12/05/2014, 00.00
ISRAELE-VATICANO
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Patriarca di Gerusalemme: La visita del Papa "avvelenata" dalle espressioni di odio

di Joshua Lapide
Fouad Twal lamenta un certo lassismo da parte del governo, incapace di frenare le scritte anticristiane. I vescovi temono un crescendo di odio con l'imminente visita del pontefice. Manifestazioni di ebrei, cristiani e musulmani: "Il razzismo urla, mentre il governo tace".

Gerusalemme (AsiaNews) - "Gli atti di vandalismo sfrenato stanno avvelenando l'atmosfera, un'atmosfera di coesistenza, cooperazione, specie ora, due settimane prima della visita di papa Francesco": è quanto ha detto ieri il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, riferendosi ai continui attacchi vandalici di estremisti israeliani su chiese, moschee e edifici posseduti da arabi.

Parlando ai giornalisti ad Haifa, egli ha sottolineato pure che questi atti "sono una macchia nella democrazia che Israele rivendica per sé".

Solo tre giorni fa alcuni estremisti hanno dipinto scritte anticristiane su una chiesa di Gerusalemme; giorni prima, il 5 maggio, al Centro Notre Dame di Gerusalemme è apparsa un'altra scritta in ebraico che dice "Morte agli arabi e cristiani e a tutti coloro che odiano Israele".

E' da diversi anni che le comunità cristiane, le chiese, i conventi, insieme a associazioni musulmane sopportano questi crimini di odio, definiti "Tag meir (in inglese: price tag, cartellino del prezzo)" e sebbene i capi delle Chiese abbiano espresso molte volte le loro rimostranze, il fenomeno non si è fermato.

Il patriarca Twal ha fatto notare un certo lassismo da parte del governo per perseguire i colpevoli: "Come è possibile - ha detto - che essi non prendano i colpevoli?... Dato che i vandali rimangono largamente in libertà, ci si deve domandare quali siano le priorità del governo nell'affrontare il problema alla radice".

In connessione con questi attacchi, il prelato si è anche interrogato sulle mosse del governo che vuole varare una legge che fa di Israele "la nazione-Stato del popolo ebreo". "Si può dire - ha spiegato - che questi fatti tristi non sono ristretti al campo della legge e dell'ordine. Una domanda urgente che sorge è come educhiamo i nostri figli, cosa imparano su coloro che sono differenti da loro in termini di religione, etnia e identità nazionale? Che effetti si creano quando nei discorsi ufficiali si parla di Israele come lo Stato per un solo gruppo?".

Giorni fa in un comunicato, il patriarcato latino di Gerusalemme ha fatto notare che, nell'imminenza della visita di papa Francesco in Terra Santa (24-26 maggio), "i vescovi sono molto preoccupati per la mancanza di sicurezza e di responsabilità da parte del settore politico, e temono vi possa essere un crescendo di violenze".

In seguito a ciò, il 7 maggio scorso, i ministri israeliani hanno tenuto un incontro di emergenza, promettendo di rafforzare le misure contro i responsabili del "Tag meir".

La richiesta di una maggior efficacia nel frenare i crimini di odio viene anche dalla società civile:

il 10 maggio sera almeno 400 arabi e israeliani, religiosi e laici hanno manifestato davanti alla casa del primo ministro israeliano, chiedendo un intervento più deciso contro l'ondata di odio.

Molti di loro avevano cartelli con scritte del tipo: "Tag meir è un'organizzazione terrorista"; "Il razzismo urla, mentre il governo tace"; "Tag meir non è il mio ebraismo".

 

 

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