24/08/2022, 10.01
SRI LANKA
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Pescatori srilankesi in piazza contro il caro-carburante: famiglie alla fame

di Melani Manel Perera

I lavoratori accusano il governo di ignorare la situazione di grave crisi. Il prezzo del cherosene è schizzato da 25 centesimi a quasi un euro al litro. I mancati introiti si riflettono nell’impossibilità di sfamare le famiglie. Pesca e settori a essa collegati impiegano oltre il 10% dei 22 milioni di abitanti.

Colombo (AsiaNews) - “Come possiamo mettere le nostre barche in mare, senza il cherosene? E come riusciremo a sfamare i nostri figli, se non gettiamo le reti? Allora ci pensi il governo a dar da mangiare alle nostre famiglie”. É un grido di allarme disperato, e simile a quello di molti altri colleghi, quello lanciato ad AsiaNews dal pescatore cattolico Loyal Fernando, portavoce della protesta nell’area di Thoduwawa a Chilaw, una delle principali città del distretto di Puttalam, nella Provincia Nord-Occidentale. Egli punta il dito contro il governo e le massime istituzioni dello Sri Lanka, che sembra ignorare di proposito le preoccupazioni dei pescatori, soprattutto quelli più piccoli ma che sono al contempo la maggioranza del settore, da sempre una delle principali “risorse” per l’economia del Paese e di tutta l’area. 

Le ultime statistiche governative mostrano che la pesca e i settori a essa collegati impiegano oltre il 10% dei 22 milioni di abitanti di tutta l’isola. Ecco perché la crisi rischia di avere pesanti ripercussioni su una nazione già segnata da una gravissima crisi che non è solo economica, ma che ha riflessi pure nelle istituzioni e nella società civile. Aruna Roshantha, di Negombo, aggiunge che sinora l’esecutivo “non ha alcun programma per i pescatori. Il Parlamento non dice una sola parola su di noi. Parlano solo - accusa - di programmi per proteggere il loro posto. Il petrolio viene inviato in posti diversi ogni volta che il ministero ne ha voglia. Ciò rovoca conflitti tra pescatori”. 

Parlando anche a nome di molte altre famiglie, Aruna sottolinea che dopo tre mesi riprende la lotta di piazza per diritti e tutele dei lavoratori del settore, oggi “senza cibo”. “Non vi è modo per vivere. Non possiamo permetterci di stare a casa, quando i nostri bambini piangono per la fame. Serve - avverte - del carburante a prezzo calmierato. Altrimenti, dateci da mangiare. Chiediamo solo questo”. “Chiediamo - conclude - il pagamento di almeno 40mila rupie (circa 110 euro) a famiglia per gli ultimi tre mesi, a risarcimento del lavoro perduto. E vogliamo anche il cherosene a prezzi ragionevoli, non ai prezzi speculativi” dei giorni scorsi. 

In passato il carburante per le imbarcazioni costava 87 rupie al litro (attorno ai 25 centesimi di euro), ma nell’ultimo periodo i prezzi sono schizzati fino a toccare quota 340 rupie al litro (quasi un euro). I pescatori lamentano dunque costi insostenibili e chiedono con un tetto agli aumenti e un ritorno a prezzi “ragionevoli” o, in caso contrario, “sia il governo a sfamare le nostre famiglie”. Una rivendicazione condivisa e rilanciata da Herman Kumara, coordinatore nazionale del National Fisheries Solidarity Movement (Nafso), che ad AsiaNews esprime lo stato di profonda crisi in cui versano i piccoli pescatori (Small Scale Fishers, Ssf). Essi, avverte, non ricevono un quantitativo adeguato di carburante e oltre il 75% di essi ha abbandonato il settore. “Tuttavia - accusa - è palese che questo governo non ascolta i più poveri ed emarginati, che contribuiscono a nutrire il Paese”. 

Proteste e manifestazioni in atto dal 17 agosto hanno toccato diversi villaggi dello Sri Lanka, da Karukupanei a Muthupanthia, e ancora nei distretti a nord come Mullaitivu, Jaffna e Mannar o a sud, da Galle a Matara. “Possiamo considerare tutto questo - chiude con una battuta dal sapore amaro Herman Kumara - come un dono ai pescatori da parte del governo nell’Anno internazionale Onu della piccola pesca e dell’acquacoltura”.

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