22/06/2022, 10.35
IRAN
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Onu: nei primi tre mesi dell’anno Teheran ha giustiziato oltre 100 persone

L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite presentato ieri conferma l’uso crescente della pena capitale nella Repubblica islamica. Un aumento coinciso con l’ascesa alla presidenza di Raisi, che da magistrato ha fatto ampio ricorso al boia. Sempre più condanne per reati legati alla droga e per minori al momento del reato. 

Teheran (AsiaNews) - In meno di tre mesi a inizio 2022 l’Iran ha giustiziato oltre un centinaio di persone, pari a circa un terzo delle esecuzioni registrate lo scorso anno e poco meno della metà del totale nel 2020. Una escalation che emerge dai numeri e conferma il ricorso crescente alla pena di morte, anche per reati minori e persone inferiori ai 18 anni al momento del crimine, annunciato da analisti ed esperti in seguito alla vittoria alle presidenziali lo scorso anno dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi. Procuratore generale della Repubblica islamica e presidente della Corte suprema, nella sua carriera in magistratura egli aveva fatto ampio ricorso al boia fin dagli anni ‘80 del secolo scorso, con la condanna a morte di migliaia di detenuti politici. 

L’ultima esecuzione è avvenuta in questi giorni a carico di un 21enne di origini uzbeke, responsabile di un attacco a colpi di coltello il 5 aprile scorso nei pressi del santuario dell’imam Reza, a Mashhad, durante il Ramadan. Nell’assalto il giovane aveva ucciso due leader sciiti e ne ha ferito gravemente un terzo. La sentenza è stata eseguita per impiccagione, alla presenza di un gruppo di cittadini nel carcere di Vakilabad. Fra le accuse a carico dell’aggressore quella di “guerra contro Dio” (moharebeh), usando un’arma per terrorizzare le persone dentro e fuori il santuario.

Nel rapporto presentato ieri al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, alla presenza del segretario generale Onu Antonio Guterres, la vice responsabile per l’Iran Nada Al-Nashif ha documentato un trend in forte crescita: “Mentre nel 2020 sono state giustiziate 260 persone, e almeno 310 nel 2021, incluse 14 donne”, fra il primo gennaio e il 20 marzo 2022 “sono state giustiziati almeno 105 individui, la maggior parte dei quali appartenenti gruppi minoritari”. Lo studio degli esperti delle Nazioni Unite rivela profonda “preoccupazione” per l’aumento del ricorso al boia per reati minori, compresi quelli legati al consumo - e traffico - di droga.

“La pena di morte - ha sottolineato Nada Al-Nashif al Consiglio - continua ad essere imposta sulla base di accuse che non equivalgono ai ‘reati più gravi’ e in modi incompatibili con gli standard basati su processi equi”. A marzo, rivela, almeno 52 persone condannate a morte con accuse legate al narcotraffico e consumo di stupefacenti sono state trasferite nella prigione di Shiraz per l’esecuzione. Vi è poi un uso “continuo” della pena di morte per i minorenni, in palese violazione del diritto internazionale. Fra agosto 2021 e marzo 2022 almeno due persone che hanno commesso reati da minorenni sono state uccise e altri 85 minorenni sono nel braccio della morte. 

“Nel febbraio 2022, in uno sviluppo positivo, la Corte suprema - ha aggiunto la vice Alto commissario Onu per i diritti umani - ha deciso di revocare la condanna a morte ai danni di un minore nel braccio della morte da 18 anni”. L’esperta ha poi denunciato altre violazioni ai diritti in Iran, soprattutto in seguito alle recenti proteste legate alla perdurante crisi politica, sociale ed economica che ha colpito il Paese nell’ultimo anno. “L’uso eccessivo della forza - aggiunge - costituisce la risposta predefinita da parte delle autorità in occasione di manifestazioni”.

Fra aprile e maggio di quest’anno “almeno 55 persone” fra insegnanti, avvocati, sindacalisti, artisti e accademici sono stati arrestati durante le proteste, molti dei quali devono rispondere di accuse “contro la sicurezza nazionale”. Le morti inutili causate da un uso eccessivo della forza da parte delle autorità contro transfrontalieri, manifestanti pacifici e detenuti “sono continuate nella più totale impunità”. “E la portata di decessi in carcere - ha concluso - è fonte di seria preoccupazione”.

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