28/11/2006, 00.00
VATICANO - TURCHIA
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Papa: il dialogo tra cristiani e musulmani è una "necessità vitale"

di Franco Pisano

Nel primo giorno del viaggio in Turchia, Benedetto XVI esprime stima per l'islam e chiede il rispetto per la libertà di religione. Un bene il dialogo tra Turchia ed Europa. La comunità internazionale si impegni per fermare il conflitto in Medio Oriente. Dal nostro inviato.

Ankara (AsiaNews) – Il dialogo tra cristiani e musulmani "è una necessità vitale, dalla quale dipende, in larga misura, il nostro futuro". La frase detta ai rappresentanti islamici a Colonia, nell'agosto del 2005, è tornata oggi sulle labbra di Benedetto XVI, quasi a sancire il suo vero giudizio sull'incontro con l'islam, al di là dei fraintendimenti sul discorso di Regensburg.

E' un clima del tutto diverso da quello minaccioso dei giorni scorsi che ha accolto oggi il Papa ad Ankara: il premier Tayyip Erdogan è andato a riceverlo all'aeroporto, cosa che egli stesso escludeva fino a poco fa, e le sue parole sono state decisamente positive, centrate sulla collaborazione tra culture e sul rispetto del Papa verso l'islam.

Dal canto suo, Benedetto XVI che già sull'aereo, parlando con i giornalisti, aveva sottolineato il ruolo della Turchia di ponte tra oriente e occidente ed evocato l'affetto che Giovanni XXIII portava a questa terra, nell'omaggio al mausoleo di Ataturk, padre della Turchia moderna e tappa obbligata delle personalità in visita ufficiale, sul libro d'oro ha scritto: "in questa terra, punto d'incontro e crocevia di religioni e culture diverse, cerniera fra l'Asia e l'Europa, volentieri faccio mie le parole del fondatore della Repubblica turca per esprimere l'augurio 'pace in patria, pace nel mondo'".

E' dedicato al dialogo interreligioso e alla Turchia questo primo giorno del viaggio papale, nel quale in entrambi i discorsi ufficiali Benedetto XVI trova il modo di sottolineare la necessità di rispettare la libertà religiosa.

Il cerimoniale dell'accoglienza è "da capo di Stato", ma al di là di politici e militari non c'è gente a salutare il Papa, e non la si aspettava, in un Paese ancora scosso dalle polemiche islamiche contro il Papa. Nei 45 chilometri che separano l'aeroporto dal memoriale di Ataturk, dalle forme che ricordano un tempio greco, dall'auto blindata che lo porta, il Papa non ha salutato folle festanti: ha visto strade rigorosamente tenute sgombre dalle forze di sicurezza e facce di soldati impietrite nel saluto. In città, tra i minareti delle tante moschee, poche donne velate, in mezzo a tante ragazze in jeans e capelli al vento.

Di dialogo parla anche Erdogan che, al termine dell'incontro col Papa, racconta di aver parlato dell'iniziativa turco-ispanica per l'alleanza delle civiltà, in contrapposizione con lo "scontro" del quale tanto si parla. Iniziativa che, sostiene, ha avuto l'approvazione papale. "Benedetto XVI – aggiunge - è stato d'accordo con me nel definire l'Islam come una religione di amore e di pace".

"Stiamo attraversando – dice ancora - un periodo molto difficile per lo scontro di civiltà in corso nel mondo. Perciò trovo importante e significativa la visita del Papa in un Paese al 95% musulmano, un Paese democratico e laico. La sua visita è importante anche per trasmettere al mondo un messaggio di tolleranza e di pace. E il papa si è detto d'accordo con me". Erdogan parla anche di una appoggio del Papa a proposito dell'ingresso della Turchia in Europa. Sul che il portavoce papale, padre Federico Lombardi precisa che la Santa Sede vede con favore questo cammino di riavvicinamento tra Europa e Turchia e questo rapporto costruttivo con l'Europa, ma, non essendo una entità "politica", non entra nel merito della questione delle trattative per l'adesione all'Ue.

Precisazioni a parte, sono decisamente pacifici i toni di un uomo che, all'indomani del discorso di Regensburg, aveva avuto parole molto dure verso il Papa.

Che dal canto suo incontrando, Ali Bardakoglu, presidente del Dipartimento affari religiosi, esprime rispetto per l'islam e amore per i turchi, ma anche la necessità di tutelare la libertà religiosa. E' l'appuntamento più atteso di oggi, tra il dirigente statale che sovrintende a tutte le moschee e gli imam del Paese e che, fino a poco fa, voleva le "scuse" del Papa per l'offesa all'islam fatta a Regensburg. Ci sono anche i gran muftì di Ankara e Istanbul. Bardakoglu fa un implicito riferimento a Regensburg, quando dice che "l'islam viene rappresentato come una religione causa di violenze, una religione diffusa sulla Terra grazie all'uso della spada" e che tali visioni "non hanno alcuna concretezza storica e scientifica", ma poi parla della visita del Papa come "un passo importante e positivo nella diffusione dei sentimenti di giustizia e nello sviluppo dell'armonia tra le diverse culture, religioni e civiltà".

