03/10/2021, 12.49
VATICANO
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Papa: 'In Myanmar le mani che asciugano lacrime si stringano per fare pace'

All'Angelus un nuovo appello per il Paese asiatico sempre più gravemente colpito dalle violenze. Nel commento al Vangelo la riflessione sul "riconoscersi piccoli" come punto di partenza per diventare grandi, aprendo davvero il cuore a Gesù. Dopo gli oltre 100 morti in un carcere dell'Ecuador la preghiera perché Dio risani "le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri".

Città del Vaticano (AsiaNews) – Un nuovo appello per la pace nell' “amata terra del Myanmar” - scossa dai combattimenti tra l'esercito e le milizie etniche soprattutto nello Stato Chin - è stato lanciato da papa Francesco al termine dell'Angelus presieduto come ogni domenica in piazza San Pietro davanti ad alcune migliaia di fedeli. Mentre il mondo segue sempre più distrattamente le notizie che arrivano dal Myanmar sull'inasprirsi degli scontri e la repressione a ormai otto mesi dal colpo di Stato del 1 febbraio, il pontefice ha invitato a pregare perché “le mani di quanti abitano questo Paese non debbano più asciugare lacrime di dolore e morte, ma possano stringersi per superare le difficoltà e lavorare insieme per l'avvento della pace”.

L'appello per il Myanmar è giunto subito dopo che papa Francesco aveva espresso dolore per le notizie giunte dall'Ecuador sulle violenze nel carcere di  Guayaquil costate la vita a più di 100 persone. “Dio ci aiuti - ha detto - a sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri e aiuti quanti lavorano ogni giorno per rendere più umana la vita nella carceri”.

Prima della recita dell'Angelus - commentando il brano di Vangelo proposta dalla liturgia di oggi - il papa si era soffermato sulla “reazione piuttosto insolita di Gesù” che si indigna “non con chi discute con Lui, ma con chi, per sollevarlo dalla fatica, allontana da Lui i bambini”. Questa racconto è diventato l'occasione per una riflessione sulla piccolezza come via per accogliere il Signore. “Il discepolo – ha detto - non deve solo servire i piccoli, ma riconoscersi lui stesso piccolo. È il primo passo per aprirci al Signore. Spesso, però, ce ne dimentichiamo. Nella prosperità, nel benessere, abbiamo l’illusione di essere autosufficienti, di bastare a noi stessi, di non aver bisogno di Dio. Dobbiamo cercare la nostra piccolezza e riconoscerla. E lì troveremo Gesù”.

“Nella vita – ha continuato Francesco - riconoscersi piccoli è un punto di partenza per diventare grandi. Cresciamo non tanto in base ai successi e alle cose che abbiamo, ma soprattutto nei momenti di lotta e di fragilità. Lì, nel bisogno, maturiamo; lì apriamo il cuore a Dio, agli altri, al senso della vita”. In questo senso “con Dio le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Una bella preghiera – ha aggiunto il pontefice - sarebbe questa: 'Signore, guarda le mie fragilità…' ed elencarle davanti a Lui. Questo è un buon atteggiamento davanti a Dio. Infatti, proprio nella fragilità scopriamo quanto Dio si prende cura di noi”.

“Lo sa bene – ha concluso il papa - chi prega con perseveranza: nei momenti bui o di solitudine, la tenerezza di Dio verso di noi si fa ancora più presente. Il Signore ci stringe a sé, come un papà col suo bambino. Così diventiamo grandi: non nell’illusoria pretesa della nostra autosufficienza – questo non fa grande nessuno – ma nella fortezza di riporre nel Padre ogni speranza. Proprio come fanno i piccoli”.

 

 

 

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