Piccole città più delle metropoli: l’inversione dei consumi in Cina
Nell’era dei dazi per Pechino è vitale stimolare la domanda interna. Ma i consumi crescono lentamente e a trainarli non sono più le megalopoli, ma le piccole città, dove aumentano i salari e la fiducia nell’economia. E sono cambiamenti che potrebbero portare anche a mutamenti sociali.
Milano (AsiaNews/Agenzie) – In Cina consumi stanno crescendo ancora timidamente. Ma c’è una tendenza interessante che sta cominciando a manifestarsi: a trainarli non sono più le immense megalopoli, ma le piccole città.
Il rilancio dei consumi oggi è una priorità per Pechino: i dazi e la guerra commerciale non lasciano alternativa alla “fabbrica del mondo” che si vede costretta a dover ridurre la dipendenza dalle esportazioni. Le autorità stanno cercando di stimolare la domanda interna, aumentando il potere d’acquisto e riducendo gli oneri finanziari. Tra le altre misure, è stato deciso di aumentare il deficit di bilancio dal 3 al 4% del Pil per il 2025, con una svolta rispetto alla tradizionale prudenza fiscale che ha sorpreso gli osservatori. Basti ricordare che la Repubblica popolare aveva ancorato il deficit al 3% anche durante la pandemia.
Nel 2024 i consumi sono aumentati, ma non abbastanza. Le statistiche ufficiali riportano un aumento medio del 5%. Ma si tratta di una sfida complessa, perché le politiche economiche da sole non sono sufficienti se non vanno a incidere sulla fiducia e le abitudini dei consumatori. Per questo, più del dato in sé - che potrebbe rivelarsi fugace - è necessario capire come stanno cambiando questi comportamenti. E a colpire gli analisti è - appunto - la distribuzione geografica dei consumi che sta emergendo.
Le città, in Cina, sono classificate su più livelli in base alla popolazione e alle dimensioni economiche. Le megalopoli sono al primo livello, i capoluoghi di provincia al secondo, tutte le città più piccole si trovano nei livelli inferiori. Storicamente sono sempre state le città di primo livello, come Shanghai e Pechino, a guidare l’aumento dei consumi; nel 2024, invece, hanno ceduto il ruolo di leader a città di terzo e quarto livello. Shanghai ha rallentato registrando solo un +0,4%. Al contrario Binzhou - una città di quarto livello della provincia dello Shandong, che nel suo distretto conta “appena” 4 milioni di abitanti (relativamente pochi per il contesto cinese) - ha toccato il +7.8%, secondo i dati riportati da un’indagine di The Paper.
A conferma della nuova geografia dei consumi, sui social sta spopolando la figura delle “nobildonne di provincia”, una potente classe di consumatrici che vive lontano dalle megalopoli. Si tratta di donne benestanti che stanno rimodellando il mercato del lusso e seguono uno stile di vita più moderno e consapevole. Queste figure spiegano l’apertura di negozi di diversi marchi di lusso nelle piccole città, una scelta che anni fa riguardava solo catene come Mc Donald. La spesa nel lusso nel 2024 delle città di secondo e terzo livello è aumentata rispettivamente del 22% e del 9%.
Secondo i dati ufficiali, riportati da Sixth Tone, nelle città piccole le famiglie spendono di più. A Shanghai le famiglie spendono il 60% del loro reddito disponibile mentre a Yongzhou, una città di quarto livello della provincia dell’Hunan, spendono mediamente l’80%.
Secondo gli esperti la propensione alla spesa dipende dalla fiducia che i consumatori hanno nel mercato. In un sondaggio condotto da McKinsey, i giovani intervistati nelle piccole città hanno espresso maggiore fiducia nell’economia cinese rispetto ai coetanei delle grandi città. Non è da escludere che questa percezione possa essere influenzata dalla diminuzione del valore delle case, dimostrando la complessità di varare una politica economica efficiente in un Paese così vasto ed economicamente non omogeneo. Il crollo di colossi immobiliari come Evergrande, ha impoverito maggiormente la fascia alta della popolazione che di solito possiede più immobili e vive nelle metropoli. Al contrario, le fasce più basse hanno visto ampliarsi le loro capacità di spesa.
La fiducia dei consumatori dipende anche dall’aumento dei redditi. Nelle piccole città i salari si sono alzati, complice lo sviluppo tecnologico e l’aumento della loro popolazione. Nell'ultimo decennio, le piccole città hanno abbandonato il sistema maoista di “registrazione delle famiglie” per attirare nuovi residenti. Questo sistema - pensato per limitare l’esodo dalle campagne – assegnava a ogni cittadino uno status legale di residenza “urbana” o “rurale” e lo legava a un luogo preciso limitando il beneficio di alcuni servizi essenziali. Togliendo queste limitazioni, il flusso di persone proveniente dalle grandi città ha portato nei piccoli centri nuove abitudini di consumo, innescando un circolo virtuoso. L’innovazione tecnologica ha facilitato questi spostamenti, permettendo alle città più piccole di poter competere con quelle più grandi. Un caso emblematico è la città di Heze, nella provincia orientale dello Shandong, dove la crescita dell'e-commerce in streaming e lo sviluppo dei trasporti, hanno stimolato la locale industria dei fiori. De-localizzare la produzione nelle piccole città, dove la manodopera è più economica, ha generato ricchezza creando nuovi posti di lavoro.
La crescita del Pil cinese del 5,4% nel primo trimestre del 2025 è stata accolta positivamente. Nonostante il dato faccia riferimento al periodo pre-dazi, i media statali cavalcano l’onda per stimolare la fiducia nel mercato. Sui social si ironizza sugli iconici cappelli “Maga” molto probabilmente realizzati in Cina. Ed è tornata in voga la celebre frase di Mao secondo cui l’America sarebbe solo una tigre di carta, per minimizzare la minaccia esterna e rafforzare la coesione interna.
Dall’altra parte, però, il bassissimo livello di consumi che da sempre caratterizza la Cina non è il prodotto del caso. Come ha scritto su X Michael Pettis, ricercatore senior del Carnegie Endowment for International Peace: “È stato un fattore fondamentale per il modello di crescita economica del Paese, attorno al quale si sono evolute tre-quattro decenni di istituzioni politiche, finanziarie, legali e commerciali in Cina. Cambiarlo non sarà facile”. Anche oggi più le famiglie spendono, meno rimane nel bacino di risparmi su cui le banche statali cinesi fanno affidamento per finanziare settori chiave - come l'intelligenza artificiale e le tecnologie innovative - che darebbero a Pechino un vantaggio strategico su Washington. Un’economia guidata dai consumi porterebbe a cambiamenti radicali anche all’interno del sistema sociale che Xi Jinping vuole ossessivamente controllare.
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