18/03/2019, 14.48
NUOVA ZELANDA
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Massacro di Christchurch: il mondo solidale verso la Nuova Zelanda e i musulmani

Il Paese è ancora sotto shock. Una folla gremisce i memoriali all’esterno della moschea di Al Noor e del giardino botanico. Sui media internazionali trovano risalto le storie di alcune vittime. I leader occidentali esprimono solidarietà, mentre alcuni Paesi musulmani denunciano islamofobia. Lo Stato islamico promette vendetta.

Wellington (AsiaNews) – Fiori, candele, palloncini e messaggi di cordoglio: migliaia di neozelandesi in processione rendono omaggio alle vittime dell’attentato alle moschee di Christchurch, il più grave episodio di violenza nella storia moderna del Paese. L’azione del 28enne suprematista bianco Brenton Harrison Tarrant è costata la vita a 50 persone, 42 nella moschea di Al Noor e otto in quella di Linwood. I leader del mondo occidentale si stringono attorno alla comunità islamica ed esprimono solidarietà al governo di Wellington. Nazioni musulmane accusano invece politici e media, colpevoli di alimentare islamofobia e violenza. Nel frattempo, corrono su internet le minacce dei militanti dello Stato islamico (Is), che parlano del massacro in Nuova Zelanda come di “guerra dei Crociati” contro i musulmani e promettono di rispondere con il “linguaggio del sangue”.

Durante tutta la giornata di ieri, presso i memoriali improvvisati all’esterno della moschea di Al Noor e del giardino botanico di Christchurch, sono apparse lunghe file di comuni cittadini raccolti in silenzio sotto la pioggia. Nel frattempo, i familiari di alcune fra le vittime attendevano che le autorità rilasciassero i corpi dei loro cari per predisporre i riti funebri islamici. La premier neozelandese, Jacinda Ardern dichiara che le autorità sperano di consegnare tutti i corpi entro due giorni. Il commissario della polizia, Mike Bush, riferisce che patologi e coroner lavorano senza sosta per portare a termine il processo.

La polizia ha rilasciato una lista preliminare delle vittime: tra loro vi erano insegnanti, ingegneri e contabili perfettamente integrati nel tessuto sociale; alcuni erano emigrati in Nuova Zelanda decenni fa; altri si trovavano nel Paese per brevi visite. I funzionari neozelandesi non hanno ancora comunicato tutti i nomi delle persone uccise, ma ministeri e diplomatici stranieri di tutto il mondo hanno identificato almeno 29 vittime. Tra queste vi sono cittadini di Afghanistan, Pakistan (12), Bangladesh (2), Indonesia, India (5), Egitto e Giordania. I feriti ricoverati in ospedale sono 34, 12 dei quali in condizioni critiche.

Sui media internazionali trovano risalto le storie di alcuni fra i caduti sotto i colpi di Tarrant. Abdullahi Dirie, 4 anni, è morto in ospedale per le ferite riportate nell’attacco. Mucaad Ibrahim (3) era con il padre ed il fratello, quando se ne sono perse le tracce nella confusione che è seguita ai primi spari. Husne Ara Parvin, 42enne bangladeshi, è stata raggiunta da una raffica mentre cercava di fare scudo al marito, costretto sulla sedia a rotelle. Il pakistano Naeem Rashid e suo figlio Talha Naeem, 22 anni, hanno perso la vita nel tentativo di disarmare l’assassino.

Alla tragedia di Christchurch è seguita la condanna unanime dei governi mondiali.  “Contrastare l’odio e la violenza” con “la preghiera e gesti di pace”: è l’invito che papa Francesco ha rivolto ieri a tutti per essere vicini ai “nostri fratelli musulmani e a tutta quella comunità” della Nuova Zelanda. Due giorni prima, il papa aveva inviato un telegramma di cordoglio, imitato da molte Chiese dell’Asia. Il presidente Usa, Donald J. Trump ha espresso solidarietà alla premier neozelandese per l’“orrendo” attentato e ha offerto “tutta l’assistenza gli Stati Uniti possono offrire”. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha pianto “con i neozelandesi per i loro concittadini, che sono stati attaccati e uccisi per odio razzista mentre pregavano pacificamente nelle loro moschee”.

Il primo ministro pakistano, Imran Khan, sui social media si è invece scagliato contro “l’islamofobia post 11 settembre, per cui tutti i musulmani sono accusati per ogni attentato”. Anche  Mevlut Cavusoglu, ministro degli Esteri della Turchia, ha affermato che il massacro è il risultato della demonizzazione dei musulmani. “Non solo gli esecutori – ha dichiarato Cavusoglu – ma anche i politici ed i media occidentali che gettano benzina sulla dilagante islamofobia, sono responsabili per questo odioso attacco”.

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