21/08/2018, 13.05
MYANMAR
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Persecuzione, guerra e povertà: la difficile vita dei cattolici in Myanmar

di Agung

La comunità trova forza e ispirazione negli insegnamenti della Chiesa e la recente visita di papa Francesco nel Paese ha dato nuovo slancio all’impegno evangelico. La persecuzione religiosa segue i Kachin anche a Yangon. Il conflitto armato “spazza via le speranze ed i sogni anche dei giovani del Nord dello Stato Shan”.

Yangon (AsiaNews) – Persecuzione religiosa, conflitti etnici e difficoltà economiche: sono alcune delle sfide che i cattolici del Myanmar affrontano ogni giorno. In un Paese dove l’89,2% della popolazione professa il buddismo, la presenza cristiana è sempre stata una minoranza: dopo immani sforzi e testimonianze fino al martirio da parte dei missionari, ancora oggi i cattolici sono 675.745, poco più dell’1% dei birmani. Ciò nonostante, la comunità trova forza e ispirazione negli insegnamenti della Chiesa e la recente visita di papa Francesco nel Paese ha dato nuovo slancio all'impegno evangelico.

Ne dà testimonianza la sig.ra Margaret Hla Yin che, nonostante la povertà di cui soffre la sua famiglia, è coinvolta nelle opere di carità della Legione di Maria a Yangon. “Qui vivo con mia figlia – racconta l’anziana ad AsiaNews – In passato, bastava un solo stipendio per sopravvivere. Ora però non ne bastano tre o quattro. Mia figlia lavora all’accoglienza degli ospiti in un hotel ed ogni giorno aspetto il suo ritorno a casa: la solitudine è una costante nella vita degli anziani come me. Tuttavia, nei fine settimana accompagno i volontari nei quartieri più degradati della città. In questo modo, imparo ad affrontarla”.

La sig.ra Margaret appartiene alla minoranza etnica Kachin, originaria dell’omonimo Stato settentrionale dov’è in corso una sanguinosa guerra tra le truppe governative ed i ribelli cristiani del Kachin Independence Army (Kia). Nonostante la lontananza dal conflitto, anche a Yangon si verificano episodi di persecuzione religiosa. “Anche qui, la comunità cattolica Kachin inizia a subire restrizioni alla libertà di culto. In passato, quando celebravamo una messa il governo non ci limitava molto. Ma quest'anno, le autorità locali ci impongono di chiedere il permesso ogni mese. Inoltre, alcuni gruppi di buddisti usano persino gli altoparlanti giorno e notte per disturbare i nostri incontri”.

Anche Myu San, artista 26enne di Bhamo, ha lasciato lo Stato Kachin e la sua famiglia per cercare fortuna a Yangon. “Mi guadagno da vivere con le icone cattoliche che produco – racconta il ragazzo – In Myanmar le opportunità di lavoro sono limitate e per i ragazzi è difficile anche solo trovare uno stipendio decente. L’economia del Paese è in crisi per via della guerra dei dazi e molte imprese stanno chiudendo. Nonostante questa situazione, è nelle mie opere che trovo ispirazione e motivo per andare avanti”.

Il conflitto armato “spazza via le speranze ed i sogni anche dei giovani del Nord dello Shan”. È quanto afferma Hkawn Mai, trentenne originaria di Muse, città al confine tra Myanmar e Cina. “La guerra civile rende tra ribelli locali ed esercito rende sempre più difficile la vita quotidiana – dichiara – La mia parrocchia ospita centinaia di rifugiati al suo interno. Da più di cinque anni Caritas Myanmar e la comunità cristiana offrono sostegno ed i loro terreni agli sfollati. La pace è cruciale per lo sviluppo del Paese e, anche se sembra così lontana, continuiamo a riporvi la nostra speranza e le nostre preghiere”.

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