bocciato a causa di "franchi tiratori" del suo partito, egli ha osato sciogliere la Camera e indire elezioni: ha vinto con grande maggioranza. I tragressori sono stati eliminati. Per queste e altre riforme la produzione economica, che nel 2002 aveva raggiunto il più basso livello negli ultimi 30 anni, ha ripreso a crescere in modo sostenuto.

Il demerito più grave è stato il fallimento della diplomazia asiatica a causa delle sue ripetute visite al santuario shintoista Yasukuni, dove assieme a un milione e 400 mila caduti, vengono onorati anche 14 responsabili (i cosidetti criminali classe A) delle guerre di invasione perpretate dal Giappone negli anni '30 e '40 a danno di nazioni asiatiche, Cina e Corea in particolare. Per questo da oltre cinque anni non si realizzano visite di stato ai vertici tra Cina e Giappone e, dal novembre scorso, anche con la Corea del sud. In un'intervista d'addio Koizumi si è difeso dicendo: "I giapponesi capiscono che io visito il santuario per onorare i caduti per la patria, non per giustificare la guerra. È giusto rifiutare un vertice (da parte della Cina) a causa di una differenza tra le due nazioni? La risposta diverrà chiara in seguito". Non crediamo che la storia gli darà ragione: il problema non è semplicemente morale ma politico: le relazioni tra Cina e Corea da una parte e Giappone dall'altra dipendono dall'effettivo riconoscimento giapponese della natura aggressiva di quelle guerre.

Il successore Shinzo Abe ha subito comunicato la sua elezione ai vertici della Cina e della Corea del sud. Il premier cinese, Wen Jibao, gli ha risposto con un lieto messaggio, impegnandosi "a lavorare in modo instancabile per migliorare le relazioni tra le due nazioni". È di buon auspicio il fatto che il nuovo premier abbia riconfermato come ministro degli esteri Taro Aso (66), suo rivale alla corsa per la presidenza del consiglio: Aso, cattolico praticante, pur essendo un duro, negli ultimi mesi è stato accolto dal governo cinese come un negoziatore degno di fiducia. 

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