14/12/2025, 11.39
VATICANO
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Papa nel Giubileo delle carceri: ‘Nessuno vada perduto’

Davanti a 6mila tra detenuti, famigliari e operatori penitenziari provenienti da tutto il mondo il pontefice ha rinnovato l’invito a tutti i Paesi a varare un’amnistia per l’Anno Santo.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Che nessuno vada perduto! Che tutti siano salvati! Questo vuole il nostro Dio, questo è il suo Regno, a questo mira il suo agire nel mondo”. È il messaggio che papa Leone questa mattina ha consegnato al mondo presiedendo nella basilica di San Pietro il Giubileo del mondo delle carceri, l’ultimo grande evento del calendario degli eventi dell’Anno Santo. E lo ha fatto richiamando il gesto di papa Francesco che proprio nel carcere romano di Rebibbia, il 26 dicembre dello scorso anno, aveva voluto aprire la prima Porta Santa dopo quella della basilica di San Pietro.

Da venerdì e fino a oggi a Roma da ben 90 Paesi sono giunti circa 6mila pellegrini a vario titolo legati a questo mondo: detenuti, famigliari, operatori delle carceri, agenti di polizia e dell’amministrazione penitenziaria. Dall’Asia i gruppi più significativi sono giunti dall’Indonesia, dalle Filippine e da Taiwan. Leone XIV ha vissuto insieme a loro la celebrazione eucaristica in quella che per la Chiesa è la domenica del “Gaudete”, che anche con il colore rosa degli abiti liturgici ricorda la dimensione luminosa dell’attesa della venuta di Gesù: la fiducia che qualcosa di bello, di gioioso sta per accadere.

E all'Angelus il papa ha ricordato come questo messaggio di speranza la liturgia l'affidi a Giovanni Battista che si trova in carcere: "Egli non perde la speranza, diventando per noi segno che la profezia, anche se in catene, resta una voce libera in cerca di verità e di giustizia".

Nell'omelia della Messa Prevost aveva ricordato le parole del suo predecessore che proprio da Rebibbia ormai quasi un anno fa esortava “a essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità negli ambienti in cui viviamo”. “Mentre si avvicina la chiusura dell’Anno giubilare – ha commentato con franchezza Leone XIV - dobbiamo riconoscere che, nonostante l’impegno di molti, anche nel mondo carcerario c’è ancora tanto da fare in questa direzione. Sono molti a non comprendere ancora che da ogni caduta ci si deve poter rialzare, che nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione”.

“Quando però si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono – ha aggiunto - allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità. Si tratta di un lavoro sui propri sentimenti e pensieri necessario alle persone private della libertà, ma prima ancora a chi ha il grande onere di rappresentare presso di loro e per loro la giustizia. Il Giubileo è una chiamata alla conversione e proprio così è motivo di speranza e di gioia”.

In questo contesto Leone XIV ha ricordato che nella bolla di indizione del Giubileo “Spes non confundit” papa Francesco auspicava anche “forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società”. “Confido che in molti Paesi si dia seguito al suo desiderio”, ha commentato.

I problemi da affrontare nel carcere sono tanti. “Pensiamo al sovraffollamento, all’impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità di lavoro – ha elencato Prevost -. E non dimentichiamo, a livello più personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con sé stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più. Il Signore, però, al di là di tutto, continua a ripeterci che una sola è la cosa importante: che nessuno vada perduto e che tutti siano salvati”.

Un segno importante in questo senso lo si è potuto toccare con mano nella stessa celebrazione giubilare: le ostie utilizzate per la Messa sono state donate dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti attraverso il progetto «Il senso del Pane», che dal 2016 coinvolge ogni anno più di 300 detenuti nella produzione delle particole destinate a oltre 15.000 chiese di tutto il mondo.

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