24/01/2018, 10.37
VATICANO
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Papa: inaccettabile che si sia perseguitati a causa della fede

Ricevendo una rappresentanza della comunità Yezidi in Germania, Francesco ha parlato delle “indicibili violazioni dei diritti fondamentali della persona umana: rapimenti, schiavitù, torture, conversioni forzate, uccisioni”, subite in Siria e Iraq. Il ricordo dei viaggi in Cile e Perù. Nuovo appello per il Congo.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “È inaccettabile che esseri umani vengano perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa! Ogni persona ha diritto di professare liberamente e senza costrizioni il proprio credo religioso”. E’ tornato a ripeterlo oggi papa Francesco che, prima dell’udienza generale nella quale ha evocato le tappe del viaggio in Cile e Perù, ha incontrato nell’Auletta dell’Aula Paolo Vi, una rappresentanza della comunità Yezidi in Germania.

E al termine dell’udienza generale, infine, ha lanciato un nuovo appello per il Congo. “Purtroppo – le sue parole - continuano a giungere notizie preoccupanti dalla Repubblica Democratica del Congo. Pertanto, rinnovo il mio appello perché tutti si impegnino ad evitare ogni forma di violenza. Da parte sua, la Chiesa non vuole altro che contribuire alla pace e al bene comune della società”.

Francesco ha parlato della comunità Yezidi, in particolare quanti vivono in Iraq e Siria. “Il mio pensiero solidale e orante va alle vittime innocenti di insensata e disumana barbarie”.

“La vostra storia, ricca di spiritualità e cultura, - ha proseguito - è stata purtroppo segnata da indicibili violazioni dei diritti fondamentali della persona umana: rapimenti, schiavitù, torture, conversioni forzate, uccisioni. I vostri santuari e luoghi di culto sono stati distrutti. I più fortunati tra voi sono potuti fuggire, ma lasciando tutto quanto avevano, anche le cose più care e più sacre”.

“In tante parti del mondo ci sono ancora minoranze religiose ed etniche, tra cui i cristiani, perseguitate a causa della fede. La Santa Sede non si stanca di intervenire per denunciare queste situazioni, chiedendo riconoscimento, protezione e rispetto. Al tempo stesso, esorta al dialogo e alla riconciliazione per risanare ogni ferita. Di fronte alla tragedia che si sta perpetrando a danno della vostra comunità, si comprende, come dice il Vangelo, che dal cuore dell’uomo possono scatenarsi le forze più oscure, capaci di giungere a pianificare l’annientamento del fratello, a considerarlo un nemico, un avversario, o addirittura un individuo privo della stessa dignità umana. Ancora una volta alzo la mia voce in favore dei diritti degli Yezidi, anzitutto il diritto ad esistere come comunità religiosa: nessuno può attribuirsi il potere di cancellare un gruppo religioso perché non fa parte di quelli detti ‘tollerati’”.

“Penso inoltre ai membri della vostra comunità che sono ancora nelle mani dei terroristi: auspico vivamente che si faccia tutto il possibile per salvarli; come pure per rintracciare i dispersi e per dare identità e degna sepoltura a quanti sono stati uccisi. La Comunità internazionale non può restare spettatrice muta e inerte di fronte al vostro dramma. Incoraggio pertanto le istituzioni e le persone di buona volontà appartenenti ad altre comunità a contribuire alla ricostruzione delle vostre case e dei vostri luoghi di culto. Non si tralascino concreti sforzi per creare le condizioni idonee al ritorno dei profughi alle loro case e a preservare l’identità della comunità Yezidi”.

Con le 15mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale, Francesco ha ripercorso le tappe del viaggio appena compiuto. “Il mio arrivo in Cile - ha detto tra l’altro - era stato preceduto da diverse manifestazioni di protesta, per vari motivi. E questo ha reso ancora più attuale e vivo il motto della mia visita: «Mi paz os doy – Vi do la mia pace». Sono le parole di Gesù rivolte ai discepoli, che ripetiamo in ogni Messa: il dono della pace, che solo Gesù morto e risorto può dare a chi si affida a Lui. Nell’incontro con le Autorità politiche e civili del Paese ho incoraggiato il cammino della democrazia cilena, come spazio di incontro solidale e capace di includere le diversità; per questo scopo ho indicato come metodo la via dell’ascolto: in particolare l’ascolto dei poveri, dei giovani e degli anziani, degli immigrati, e anche l’ascolto della terra”.

“Con i sacerdoti e i consacrati e con i Vescovi del Cile ho vissuto due incontri molto intensi, resi ancora più fecondi dalla sofferenza condivisa per alcune ferite che affliggono la Chiesa in quel Paese. In particolare, ho confermato i miei fratelli nel rifiuto di ogni compromesso con gli abusi sessuali sui minori, e al tempo stesso nella fiducia in Dio, che attraverso questa dura prova purifica e rinnova i suoi ministri”.

Ricordando poi la visita al carcere femminile di Santiago ha affermato la necessità di prevedere il reinserimento dei carcerati, “come orizzonte che dà senso alla pena quotidiana”.

Nella messa celebrata in Araucanía, “terra dove abitano gli indios Mapuche, ha trasformato in gioia i drammi e le fatiche di questo popolo, lanciando un appello per una pace che sia armonia delle diversità e per il ripudio di ogni violenza”. Quella a Iquique “è stata un inno all’incontro tra i popoli, che si esprime in modo singolare nella religiosità popolare”.

“In Perù il motto della Visita è stato: “Unidos por la esperanza - Uniti dalla speranza”. Uniti non in una sterile uniformità, ma in tutta la ricchezza delle differenze che ereditiamo dalla storia e dalla cultura. Lo ha testimoniato emblematicamente l’incontro con i popoli dell’Amazzonia peruviana, che ha dato anche avvio all’itinerario del Sinodo Pan-amazzonico convocato per l’ottobre 2019, come pure lo hanno testimoniato i momenti vissuti con la popolazione di Puerto Maldonado e con i bambini della Casa di accoglienza ‘Il Piccolo Principe’. Insieme abbiamo detto ‘no’  alla colonizzazione economica e ideologica”.

“Parlando alle Autorità politiche e civili del Perù, ho apprezzato il patrimonio ambientale, culturale e spirituale di quel Paese, e ho messo a fuoco le due realtà che più gravemente lo minacciano: il degrado ecologico-sociale e la corruzione”. Corruzione, ha aggiunto a braccio, che “c’è anche qua”, “è più pericolosa dell’influenza” e alla quale dire no.

“La prima Messa pubblica in Perù l’ho celebrata sulla riva dell’oceano, presso la città di Trujillo, dove la tempesta detta ‘Niño costiero’ l’anno scorso ha duramente colpito la popolazione. Perciò l’ho incoraggiata a reagire a questa ma anche ad altre tempeste quali la malavita, la mancanza di educazione, di lavoro e di alloggio sicuro. A Trujillo ho incontrato anche i sacerdoti e i consacrati del nord del Perù, condividendo con loro la gioia della chiamata e della missione, e la responsabilità della comunione nella Chiesa”.

 

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