05/04/2023, 12.34
IRAQ - ONU
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Onu: in 50 anni scomparsi nel nulla un milione di iracheni

Sono i dati contenuti in un rapporto pubblicato dal Comitato sulle sparizioni forzate delle Nazioni Unite, esito di una visita degli esperti nel novembre 2022. L’appello a contrastare il fenomeno, presente ancora oggi. Manca però una legislazione specifica. Il dominio di Saddam, l’invasione Usa e l’Isis fra le cause delle ondate di sparizioni.

Baghdad (AsiaNews) - Negli ultimi 50 anni di travagliata storia del Paese, in Iraq sono “scomparse” in modo forzato o violento circa un milione di persone. Dal regime di Saddam Hussein fino all’occupazione Usa e l’ascesa dell’Isis, poi sconfitto sul piano militare, sono molteplici i fattori che hanno contribuito a rendere la nazione araba fra quelle al mondo col maggior tasso di popolazione “sparita senza lasciare traccia”. A certificarlo sono i risultati di uno studio pubblicato ieri dagli esperti del Comitato sulle sparizioni forzate delle Nazioni Unite, che lanciano un appello al governo di Baghdad perché vi sia un maggiore impegno “nella ricerca delle vittime e nel punire i colpevoli”. 

A frenare una lotta efficace al fenomeno delle persone scomparse vi è anche il fatto che non è previsto come reato nel Codice penale. Da qui la richiesta al governo iracheno di “stabilire immediatamente le basi per prevenire, sradicare e arrestare questo crimine atroce”, sebbene dall’esecutivo o da rappresentanti istituzionali non si siano sinora registrate reazioni. 

Gli esperti del Comitato, chiamati a vigilare sull’applicazione della Convenzioni Onu sulla protezione di tutte le persone contro le sparizioni forzate, hanno compiuto una visita nel Paese nel novembre 2022, elaborando poi un rapporto pubblicato ieri. In una nota a margine della presentazione, essi spiegano che pur avendo registrato un atteggiamento collaborativo dalle autorità ancora oggi le sparizioni continuano in una cultura prevalente di impunità.

La prima fase delle sparizioni misteriose è coincisa con il dominio di Saddam, sotto il quale sono scomparse “in modo forzato” e indipendente dalla propria volontà fino a 290mila persone, fra cui almeno 100mila curdi. Nel Kurdistan fra il 1968 e il 2003, prosegue la nota del comitato Onu, il raìs avrebbe perpetrato una “campagna” equiparabile a un “genocidio”. 

Tuttavia il fenomeno è proseguito anche dopo l’invasione Usa che ha determinato la caduta, con conseguente arresto ed esecuzione per impiccagione, del dittatore. Il riferimento è alla “cattura” o alla “prigionia” di circa 200mila iracheni, la metà dei quali detenuta - spesso senza fornire notizie - in carceri gestite dagli Stati Uniti o dalla Gran Bretagna. “Vi è il forte sospetto - sostiene il Comitato - che le persone siano state arrestate senza un mandato per il loro coinvolgimento in operazioni di rivolta, mentre altri ancora erano ‘civili nel posto sbagliato nel momento sbagliato’”. 

Con l’ascesa nell’estate 2014 dei jihadisti dello Stato islamico si è avuta una ulteriore ondata di sequestri e sparizioni nei territori sotto il loro controllo (circa la metà di Siria e Iraq nel momento di massima espansione). “Altri fenomeni in corso - spiega la nota - includono la presunta sparizione forzata di bambini, in particolare bambini yazidi nati dopo che le loro madri sono state oggetto di violenze sessuali nel centri controllati da Daesh [acronimo arabo per l’Isis]”. 

Durante la visita, i membri del Comitato hanno ascoltato testimonianze e raccolto prove. Una madre, delineando un “modello tipico e tuttora in corso” come confermano gli esperti, ha raccontato: “Mio figlio era andato a trovare suo cugino. L’ho chiamato subito dopo che era uscito perché aveva dimenticato il pane che volevo offrisse a mio nipote. Ha risposto dicendo che era a un posto di blocco, alcuni uomini in uniforme lo stavano controllando e mi avrebbe chiamato subito dopo. Non l’ha mai fatto” e del giovane non si è saputo più nulla. “Da allora - conclude la madre - l’ho cercato ovunque, in tutte le carceri, con tutte le autorità. Ma niente, niente, niente”. E come questa, centinaia di altre famiglie sono alla ricerca di persone care, con tutta probabilità detenute nei centri in Turchia, Siria o Iran “dove il contatto con il mondo esterno - spiegano gli esperti - è impossibile”.

Il Comitato Onu lancia un appello al governo iracheno, perché oltre a mettere mano alla legislazione e al codice penale, giunga anche alla creazione di una task force indipendente chiamata a compilare una lista delle persone arrestate e che le famiglie siano avvisate della loro condizione. Ancora oggi vi sono denunce relative a prigioni segrete - accusa respinta dalle autorità - che vanno ricercate usando tutti i mezzi, dai satelliti ai droni. 

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