14/12/2012, 00.00
MYANMAR
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Nuovi arresti di attivisti birmani, in piazza per manifestare contro le violenze ai monaci

Le operazioni si sono svolte a Mandalay, seconda città del Myanmar. I dimostranti chiedevano “pubbliche scuse” della polizia, protagonista del raid contro religiosi buddisti e cittadini contrari alla miniera sino-birmana. Movimento studentesco conferma il blitz e aggiunge: di quattro persone “non si hanno più notizie”.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità hanno annunciato oggi una nuova ondata di arresti, che ha colpito manifestanti scesi in piazza nei giorni scorsi per chiedere "pubbliche scuse" della polizia, protagonista del raid contro monaci e cittadini contrari alla miniera di rame sino-birmana (cfr. AsiaNews 01/12/2012 Attivista cattolico: le violenze contro i monaci, "vera faccia" del cambiamento birmano). Di recente in tutto il Myanmar si sono tenute proteste pubbliche contro il blitz delle forze dell'ordine, durante il quale sono rimasti feriti in modo grave un centinaio di religiosi buddisti, che hanno riportato profonde bruciature alla pelle per l'uso di un gas "misterioso". Fonti ufficiali confermano che "alcuni attivisti sono stati prelevati, per essere sottoposti a interrogatorio".  

Le operazioni della polizia si sono svolte soprattutto a Mandalay, la seconda città per importanza della ex Birmania. Le persone fermate avrebbero inscenato proteste pubbliche "senza essere autorizzate". Una conferma agli arresti arriva dal movimento All Burma Federation of Student Unions, che ha aderito alle dimostrazioni, secondo cui gli agenti hanno prelevato "otto persone" e di quattro di loro "non si hanno più notizie".

Il 12 dicembre scorso, ancora una volta centinaia di monaci, attivisti e cittadini hanno marciato in tutta la nazione contro il raid della polizia di fine novembre. Si tratta della più importante repressione del dissenso pacifico operata dalle autorità, dall'ascesa al potere del governo riformista guidato dal presidente Thein Sein, ex figura di primo piano della giunta militare birmana in carica sino al 2011. La scorsa settimana il ministro degli Affari religiosi Myint Maung ha offerto le proprie scuse - a nome dell'esecutivo - ai vertici del buddismo birmano.

La miniera di rame si trova poco lontano dalla città di Monywa, regione di Sagaing, nel centro del Myanmar, ed è la più grande del Paese. La cava è di proprietà della Myanmar Wanabo Mining Copper - parte del gigante statale cinese North China Industries Corp. (Norinco) - e opera in partnership col ministero birmano delle Miniere e un'industria vicina alla leadership militare. Dal mese di giugno è teatro di manifestazioni dei cittadini, per conflitti irrisolti legati a inquinamento ambientale, sequestro forzato dei terreni, risarcimenti e risistemazione degli sfollati. 

Il 29 novembre gli agenti antisommossa sono intervenuti per sedare le proteste, causando il ferimento di diversi agricoltori e monaci, alcuni dei quali hanno riportato bruciature effetto di un "gas misterioso", che ha provocato ustioni alla pelle (cfr. AsiaNews 29/11/2012 Polizia antisommossa disperde la protesta contro una miniera sino-birmana). Il raid ha causato indignazione e risentimento fra i birmani, che guardano ai monaci come "custodi" della tradizione e della storia del Myanmar. I religiosi buddisti hanno infatti ricoperto un ruolo di primo piano durante i moti del 1988 e la Rivoluzione zafferano del 2007, quali strenui difensori dei diritti e degli interessi della popolazione. 

 

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