"Mi sono preparato a questa visita in Turchia – dice il Papa - con i medesimi sentimenti espressi dal mio predecessore, il Beato Giovanni XXIII, quando giunse qui come arcivescovo Angelo Giuseppe Roncalli, per adempiere l'incarico di Rappresentante Pontificio ad Istanbul: 'Io sento di voler bene al Popolo turco, presso il quale il Signore mi ha mandato... Io amo i Turchi, apprezzo le qualità naturali di questo Popolo, che ha pure il suo posto preparato nel cammino della civilizzazione' (Giornale dell'anima, 231.237)".

In quello che è considerato il suo discorso all'islam, turco e non, Benedetto XVI afferma che il dialogo è una "necessità" e che i cristiani e i musulmani, possono offrire un grande contributo a un mondo travagliato da problemi che vanno dalla povertà al dissesto ecologico, alla pace. "In particolare – aggiunge - possiamo offrire una risposta credibile alla questione che emerge chiaramente dalla società odierna, anche se essa è spesso messa da parte, la questione, cioè, riguardante il significato e lo scopo della vita, per ogni individuo e per l'intera umanità. Siamo chiamati ad operare insieme, così da aiutare la società ad aprirsi al trascendente, riconoscendo a Dio Onnipotente il posto che Gli spetta.

Il modo migliore per andare avanti è quello di un dialogo autentico fra cristiani e musulmani, basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci meglio l'un l'altro, rispettando le differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune. Ciò contemporaneamente porterà ad un autentico rispetto per le scelte responsabili che ogni persona compie, specialmente quelle che attengono ai valori fondamentali e alle personali convinzioni religiose".

C'è anche, nel discorso papale, una sorta di "rivincita" del teologo Ratzinger. Contestato per una citazione ritenuta offensiva dell'islam, contenuta nella "lectio" di Regensburg, oggi ne usa un'altra per parlare bene dei musulmani e del dialogo. "Come esempio del rispetto fraterno con cui cristiani e musulmani possono operare insieme – dice infatti - mi piace citare alcune parole indirizzate da Papa Gregorio VII, nell'anno 1076, ad un principe musulmano del Nord Africa, che aveva agito con grande benevolenza verso i cristiani posti sotto la sua giurisdizione. Papa Gregorio VII parlò della speciale carità che cristiani e musulmani si devono reciprocamente, poiché 'noi crediamo e confessiamo un solo Dio, anche se in modo diverso, ogni giorno lo lodiamo e veneriamo come Creatore dei secoli e governatore di questo mondo' (PL 148, 451)".

Non manca infine nelle parole del Papa, né poteva mancare, un richiamo alla libertà di religione. "Essa - dice ad un Paese che vede in tale tema uno dei nodi della trattativa con l'Ue - garantita istituzionalmente ed effettivamente rispettata, sia per gli individui come per le comunità, costituisce per tutti i credenti la condizione necessaria per il loro leale contributo all'edificazione della società, in atteggiamento di autentico servizio, specialmente nei confronti dei più vulnerabili e dei poveri".

Ne parla anche, a fine giornata, quando incontra in nunziatura ad una novantina di rappresentanti diplomatici accreditati in Turchia, quando la definisce "espressione fondamentale della libertà umana" e  afferma che "la presenza attiva delle religioni nella società è un fattore di progresso e di arricchimento per tutti. Ciò implica, certo, - aggiunge - che le religioni per parte loro non cerchino di esercitare direttamente un potere politico, poiché a questo non sono chiamate e, in particolare, che rinuncino assolutamente a giustificare il ricorso alla violenza come espressione legittima della pratica religiosa".

L'ultimo pensiero è per "il conflitto in Medio Oriente", che "perdura in modo inquietante pesando su tutta la vita internazionale, con il rischio di veder espandersi conflitti periferici e diffondersi le azioni terroristiche; saluto – prosegue - gli sforzi di numerosi Paesi che si sono impegnati oggi nella ricostruzione della pace in Libano, e fra di essi la Turchia. Faccio appello ancora una volta – conclude - alla vigilanza della comunità internazionale perché non si sottragga alle sue responsabilità e dispieghi tutti gli sforzi necessari per promuovere, tra tutte le parti in causa, il dialogo, che solo permette di assicurare il rispetto verso gli altri, pur salvaguardando gli interessi legittimi e rifiutando il ricorso alla violenza".

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